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Gigi Garanzini per "La Stampa"
Se la notte non avrà portato consiglio, stamane intorno a mezzogiorno Carlo Tavecchio sarà dunque il nuovo presidente del calcio italiano. A richiudere i giochi, che nei giorni scorsi erano sembrati improvvisamente riaperti, la dichiarazione di rinnovata fedeltà da parte di Atalanta, Verona e Cesena che garantisce al candidato favorito la maggioranza della serie A.
Sarà anche un caso ma Percassi, presidente dell’Atalanta, non più tardi di tre settimane fa aveva celebrato la presentazione della squadra prendendo sobriamente posto su un cacciabombardiere, mentre gli ultras di casa intonavano il coro «Bombarderemo la serie A». Aveva senso pensare che potesse votare per Albertini, dietro cui si nasconde com’ è noto quel pericoloso pacifista-sovversivo di Tommasi? Ma dai.
Poi un giorno Percassi ci racconterà che nessuno più di lui si è battuto per la pace nel mondo, esattamente come Tavecchio non ha più smesso di ripetere, dall’indomani di Opti Poba, che se migliaia di giovani africani giocano a calcio lo devono a lui. Ma, certo, in un momento storico in cui mezzo mondo è per davvero sotto le bombe, la metafora bergamasca per annunciare la sfida al campionato è suonata di rara imbecillità.??
D’altra parte nella sua ultima uscita pubblica il Tavecchio che avanza è riuscito a sostenere, con quella sua strepitosa dialettica che ha già stregato gli italiani e presto si allargherà ad affascinare il resto del mondo, che i poteri forti sono contro di lui. Naturalmente dai microfoni del Tg1, da sempre riconosciuto come il megafono dei poteri deboli.
E avendo incassato, tra gli altri, il sostegno nientemeno che di Franco Carraro a sancire la saldatura tra prima e seconda repubblica del pallone. Senza per questo dimenticare il teorema-Montanelli secondo cui, almeno, quelli della prima sapevano stare a tavola.?C’è stato un tempo in cui il calcio italiano era migliore della società che lo conteneva. Oggi quel tempo appare lontanissimo. E un presidente del calibro di Artemio Franchi, un extraterrestre della cui effettiva presenza nell’ambito del nostro pianeta calcio cominciare a dubitare.
Quarantasette giorni dopo l’avvilente cacciata dal mondiale brasiliano che sul momento era parso, se non altro, l’inizio della catarsi, il mondo del pallone si affida ad un grigio e impresentabile burocrate come Carlo Tavecchio. Da qui, la tirata di giacchetta non tanto a Malagò quanto a Crozza. Caro Maurizio, capiamo tutti che non è facile pensionare Razzi e che a Schettino alla Sapienza non si può resistere. Ma a Opti Poba nemmeno, e per una volta gli autori camperebbero di semplici ritagli.
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