
FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO…
Gigi Garanzini per “la Stampa”
Stasera contro la Roma, al Barcellona basta un punto e avanza pure se il Leverkusen non vince. Ma, almeno sulla carta, pensare a un Barça a schiuma frenata nel tripudio di graditudine del Camp Nou per l' impresa madrilena risulta ipotesi remota.
E sì che la stagione era partita in chiaroscuro, vincendo la supercoppa ma prendendo anche qualche imbarcata di troppo. Poi, quando tutto lasciava credere che i postumi da triplete l' avrebbero condannato alla classica stagione di transizione, cominciando da una lunga serie di infortuni e dovendo fare a meno per due mesi di Leo Messi, ha ricominciato pian piano a fare il Barça. Sino al capolavoro di sabato.
La cui immagine simbolo, al di là delle tante prodezze individuali e della lezione di squadra impartita al Real, è Piquè che si fionda a ripetizione in avanti sul 4-0 per firmare lui, icona dell' anti-madridismo, il gol della manita.
Neymar trasformato
Un trionfo di proporzioni tali da aver già introdotto l' ampio dibattito: ma siamo sicuri che questo Barcellona di Luis Enrique sia inferiore a quello di Guardiola? La risposta è no se si parla di organizzazione e di controllo della partita, perché la direzione d' orchestra del professor Xavi prevedeva gli altri nove a non più di venti metri da lui a suonare il tiki-taka.
Sì, invece, se si parla di imprevedibilità e soprattutto di facilità a trovare la porta, perché a parità di Messi, Iniesta, Busquets, e della coppia esterna Dani Alves-Jordi Alba, Suarez è certamente più forte di Villa. E soprattutto non c' era Neymar, che è sulla via di passaggio tra lo status di campione e quello di fuoriclasse.
Sergi Roberto, la novità
Poi il calcio è strano. E magari la squadra che ha stretto i denti per rimediare all' assenza del suo profeta, adesso che ha dimostrato di saperne fare anche a meno potrebbe inconsciamente mollare.
O patire una crisi di rigetto tattico, visto che il fenomeno la palla la vuole sempre, e possibilmente sul piede: ma è altamente improbabile, visto non solo che si sta parlando di Leo Messi, e basta e avanza la parola, ma anche dell' ottimo rapporto umano tra lui e i compagni, a cominciare proprio da Neymar. Tutto lascia pensare, insomma, che il Barça sia lanciato verso un' altra Liga ma, soprattutto, verso l' impresa non ancora riuscita ad alcuno dacchè la Coppa dei Campioni si chiama Champions: vincerla cioè per due stagioni consecutive.
Anche perché è arrivato sin qui con una rosa ridotta all' osso sia dalla lunga serie di infortuni, che dalla sanzione Fifa che gli ha vietato di acquistare. Ma da gennaio avrà sulla corsia destra Aleix Vidal in alternativa ad Alves, e soprattutto Arda Turan da ruotare nei ruoli del centrocampo avanzato.
Nel frattempo ha lanciato Sergi Roberto, che da rincalzo timido è maturato a signor giocatore in grado tra l' altro di ricoprire più ruoli. In Liga, oltretutto, le trasferte più dure le ha già quasi tutte affrontate, più o meno come da noi la Juve. Alla Coppa comincerà seriamente a pensare da febbraio. Dopo aver provato, tra un paio di settimane, a far filotto con il Mondiale per Club.
FINALE DI CHAMPIONS - BARCELLONA JUVENTUS - NEYMAR
MESSI SUAREZ NEYMAR
DZEKO PJANIC
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