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Enrico Currò per "La Repubblica"
Con passo abbastanza marziale, il generale Jamil Megid Junior, responsabile del ministero della difesa brasiliano per i grandi eventi, si è seduto al tavolo delle conferenze del blindatissimo resort di lusso scelto dalla Fifa per scongiurare il rischio che una recrudescenza delle proteste dello scorso giugno paralizzi il sorteggio del Mondiale.
Qui - con l'aiuto dello schermo gigante sul quale scorrevano le une dietro le altro immagini, sintesi grafiche e cifre del piano di sicurezza del governo - ha illustrato a mo' di Schwarzkopf lo spiegamento di forze da Desert Storm che i rischi connessi ad ogni evento sportivo planetario ormai impongono.
Tra una diapositiva sull'operazione Agata (contro i narcotrafficanti sbaragliati in Amazzonia), un'altra sul "Pacificador" (il controllo online degli incidenti), un'altra ancora sulla vigilanza aerea (divieto di avvicinarsi agli stadi un'ora prima e quattro ore dopo la partita e codici rossi, gialli e bianchi a seconda della distanza consentita dalle coste) e infine quella definitiva sul "Planejamento Estrategico de segurança para la Copa do Mundo 2014", si è capita benissimo una cosa: che il Brasile ha paura.
Delle proteste antigovernative dei 2 milioni di persone che stavano per interrompere la Confederations Cup. Dei potenziali attentati dei gruppi paramilitari, spesso finanziati in Sudamerica dai cartelli della droga. Del proprio immenso e incontrollabile territorio. Degli occhi del pianeta addosso per un mese intero, dall'inaugurazione del 12 giugno alla finale del 13 luglio. In una parola, di fare una figuraccia. E il governo di Dilma Rousseff, erede non saldissima di Lula, non se lo può permettere, nell'anno delle elezioni.
Per la sicurezza al Mondiale verranno spesi 1,9 miliardi di reais, pari a quasi 600 milioni di euro, distribuiti tra le varie voci: nuovi sistemi di equipaggiamento e nuove metodologie satellitari; simulazioni e addestramento; rafforzamento del controllo terrestre e aereo alle frontiere; costruzione di centri di coordinamento tra esercito, polizia e agenzie di sicurezza privata; difesa cibernetica, chimica, biologica, radioattiva, nucleare, delle basi navali, antiterrorismo, marittima, fluviale, aerospaziale e dello spazio aereo nazionale.
Il frastornante elenco è completato da un dato ancora parziale: saranno 1400 i soldati per ciascuna delle 12 città sede delle 64 partite. Molti, però, gireranno in borghese. «Non abbiamo interesse a creare tensioni». La precisazione nasce dall'evidenza che gli scontri di giugno siano stati inaspriti dal mancato dialogo coi manifestanti, dei quali anche papa Francesco, durante la sua visita a Rio, ha condiviso il contrasto alle diseguaglianze sociali.
Al sorteggio di domani è invitata la Rousseff, che risponderà a due domande preconfezionate e tranquillizzerà ovviamente tutti, come ha già provato a fare ieri il ministro dello sport Rebelo. «Non siamo il solo paese al mondo ad avere problemi». Ma resta il timore che gli attivisti di giugno a Salvador domani possano tentare di bloccare l'autostrada per Sauipe, cioè il sorteggio stesso. Ne discende la spropositata proporzione di forze dell'ordine attorno al resort: 3.900 per 5mila invitati.
C'è il sole e fa caldo, ma le nubi rimangono: sono in ritardo, ha ammesso Rebelo, i lavori per gli stadi di Cuiabà , Curitiba e soprattutto San Paolo. Entro la fine della settimana, coi primi risultati ufficiali della perizia sull'incidente mortale per due operai, si saprà se l'Itaquerao potrà essere pronto per marzo e per i rituali tre mesi di collaudo prima della partita inaugurale. «Noi siamo pronti », incalzano dalla capitale Brasilia, rivale dichiarata per il battesimo del Mondiale e della Seleçao.
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