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Michele Anselmi per “il Secolo XIX”
Questa è bella. I volumi della Treccani usati come “opera concettuale”, letteralmente, alla maniera di Christo, l’artista che adora incellofanare tutto, in grande. Non che sia una novità assoluta, qualche tempo fa Benedetto Marcucci mise sott’olio 54 libroni della mitica Enciclopedia, in chiave tra l’ironico e il provocatorio, ma almeno era per una mostra al Macro di Roma, con seguito newyorkese.
Stavolta invece, apprendiamo dal “Corriere della Sera”, l’utilizzo è tutto privato, e non proprio dei più commendevoli. State a sentire. Il temuto e famoso manager “filosofo” Franco Tatò, già ex amministratore delegato della Treccani, già noto come “Kaiser Franz” ai tempi di Mondadori, Fininvest ed Enel, s’è divertito a usare ben 100 volumi dell’Enciclopedia, tra dizionari e altre pubblicazioni, per arredare il salotto al pianterreno del suo “buen retiro” pugliese, una masseria acquistata nel 1997 dall’antiquario Dino Franzin.
Uno pensa a una libreria, con tutto quel Sapere ben ordinato sulle mensole. Macché. “Un tavolino d’arte povera”, informa Maria Luisa Agnese. Che poi tanto povera non è, visto che ciascuno di quei libroni lussuosamente rilegati costa, all’acquirente comune, ben 250 euro, alcuni anche di più, per un totale almeno di 25 mila euro. «Accortamente composti in fila per sette a formare un piano d’appoggio per il tè o il caffè freddo addolcito al latte di mandorla», i cento volumi della Treccani sono stati ricoperti di Domopak trasparente, per farne un atipico tavolo da interni, un blocco unico insomma.
«Sono libri che Franco teneva in ufficio, quando ha lasciato la Treccani ne eravamo sommersi, non sapevamo dove metterli, allora ho iniziato a impilarli, poi mia figlia Carolina mi ha detto: perché non li impacchettate come fa quel vostro amico, Christo?» ha rivelato candidamente Sonia Raule, moglie di Tatò, forse pensando di aver avuto un’idea geniale.
Naturalmente, a patto di non bruciarli, ognuno fa ciò che vuole dei libri. Se li leggesse o sfogliasse magari sarebbe meglio. Ma non sindachiamo. Però l’82enne Tatò è stato per oltre dieci anni il dominus incontrastato della Treccani. D’accordo, ha digerito male la scelta in extremis del governo Letta di non rinnovarlo nel ruolo di amministratore delegato, dopo una stagione di incontrastato potere centrato sulla gestione commerciale, e non l’ha nascosto l’uomo, rilasciando sarcastiche dichiarazioni pubbliche a La 7 contro il prossimo direttore generale ed ex ministro Massimo Bray.
Raccontano, alla Treccani, che il furente Tatò abbia spedito un suo collaboratore domestico filippino a ritirare tutti quei volumi, ora usati per il tavolo pugliese, ritenendo che gli appartenessero di diritto, forse perché arredavano la sua stanza al primo piano di piazza dell’Enciclopedia. All’epoca però erano ordinati in libreria, non trasformati in “opera concettuale” (?).
Sorvoliamo pure sulla questione di gusto, di stile, anche se siamo a un passo dalla cafonata. Ci si chiede però, senza nulla togliere a Christo: non sarebbe stato più sano, più logico, più responsabile, anche più civile e rispettoso dell’istituzione, donare quei densi volumi di cultura varia a una scuola media, un liceo, un’università, pure alla biblioteca di un Comune o di una prigione?
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