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Dario Pappalardo per “la Repubblica”
«Non posso dire di essere sorpreso, certo avrei sperato di no. Ma adesso mi auguro che qualcuno ripari il danno». William Kentridge risponde da Johannesburg, la sua città, mentre lavora a nuovi progetti. Fa la spola tra casa e lo studio. Intanto, guarda le immagini che gli arrivano in posta elettronica: Triumphs and Laments, la sua opera sui muraglioni del Lungotevere imbrattata dai writer romani.
Ci sono sigle, tag, messaggi più o meno chiari ("alternativi libertini con presunti valori": non si capisce se si tratta di una firma o di un commento), spruzzati con spray blu e rossi. Tra i papi, le vittorie alate, Pasolini e gli altri personaggi del fregio disegnato dal grande artista sudafricano e regalato alla città proprio un anno fa, dopo tanti veti, un crowdfunding e finalmente l' ok dell' amministrazione cittadina.
Prima, aveva dovuto combattere con le bancarelle dell' estate romana, che minacciavano di coprire tutto, ora Kentridge deve vedersela con i graffittari.
Mr Kentridge, non era da mettere in conto che un' opera come la sua, all' aperto, potesse essere danneggiata?
«Partiamo da un dato positivo: noto che i "graffiti" per lo più non coprono le figure disegnate da me. Ma si trovano negli spazi vuoti. Significa che sarebbe molto semplice per la città di Roma rimuovere le scritte con la vernice senza cancellare l' opera in sé.
Questa situazione permetterà di dare finalmente risposta a una domanda».
Quale?
«Roma vuole davvero il fregio Triumphs and Laments o preferisce abbandonarlo al suo destino sul Lungotevere?».
Lei cosa pensa?
«Secondo quanto ho sperimentato e visto con i miei occhi, a Roma ci sono molte persone che hanno a cuore l' opera, sono felici che si trovi lì. Nel rispetto di queste, spero che le autorità cittadine si facciano carico di pulire i "graffiti" e permettano al fregio di sbiadire naturalmente anno dopo anno per lo smog e gli agenti atmosferici.
D' altronde il mio progetto è nato con questa idea: è una processione di figure della storia di Roma dall' oscurità alla luce, con ritorno nell' oscurità. Il fatto che l' opera sia destinata a sparire fa parte del suo concetto. Ma non così».
Cosa pensa dei writer?
«Alcuni graffittari realizzano lavori molto belli. Mi interessano meno quelli che lasciano semplicemente le loro iniziali sul muro ».
Lei ha realizzato altre opere per spazi pubblici, come la scultura equestre e il mosaico alla metropolitana di Napoli o nella sua Johannesburg. Come è andata?
«Per quello che so i lavori a Napoli non sono mai stati deturpati. E l' opera nel centro di Johannesburg è rimasto immacolato per anni».
Si è pentito di aver realizzato il fregio per Roma?
«Non mi pento assolutamente di aver lavorato a questo progetto. Ma adesso spero che lo ripuliscano. Tornerò alla fine di aprile per preparare la regia di Lulu di Alban Berg all' Opera di Roma. Andrò sul Lungotevere per capire da vicino quanto è stato preservato e quanto è andato distrutto».
2 - INDIFFERENZA CAPITALE
Gregorio Botta per “la Repubblica”
"Questa è la nostalgia: vivere nella piena e non avere patria dentro al tempo": così recitavano i versi di Rilke salmodiati durante l' inaugurazione della spettacolare opera di William Kentridge sul Lungotevere. Era il 21 aprile 2016. Non è passato neanche un anno e quei versi si sono rivelati, ahimè, profetici: anche se è una profezia troppo alta per azioni minime e misere come queste. Chi non trova una patria benigna nel suo tempo è proprio l' opera del grande artista sudafricano. Chissà se gli oscuri writer che l' hanno deturpata erano consapevoli di che cosa stavano sporcando, di quanta arte, passione, lavoro, c' era voluto per realizzarla. Di che cosa significa quella processione di Triumphs and Laments che racchiude tante icone della nostra storia.
roberto d agostino con william kentridge
Probabilmente no: gli sarà solo sembrata un' audace sfida segnare il territorio come animali notturni, lasciare una tag, un' oscura firma grafica, e credere di aver affermato così la propria identità. Accade a Roma, e forse solo qui: la città purtroppo è abituata a vedere tanta bellezza imbrattata da scritte insensate che compaiono di notte su monumenti e palazzi.
Anche Napoli è meglio: quello che è stato definito il più grande museo diffuso del mondo - le stazioni della metropolitana - non è mai stato oggetto di simili vandalismi. Segno che la capitale del sud si è riconosciuta nell' arte pubblica offerta alla città, tanto da farla diventare inviolabile. La capitale d' Italia no: forse anche perché non è stato fatto molto per difendere l' opera di Kentridge. La cinica indifferenza romana - incurante di tutto - ha lasciato nell' incuria quella che forse è la più grande opera di street art al mondo.
Terribile contrappasso per Kentridge: il suo lavoro nasce dalla pulitura parziale delle mura. Asportando lo strato di smog e sporcizia sono emerse le sue potenti figure. E solo il tempo era autorizzato a cancellarle, lentamente, negli anni, riconsegnandole all' ombra. Qualche ignoto ragazzo ha pensato di accelerare il processo. Tra le figure dei Laments che il maestro ha disegnato per Roma bisognerebbe aggiungere anche quella dell' insolente writer che offende la città. Oppure basterebbe, semplicemente, cancellarne le gesta: sarebbe facile, no?
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