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Giampiero De Chiara per “Libero Quotidiano”
Una palla avvelenata rimbalza su tutta l' Europa calcistica e getta un' ombra sul quinquennio 2008-2013 della Champions League.
È uno studio dell' Uefa (che doveva rimanere riservato) a far suonare l' allarme. L' organismo che comanda il calcio europeo ha scoperto che in quei cinque anni (quando la coppa dalle grandi orecchie fu vinta dal Barcellona due volte e una da Inter, Chelsea e Bayern Monaco) ci sono stati calciatori che hanno utilizzato sostanze dopanti. Uno studio che parla solo di numeri, senza fare nomi, anche se di rumore ne farà presumibilmente parecchio.
Nei campioni di urina del 7,7% dei calciatori testati (su 4.195 controlli) in 879 sono stati infatti trovati valori di testosterone oltre il consentito. In quei cinque anni messi sotto la lente d' ingrandimento si scopre anche l' uso di steroidi anabolizzanti in 68 analisi. Ma dopo aver lanciato il sasso, l' Uefa ha nascosto la mano.
Con un comunicato, che seguiva la clamorosa notizia, ha cercato di gettare acqua sul fuoco: «I 12 laboratori che hanno analizzato le urine non hanno usato procedure comuni, rendendo i risultati non certi. Inoltre non è stato possibile fare una controanalisi come richiesto dalla Wada in casi di doping: per questo lo studio non presenta alcuna evidenza scientifica sulla potenziale diffusione di sostanze dopanti nel calcio».
Un atteggiamento inspiegabile anche alla luce del fatto che lo stesso organismo calcistico poi promette maggiore severità: «L' introduzione del passaporto biologico nel calcio sarebbe vantaggioso e da questa stagione l' Uefa ha comunque implementato la ricerca di steroidi negli oltre 2.000 test che facciamo ai calciatori ogni anno». Un modo un po' goffo per cercare di mettere una pezza su un altro potenziale scandalo intorno al calcio.
E lo studio probabilmente doveva restare segreto nelle stanze di Nyon, in Svizzera, dove ha sede l' organizzazione presieduta da Michel Platini. Solo una misteriosa «manina» ha fatto in modo che il fatto fosse reso pubblico, passando le carte al quotidiano inglese Sunday Times, che le ha subito pubblicate, sollevando anche il silenzio che la stessa Uefa aveva deciso di adottare.
Perché se è vero che sono stati gli uomini di Platini a scoprire il bubbone è anche vero che, a differenza di altri sport (per esempio in altri casi di doping scoperti in campionati del mondo o Olimpiadi) in questo studio non si fanno nomi dei calciatori coinvolti, mentre in altre situazioni non si sono certo mai aspettate le contronalisi per squalificare il ciclista di turno, il nuotatore scorretto o il maratoneta che cercava la prestazione della «vita». Così un' altra volta il calcio torna nell' occhio del ciclone.
La ricerca, per ora, non mette in dubbio nessuna vittoria o trionfo europeo. Ma a preoccupare, oltre ai numeri dei calciatori coinvolti, è il fatto che se non ci fosse stato il Sunday Times a pubblicare la notizia, nessuno avrebbe saputo nulla.
Difficile immaginare che l' Uefa avesse deciso di renderla pubblica. La reazione avuta (minimizzare e annunciare nuovi sistemi antidoping) fa capire che a Nyon probabilmente nessuno aveva intenzione di approfondire e scoprire i colpevoli. Ora però non ci sono più alibi e quella «manina» può far scoprire chi veramente avvelena il pallone europeo.
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