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Giulia Zonca per la Stampa
Prima lo stadio si rimpicciolisce, perde il campo, foderato di plastica, rinforzato di travi e trasformato in ring. Poi si allarga, risucchia spazi proibiti, scopre angoli inediti e diventa altro. Un arena, un colosseo, un tempio senza più religione.
Wembley si è trasformato per ospitare Anthony Joshua contro Wladimir Klitschko, sfida tra pesi massimi e generazioni e incontro che si disputa domani davanti a 90 mila persone per gentile concessione del sindaco di Londra. Sono 10 mila più di quante l' impianto ne abbia mai ospitate, ma la richiesta era incontenibile, l' attesa frenetica, gli sponsor e gli organizzatori disposti a pagare gli extra ad alto prezzo.
Lo stadio chiama match leggendari: Ali contro Foreman a Kinshasa, oggi il posto si chiama Tata Raphaël ma è rimasto Rumble in the Jungle.
San Siro ha visto le scintille tra Benvenuti e Mazzinghi, l' Azteca ha ospitato l' incontro con più spettatori, 132 mila per Chavez contro Haugen.
Adunate, happening, la preparazione somiglia a un concerto ma la vita che si respira è tutt' altro. Non c' è una sola voce, ci sono urla da ogni direzione e silenzi improvvisi carichi di angoscia, una trama che non segue scalette e un pubblico avido di emozioni forti che non sta lì per applaudire un mito ma per assistere a una mutazione. Succede sempre quando due si picchiano, e sabato c' è tanto in palio: tre cinture, orgoglio, soldi, eredità.
Tattica dello sfidante Ieri alle 7 del mattino Wembley era ancora la casa del calcio inglese con il suo prato perfetto e le tribune sgombre e stasera alle 6 sarà irriconoscibile.
Una squadra di 2000 persone lo ha impacchettato, rimodellato e destinato a nuovo incarico.
Non è la prima volta, tre anni fa lì hanno incrociato i guantoni Carl Froch e George Groves e Froch ancora ricorda «lo spogliatoio immenso, tutti quei neon che non potevi spegnere». Lui cercava un momento di raccoglimento prima della carica e quello stanzone enorme, pensato per un via vai continuo, pulsava storia altrui. Wladimir Klitschko è abituato al contesto, lui è stato il re della boxe dentro gli stadi tedeschi. Adora le folle, le curve, il rumore che ha un' altra consistenza rispetto a quello che accompagna una partita.
Niente cori scanditi, niente ritmo, ma un tifo più solitario, isterico: stupore e paura si fanno sentire a ogni round.
Lo stadio si deve snaturare per diventare il palco del pugilato e forse per questo domanda sforzi extra, a chi prepara la scena e ai protagonisti. Domani nella notte, dopo che qualcuno avrà alzato le braccia contro un cielo che si annuncia nuvoloso, i 2000 lavoranti rimasti in servizio inizieranno a smantellare perché il campo di calcio deve respirare.
Il fatto che sia tutto così precario aumenta l' energia. A differenza di altri pugili Joshua e Klitschko non si sono punzecchiati nell' attesa, non hanno costruito fronti opposti. Qualcuno sostiene che sia una tattica dello sfidante, l' ucraino che rivuole il suo trono: lascia tranquillo il rivale, isolato nella sua concentrazione e forse impreparato all' impatto. Perché il primo colpo arriva dallo stadio.
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