DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Arianna Ravelli per www.corriere.it
In ordine puramente alfabetico Lamont Marcell Jacobs — il re dell’Olimpiade di Tokyo, qualsiasi cosa possa accadere, l’oro nei 100 metri in 9’’80 — arriva tra Antonio Baldassarre Infantino, nato a Welwyn Garden City, da mamma avellinese e papà agrigentino (già campione britannico indoor dei 200 metri, italiano dal 2016), e Sarah Jodoin Di Maria, specialità tuffi dalla piattaforma 10 metri, nata a Montréal da madre canadese e padre calabrese.
frank chamizo foto mezzelani gmt 013
Secondo il sito del Coni sono 46 gli italiani impegnati ai Giochi di Tokyo e nati all’estero: hanno alle spalle storie diversissime naturalmente: c’è quella di Frank Chamizo, a cui affidiamo un’altra speranza di medaglia nella lotta libera il 6 agosto, per chiudere queste Olimpiadi con un colpo di coda.
Nato a Cuba, come Jacobs un padre che se ne è andato quando era molto piccolo, e che all'insaputa del figlio, negli Usa dove stava cercando una nuova vita, si era messo a praticare il suo stesso sport, la lotta libera, Chamizo è diventato italiano per matrimonio.
Yemaneberhan (in amarico «il braccio destro di Dio») Crippa invece per l’amore dei suoi genitori Roberto e Luisa che lo hanno adottato nel 2003 in un orfanotrofio di Addis Abeba: bronzo sui 10000 agli Europei di Berlino, ai Mondiali di Doha ha battuto dopo trent’anni il record di Antibo con 27’10’’76.
Qualcuno lo ha fatto per scelta: il nuotatore Santo Condorelli è nato proprio qui in Giappone, è cresciuto negli Stati Uniti da madre canadese e padre italiano e poi ha deciso di trasferirsi in Italia, a Roma, e gareggiare in azzurro.
A tutti loro vanno aggiunti i ragazzi e le ragazze nate in Italia da genitori stranieri, ed è alle loro situazioni che si riferiva in particolare il presidente del Coni Giovanni Malagò, quando parlava di «ius soli sportivo».
Adesso gli immigrati «under 18» residenti in Italia ma non cittadini italiani, non possono essere convocati per le selezioni nazionali. In altre parole, non possono vestire la maglia azzurra finché non diventano maggiorenni.
Una storia per tutte: Daisy Osakue, la nostra lanciatrice del disco arrivata in finale con il primato italiano (63.66) ha abbattuto un record che durava da 25 anni. Ovvero da quando lei nasceva a Torino, da genitori nigeriani entrambi sportivi (papà judoka, mamma giocatrice di pallamano): ha studiato al liceo linguistico, nel 2018 tutta Italia si è occupata di lei perché un’aggressione a sfondo razzista — il lancio di uova mentre era per strada a Moncalieri — le procurò la lesione di una cornea.
Daisy adesso studia giustizia criminale alla Angelo State University, in Texas e lì si allena, per migliorare i record dell’Italia. Perché questi ragazzi non conoscono proprio confini.
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