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Edoardo Sassi per il Corriere della Sera
In tema d' arte, tanto più dalle avanguardie storiche in poi e al di là del talento, conta, da sempre, anche l' invenzione di un nuovo «alfabeto», di un linguaggio mai visto prima. E uno dei quesiti che da sempre coinvolgono addetti ai lavori, estimatori, storici dell' arte (e relativi campanilismi) è: chi fu, nel Novecento, il primo in assoluto a realizzare un décollage, ovvero quel procedimento creativo che consiste, grossomodo, nello strappare parti di cartelloni pubblicitari o manifesti murali, trasferendoli successivamente su un supporto rigido bidimensionale e trasformandoli, così, in opera d' arte?
Per lo strappo d' autore, in Italia, il nome è certamente quello di Mimmo Rotella (1918-2006), al quale la Galleria nazionale d' arte moderna dedica da ieri un' ampia mostra con 160 opere, a cura di Germano Celant con Antonella Soldaini. Titolo della rassegna, proposta in occasione del centenario dell' artista, Mimmo Rotella. Manifesto: una selezione di taglio antologico che per la prima volta ripercorre l' intero cammino di Rotella, dagli esordi negli anni Quaranta fino alle ultime prove. Un cammino, quello del calabrese Rotella, a lungo percorso nella città di Roma, nel clima di quella Piazza del Popolo che già all' epoca, primi anni Cinquanta, rappresentava uno degli epicentri creativi della Nazione (l' artista, assiduo del Caffè Rosati, ebbe a lungo lo studio nell' attigua via Principessa Clotilde).
Motivo ricorrente di questo suo percorso - sia pure declinato ogni volta con sfumature diverse - la rielaborazione del poster pubblicitario. Il che fa di Rotella - oggi e con le dovute proporzioni, dopo essere stato pop prima dell' esplosione della Pop art, e orientato a un Nuovo Realismo quando dominavano le dispute astrattisti/figurativi - un antesignano di fenomeni contemporanei raccolti sotto la macro-sigla di arte urbana.
A questo proposito, idea portante della mostra è l' allestimento, con il Salone Centrale del museo utilizzato come fosse una piazza, non interrotta da pannelli d' alcun tipo. Una piazza le cui pareti vengono utilizzate come fossero facciate di edifici, su ciascuna delle quali, in una simultaneità di forte impatto visivo, emergono i lavori dell' artista potenziati nel loro insieme - con brandelli iconici di Marilyn, Elvis, Coca Cola, brodi Star o locandine di film - più che isolati uno a uno.
«Considerando il caratteristico linguaggio di Rotella focalizzato sul manifesto - spiega Celant - è emersa la concezione di "tappezzare" la piazza e i suoi edifici con sei grandi cartelloni o billboard, dal formato in media 3x10 metri circa, come se il pubblico si trovasse a camminare e a fruire dell' opera in un contesto cittadino».
Ottime, infine, le bacheche, che grazie a materiale documentario - foto, copertine, citazioni di luoghi, gallerie, protagonisti - restituiscono, con il ritratto dell' artista, anche il clima di un' epoca.
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