DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Andrea Sorrentino per “la Repubblica”
È stata proprio una notte araba, sotto il tendone a vivere mille e una emozione o mirabolante impresa, ma a voler essere buoni e a fingere di farci raccontare le favole da Shahrazad, e sognare a occhi aperti. Perché i sussulti di Psg-City, un 2-2 che rinvia ogni verdetto dello scontro tra sceicchi al ritorno, sono più che altro le sesquipedali fesserie che a turno compiono i protagonisti, tra tibie fatali, gollonzi, rimpalli, pali, errori degli atleti e dell’arbitro, l’impreciso serbo Mazic, che però mica è il peggiore in campo.
È davvero uno scontro tra parvenu a certi enormi livelli, esordienti al gran ballo che si sbattono addosso timidezze e furori inespressi, come certi adolescenti che a parole vorrebbero spaccare il mondo ma appena uno alza la voce scappano da mammà.
Partita senza padrone, perché il Psg tiene la palla ma non riesce a imporre la sua personalità intermittente (Verratti manca in modo lancinante) e il City non sa affondare in contropiede come vorrebbe e saprebbe, ancora acerbo per certe notti, non a caso è la prima nella sua storia: mai raggiunto un quarto di Champions. Alla fine decidono le difese, ma in negativo, altra prova che qui nessuno è ancora maggiorenne per l’università del torneo più duro che esista.
Si parte subito dopo 15” con David Luiz che sbaglia movimento e fa fallo sul Kun Agüero, e si sa già che salterà il ritorno (come Matuidi, ammonito a inizio ripresa ma per un tuffo di un avversario); al 7’ Mangala frana su Matuidi in area, sarebbe rigore ed espulsione ma l’arbitro non vede.
Poi Mazic vede il fallo (inutile) di Sagna su Luiz in area, ed ecco Ibrahimovic dal dischetto: gran destro angolato e paratona di Hart (14’), il Parc des Princes ansima di delusione, e non parliamo di Ibra, che mentre il City si affaccia di là un paio di volte senza esito cova la sua frustrazione fino a quando Thiago Motta lo pesca in corridoio, solo davanti a Hart dopo palla persa dal City. Ma Ibra tira alto, ancora, incredibile (24’).
Così arriva la nemesi al 38’: pallaccia persa a metà campo da Matuidi, contropiede fulmineo Fernando-Fernandinho, David Luiz sbaglia un altro movimento e manda in porta De Bruyne, destro dei suoi in corsa e 1-0 City. Ma un’altra enorme fesseria la combinano 3’ dopo Hart e Fernando su una rimessa dal fondo: Fernando sbaglia il controllo del passaggio corto al limite dell’area, Ibra ci mette solo il piedone, neppure deve calciare, e la palla finisce in rete perché Hart rimane a spasso fuori dai pali. Un gol che nemmeno in seconda categoria.
Nell’intervallo gli allenatori Blanc e Pellegrini qualche urlaccio devono farlo, perché nella ripresa gli orrori vengono limitati, il Psg dà intensità alle azioni offensive, Cavani si danna e riesce a mettere la zucca su un cross: Hart respinge troppo corto, arriva Rabiot ed è 2-1 (14’).
CRISTIANO RONALDO MUNDO DEPORTIVO
C’è solo Psg ora contro un City pallido, Ibra trova la traversa su colpo di testa (assist Di Maria, 17’), ma l’ultima stupidaggine è dietro l’angolo, ed è dei francesi. Aurier, riesumato dopo due mesi perché aveva insultato via Periscope allenatore e compagni, perde una palla banale, poi sul cross di Sagna svirgola il rinvio nel cuore dell’area, poi lo svirgola pure Thiago Silva (non nuovo a fesserie decisive, nonostante la gran stampa di cui gode), arriva Fernandinho che calcia male a sua volta, doppio rimpallo sui due difensori a terra e palla in rete, lenta lenta. Andate a meditare, e fra sei giorni fatevi trovare più attenti e più pronti, cari ragazzi: questa è la Champions League.
2. ZIDANE, FESTE FINITE: IL REAL ORA RISCHIA GROSSO
Chi l’ha visto, il Real? Reduce dalla sbornia nel Clasico, la banda di Zidane è sparita improvvisamente a Wolfsburg, investita in pieno nella casa della Volkswagen. C’era da aspettarselo: la squadra di Hecking ha vinto la quinta partita su cinque in casa in questa Champions.
Doveva essere, nel tabellone dei quarti, la sfida meno equilibrata. Lo è stata per davvero, per il risultato. Ma a vantaggio dei tedeschi. Che dovevano essere gli agnelli sacrificali di questo turno, e invece si sono vestiti da lupi.
«Sono arrabbiato, è mancata l’intensità in ogni reparto, ora voglio analizzare con calma la gara. La difficoltà del calcio è sempre la stessa e se non metti la giusta elettricità finisce così - commenta Zidane alla fine -. Abbiamo sofferto fisicamente, sapevamo che sarebbe stata una partita dura. Ma al ritorno possiamo ribaltare il risultato, con il sostegno dei nostri tifosi ». Ma forse senza Benzema, uscito al 41’ del primo tempo per un infortunio al ginocchio.
Due gol in mezzo primo tempo, partita compromessa in meno di dieci minuti, il rigore di Ricardo Rodriguez al 18’ e il raddoppio di Maximilian Arnold al 25’ spingono i blancos lontani dalle semifinali. Che fosse una serata in salita, s’è capito dopo due minuti, quando Cristiano Ronaldo ha trovato il gol ma l’arbitro Rocchi glielo ha annullato giustamente per fuorigioco. E quando Bale ha invocato un rigore per un contatto con Gustavo.
La migliore occasione l’ha avuta Benzema che al 14’, saltato Dante, ha trovato Benaglio a dirgli di no con le gambe, e poi Bale ha messo alto. Il via al disastro lo ha dato Casemiro, provocando un rigore francamente evitabile su Schürrle e trasformato dallo svizzero Rodriguez, al primo gol in carriera in Champions.
Colpito a freddo, il Real non è stato capace di reagire e ha beccato il 2-0 da Arnold pescato da Henrique. Poca cosa la reazione del Real: un colpo di testa di Benzema su cross di Bale, poi il francese, toccato duro da Naldo, ha lasciato il campo per Jesé. Irriconoscibile, Ronaldo ha divorato due occasioni per riaprire il match: tanto possesso per i bianchi, ma poche occasioni. Anzi i tedeschi hanno accarezzato il tris, con Schürrle (diagonale alto da due passi) e con Kruse (riflesso di Keylor Navas).
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