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Patrizio Mannu per corriere.it - Estratti
pompei affreschi hard insula dei Casti Amanti
Così bella e particolare — a tratti anche hard — quella casetta scoperta a Pompei, da “costringere” Alberto Angela a tornare sull’insula dei Casti Amanti e trarne un nuovo servizio televisivo (Angela sarà oggi uno dei protagonisti della giornata inaugurale di CasaCorriere Festival a Palazzo Reale, ore 12). E sì, perché la campagna di scavo nella città antica alle falde del Vesuvio regala sempre nuovi tesori: come quell’affresco erotico con un satiro e una ninfa.
L’architettura anglosassone oggi le chiamerebbe tiny house (piccole case autonome ma raffinatamente decorate); i Romani c’erano arrivati già nel I secolo dopo Cristo. È il caso di una tra le più recenti unità abitative emerse nel corso delle indagini in atto nel cantiere dell’insula dei Casti Amanti, nel quartiere centrale della città antica di Pompei, lungo via dell’Abbondanza. Una casa dallo spazio ristretto, senza il tradizionale atrio. Una particolarità considerato che, nonostante le ridotte dimensioni della dimora, non sarebbe stato impossibile l’inserimento di un piccolo atrio con la classica vasca (impluvium) per la raccolta dell’acqua piovana, tipico nell’architettura delle ricche dimore pompeiane, e che invece in questo caso è assente.
pompei affreschi hard insula dei Casti Amanti
Una scelta probabilmente da mettere in relazione con i mutamenti che stavano attraversando la società romana, e pompeiana nello specifico, nel corso del I secolo d.C. e che questo rinvenimento consente di studiare e approfondire. L’abitazione colpisce per l’alto livello delle decorazioni parietali, che non ha nulla da invidiare alla più grande e ricca casa dei Pittori al Lavoro, con la quale confina. Grazie al ritrovamento di un affresco ben conservato, rappresentante il mito di Ippolito e Fedra, la si è denominata provvisoriamente Casa di Fedra. I due ambienti attualmente oggetto di indagini si trovano nella parte retrostante dell’abitazione
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Una finestra, a fianco al quadretto con Ippolito e Freda, si apre su un piccolo cortile, dotato di una zona coperta che precede una grande vasca con le pareti dipinte di rosso. All’interno degli ambienti sono statti rinvenuti oggetti rituali, lasciati con l’ultima offerta prima dell’eruzione del 79 d.C che distrusse Pompei: un bruciaprofumi in ceramica acroma con lacune antiche e una lucerna, entrambi con evidenti tracce di bruciato.
«È un esempio di archeologia pubblica o, come preferisco chiamarla, archeologia circolare: conservazione, ricerca, gestione, accessibilità e fruizione formano un circuito virtuoso — ha dichiarato il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel —. Visitare Pompei e osservare il lavoro di archeologi e restauratori può aiutarci a capire perché vale la pena documentare e salvaguardare le tracce delle generazioni che hanno vissuto prima di noi».
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