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Claudio Savelli per Libero Quotidiano
Come un piccolo sciame sismico, le critiche stanno muovendo il terreno sotto la Roma, al punto che il ds Monchi pare indispettito e disposto addirittura a farsi da parte qualora fosse identificato come causa di un eventuale fallimento.
È presto e l' impalcatura giallorossa è ancora stabile, ma è indubbio che qualche bullone debba essere già saldato. Perché le scosse generate dalla pessima prestazione contro l' Atalanta (rimediata con il 3-3) e dalla sconfitta (2-1) con il Milan si sommano a quelle provenienti da un epicentro lontano, ovvero la delusione circa il mercato estivo.
Stavolta, però, il malcontento non è un capriccio vuoto, ma si posa su basi solide e coerenti: l' impressione infatti è che la Roma abbia operato al contrario di ciò che era lecito aspettarsi dopo l' ultima buona annata culminata con la semifinale Champions, come se non l' avesse considerata un punto di partenza ma di arrivo nonostante non sia coinciso con un trofeo, per cui l' obbligo era ricominciare quasi da capo.
Lo suggerisce il mercato: sono stati venduti 3 dei migliori 4, ovvero Nainggolan, Alisson e Strootman, di fatto la spina dorsale nonché cuore pulsante dello spogliatoio.
L' unica eccezione è stato Dzeko, che però stava per essere ceduto al Chelsea lo scorso gennaio. Sono arrivati giovani di valore come Cristante e Kluivert, che potranno raggiungere il livello di chi è partito, ma è indubbio che nel breve la Roma abbia diminuito il suo spessore.
Quella giallorossa è una strategia che ha curato le casse, ma di contro non esisteva momento migliore per compiere l' ultimo passo: perché il club era uscito dall' accordo sui conti con l' Uefa, ha guadagnato quasi cento milioni dalla Champions e ha potuto accogliere ben due sponsor (Qatar Airways e Hyundai). Dunque se lo scorso anno la cessione di Salah è stata forse affrettata ma necessaria, le altre potevano essere, almeno in parte, evitate.
Evidentemente il modus operandi del club prescinde dal contesto. È una scelta di Pallotta, messa in atto dal migliore interprete del trading dinamico dei giocatori, Monchi, che non cambia di fronte all' evidente fatto che non è (ancora) una strategia vincente. Lo confermano i numeri: secondo la classifica degli incassi dalle cessioni dal 2010 a oggi redatta dal Cies, la Roma è terza (680 milioni guadagnati, dopo i 950 del Monaco e i 683 del Liverpool) e ciò non stupisce ma conferma l' inclinazione al trading compulsivo, semmai è curioso notare che sia nella top 10 europea per soldi investiti (nona con 809 milioni spesi) ma è l' unica delle prime dieci a non aver vinto alcunché. Insomma, i dati confermano l' impressione per cui la Roma è una grande società ma perennemente in costruzione, che lavora per un domani che non arriva mai. E, senza un trofeo a metter tutti d' accordo, alle orecchie dei tifosi non suona bene.
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