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Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera”
Magazziniere, champagne. Il quinto scudetto della Juventus arriva ai box, dove si costruiscono i successi come alla catena di montaggio, ma nessuno è mai uguale all'altro. E nessuno assomiglia nemmeno lontanamente al numero 32 (34 sulle magliette celebrative), lo scudetto della rimonta folle: dal quattordicesimo posto di fine ottobre ai record di adesso, in cui tutto sembra quasi facile sotto un cielo così azzurro che sembra finto.
Ma è tutto vero: nel campionato più pazzo degli ultimi anni erano «Tutti pronti a celebrare il nostro funerale - come dice Andrea Agnelli via twitter -. Invece… semplicemente abbiamo scritto la storia! Gruppo infinito».
C' è profumo di olio canforato, alcol, sigaro (di Zaza e Morata) e sudore. La maggior parte della squadra guarda Roma-Napoli nello spogliatoio, in ciabatte. Marchisio - che festeggia col tutore al ginocchio - arriva 20 minuti prima del fischio finale dell' Olimpico, accompagnato ai cancelli dalla moglie. I dirigenti, con alcuni titolari di Firenze, sono nella sala accanto.
Tra le due televisioni c' è un leggero scarto temporale nella diretta. E così il boato dello spogliatoio anticipa nella sala accanto il gol di Nainggolan, che fa stappare le bottiglie già in ghiaccio da qualche settimana.
Il ballerino Pogba ha gli occhiali da sole e si esibisce sui tavoli, i più scatenati sono gli under 25, Sturaro, Zaza, Dybala. Perché questo è lo scudetto dei saggi Buffon ed Evra che dopo l' ormai mitico k.o. contro il Sassuolo del 28 ottobre hanno usato parole violente per scuotere la squadra («Mai più figure da pellegrini»). Ed è il campionato dei reduci carichi di medaglie e ferite, come Chiellini, Marchisio, Khedira.
Ma lo scudetto del quinquennio - che arriva 80 anni dopo i trionfi degli anni 30 - è anche un ponte verso il futuro. Perché vincere non basta mai. E Allegri parla dell' obiettivo Champions come mai ha fatto prima d' ora, anche per sensibilizzare pubblicamente la società sul mercato.
In un altro angolo Marotta discetta della riconferma di Morata, che il Real si riprenderà quasi sicuramente («Ma vogliamo portarcelo a casa noi»), di quella di Pogba che invece dipende dalla Juve, di Cavani e delle milanesi: «Che ci mancano molto, perché senza di loro la lotta scudetto non è la stessa cosa.
La Juventus? La squadra è lo specchio della società». Bonucci, il più legato al vecchio maestro Conte, dice che questo è «lo scudetto più emozionante», ma non riesce a dribblare il gavettone di Zaza in diretta tv e nemmeno le provocazioni di Dybala: «Meno male che in finale di Coppa Italia non ci sei - gli dice l' argentino - così non fai una finta come quella dell' altra sera...».
Ma nell' officina degli scudetti il segreto sembra proprio questa miscela di gioco internazionale e organizzazione sabauda. Di Allegri, che relativizza tutto e dice di sé «che il pesce ratto è diventato orata». E di Buffon, che emana sempre più autorevolezza:
«Questa è una vittoria epocale, è il titolo più bello - dice Gigi -. È qualcosa di grandioso, che riscrive il concetto di impossibile e che magari potremo assaporare solo più avanti. È frutto di un' alchimia unica e il prossimo anno dobbiamo ambire alla Champions: per cui scrivete pure che snobberemo il campionato e firmeremo per il terzo posto...».
È uno scherzo. Ma non lo era la serie B, dieci anni fa. Questa è la chiusura di un cerchio? «No - torna serio Buffon, che di scudetti 'sul campo' ne ha vinti 9 - dovrei arrivare a 15 per chiuderlo». Per lui, a 38 anni, è solo un modo di dire. Per la Juve, chissà.
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