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Francesca Lodigiani per "il Messaggero"
Paul Cayard, 61 anni meravigliosamente portati, segno zodiacale toro, sportivo di cultura velica rinascimentale, nel senso che spazia dalla Star, la regina delle Classi Olimpiche (un titolo mondiale e un quinto posto ai Giochi di Atene 2004), all'America' s Cup, alla quale si dedica per 30 anni, a due Giri del Mondo a tappe, la famosa Whitbread, poi Volvo Ocean Race, che vince al primo colpo su EF Language nel 96, alla One Ton Cup, che vince nel 1989 come tattico del Brava di Pasquale Landolfi con Francesco De Angelis al timone, all'Admiral's Cup che vince, sempre con Brava, nel 95 a Cowes nell'isola di Wight. Senza contare i successi sui Maxi e altri scafi in giro per il mondo.
Il ragazzo al quale Raul Gardini affida, quando ha solo 29 anni, la gestione della sua campagna di Coppa America. Non un gioco, ma all'altezza delle doti manageriali che in lui vede «Raùl», come ancora oggi pronuncia il suo nome Cayard. Paolino Cayardo per i tifosi italiani delle dirette notturne di Telemontecarlo da San Diego, telecronista Paolo Cecinelli insieme a un irrefrenabile, incensurabile Cino Ricci.
Grazie a Zoom entriamo nella sua casa con vista sulla baia di San Francisco alla vigilia della Prada Cup, la già Louis Vuitton Cup che al timone di America One il 6 febbraio 2000 perse per 4 a 5 contro Luna Rossa Silver Bullett. Sono passati 21 anni dalla Louis Vuitton Cup del 2000 con la Sua America One contro Luna Rossa, la ricorda? «È tra i miei grandi ricordi di Coppa America: 9 gare combattute con continui colpi di scena. Sono considerati ancora oggi i più bei match della storia della Coppa America».
Quanti suoi spinnaker verdi esplosi in quelle regate?
«Non ho tenuto il conto, ma 8 è un numero che mi suona».
Che fine hanno fatto i baffi, gli italiani c'erano affezionati?
«Tagliati nel 2011 su suggerimento della fidanzata di allora. Mi sono trovato bene e mi piaccio. Erano cosa da anni 80/90».
La 36ª America' s Cup e gli AC 75: cosa ne pensa ?
«Avevo dubbi, temevo barche con differenze di velocità e quindi regate non interessanti. Ma sono stato ben impressionato fin da dicembre, regate competitive. Bene la partenza di bolina ed è tornato un po' di match race, di gioco di posizionamento. Peccato poche barche e poche regate».
Cosa pensa di Luna Rossa?
«La barca sembra buona, all round, migliorata molto con vento, e avendo una serie lunga davanti, al meglio di 13 prove, potranno esserci condizioni differenti, un bene per lei. Hanno belle vele. Loro sono bravi. Mi piace il coraggio della scelta di due timonieri che non si muovono da una parte all'altra. Evitare il momento di transizione degli altri è una cosa potente.
Gli mancava qualcosa per unire le due visioni di destra e sinistra, e ora col randista che diventa strategist (Pietro Sibello, ndr) hanno creato il collegamento. Giles Scott, (il tattico di Ben Ainslie, ndr) guarda sempre di qua e di là della randa. Checco e Jimmy il gioco del match race lo sanno fare bene quanto Ben e Giles e meglio di Peter Burling di New Zealand che non ha mai fatto il circuito top di match race.
Jimmy dopo le regate di Natale è tornato se stesso come timoniere e Checco è bravissimo. Come umano e come velista; intenso, ma non troppo, il giusto. Mi fa sorridere che, tutti italiani, a bordo parlino tutti in inglese per Jimmy, uno solo».
Che idea ha di Ineos Team UK?
«Bravissimi velisti che sanno dare il meglio quando conta. Anche Jimmy ha quella cosa lì. Nella sfida tra loro bisognerà capire la velocità delle rispettive barche. Se è equivalente, sarà lotta tra pari e nessuno può prevedere il risultato».
Ineos Team UK e Emirates Team New Zealand hanno regatato meno di Luna Rossa, quanto pesa?
«Per Luna Rossa aver fatto le semifinali è un vantaggio sia psicologico, perché si sente più forte, sia per lo sviluppo, perché per la macchina che sta dietro alla barca è un bene avere scadenza ravvicinate da rispettare per scelte e miglioramento. New Zealand è una macchina lubrificata dalle tante Coppe e sono master nel simulatore. Se hanno la velocità, non hanno problemi, altrimenti sì perché il loro timoniere Burling è un incredibile talento, ma non sa perché fa le cose, mentre Jimmy e Checco, e Ben e Giles, sono ben testati in questo tipo di gara».
Terry Hutchinson, skipper di Patriot, era il suo randista?
«Sì, l'incidente è stato una combinazione di sfortuna e mancata gestione del momento. La vera domanda è se Dean Barker fosse il timoniere giusto. Lui è il più giovane della mia generazione e non è un grande campione. Come americano, sono però orgoglioso di come Terry si è comportato dopo».
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