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Ferragosto di nomine al ministero delle Infrastrutture, dove il ministro Maurizio Lupi, in barba ai tanto sbandierati sforzi di razionalizzazione della Pubblica amministrazione così cari al premier Renzi e alla ministra Madia, e in spregio a tutti i dichiarati obiettivi di contenimento e razionalizzazione della spesa, ha deciso di rinnovare oltre la metà dell’intero vertice ministeriale (20 su 39).
Per preparare questa super-infornata di nomine, il ministro ciellino ha molto ascoltato il suo capo di gabinetto Giacomo Aiello, già nella squadra si Guido Bertolaso al Dipartimento della Preotezione civile, che si è fatto garante di un sistema di potere interno mai scalfito dai continui cambi di governo e abituato ad andare d’amore e d’accordo con concessionari e ditte appaltatrici. Cosa è stato deciso e chi saranno i fortunati interpreti del “rinnovamento nella continuità”?
Con la nascita della “Direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie” si concretizza l’ulteriore affermazione del potere dell’ingegner Amedeo Fumero come capo del Dipartimento dei trasporti che, dopo essersi preso la direzione del personale, ora assorbe anche le competenze della vecchia Direzione infrastrutture ferroviarie.
La parte ferroviaria verrà affidata da Fumero ad Antonio Parente, in sostituzione di quel Vincenzo Cinelli che aveva un po’ troppo sfruculiato l’autonomia di Rfi. Cinelli però cade bene, anzi benissimo, perchò va a fare il direttore per le Dighe e infrastrutture idriche ed elettriche.
L’ingegner Massimo Sessa, dopo una serie di interim come presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici (un tempo regno del mitico Angelo Balducci, ex provveditore del Lazio) torna a dirigere una sezione del consiglio e questa è una mezza bocciatura, ma è lo stesso Consiglio a essere ormai ridotto a poca cosa per volontà del gabinetto del ministro.
Tra le altre nomine, spicca quella di Francesco Musci, attuale provveditore alle opere pubbliche per la Puglia, a nuovo supervisore interregionale per Campania, Puglia, Molise e Basilicata. Musci è uno dei re Mida dei collaudi Mose con oltre 400.000 euro di “consulenze”. Dovrà invece lasciare il campo, in questa mega struttura da 700 addetti, l’ingegner Carlea, che da provveditore di Napoli e Roma aveva segnalato una serie di irregolarità riconducibili alla gestione di Balducci, travolto dallo scandalo G8-Grandi opere.
Il Provveditorato per Toscana-Marche e Umbria va invece a Lucia Conte, formatasi alla fucina del Provveditorato del Lazio. Anche per lei numerosi e importanti incarichi al Mose per oltre 150.000 euro
Per Lombardia-Emilia Romagna, lotta fino all’ultimo tra Pietro Baratono e Francesco Errichiello (290.000 euro dal Mose), entrambi con sponsor di primo livello e capifila di due diverse cordate.
Al Provveditorato per Piemonte e Liguria è previsto l’arrivo di Maria Pia Pallavicini, dopo una lunga carriera passata a interpretare con ineguagliata prudenza norme e obblighi che dovevano essere applicati ai concessionari stradali e alle imprese di costruzione. Anche lei ha un bello “score” sul Mose: collaudi per 550.000 euro.
Con il riassetto del ministero, la ex direzione generale della Pallavicini, quella per la vigilanza e la sicurezza delle infrastrutture, viene accorpata con quella per le Infrastrutture stradali, affidata a Ornella Segnalini, nuovo astro nascente del ministero e protetta dell’ex presidente del Consiglio superiore Lavori pubblici, Francesco Karrer.
Il traguardo del Ferragosto non sarà invece sufficiente per la nomina del direttore generale per la vigilanza sulle concessionarie stradali, area storicamente dominata dell’architetto Mauro Coletta, ex dirigente Anas che riscuote il pieno consenso di tutti i concessionari stradali e, anche lui, gran collaudatore del Mose (250.000 euro). Qui il ministro Lupi non ha ancora deciso chi piazzare.
Sul sito del ministero c’è l’elenco delle opere incompiute. La battuta che circola alle Infrastrutture è che con queste nomine tutte di consumati “mandarini”, l’elenco è destinato ad allungarsi.
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