
QUANDO C’È LA FIAMMA, LA COMPETENZA NON SERVE NÉ APPARECCHIA. ET VOILÀ!, CHI SBUCA CONSIGLIERE NEL…
Marco Mensurati per “la Repubblica”
Sono giorni pieni di metafore, questi prenatalizi in casa Ferrari. La più divertente è quella della Pentolaccia, con Marchionne bendato e armato di bastone intento a demolire a casaccio tutto ciò che trova, soprattutto se griffato Montezemolo. L’altra è quella, più scontata, di Spoon River. Con la fabbrica del Cavallino ridotta a camposanto di ingegneri, piloti e magazzinieri che raccontano al vento la propria storia di ferraristi.
Come quella di Nick Tombazis, aerodinamico d’insuccesso, un folgorante avvenire dietro le spalle e una catena ininterrotta di progetti fallimentari nel curriculum. Verrà messo alla porta oggi - esaudendo le preghiere di milioni di ferraristi nel mondo - nell’ambito di un piano di ristrutturazione di ferocia tribale.
La fabbrica è stata coventrizzata: in meno di un anno sono stati cacciati: Luca Montezemolo, presidente; Fernando Alonso, pilota; Stefano Domenicali team principal (n. 1); Marco Mattiacci, team principal (n. 2); Luca Marmorini (motorista capo). La lista, dalla quale escludiamo un paio di addetti stampa, un paio di manager di secondo piano e svariati ingegneri, si allungherà oggi a Tombazis e domani a Pat Fry. Occorrerebbe un’inchiesta intera solo per capire che lavoro faccia, Fry.
A chiedere, non si trova un solo manager disposto a dire di averlo scelto lui: Montezemolo scarica su Alonso, Alonso su Domenicali, Domenicali, il più elegante, glissa. Di Fry si sanno due sole cose: non rinuncia mai al tè delle 17, e mai si è scomposto di fronte alle dirompenti sconfitte della sua macchina.
Detta così, dunque, si potrebbe essere persino ottimisti, guardando le esecuzioni sommarie della coppia nuova di Maranello, Marchionne& Arrivabene (già ribattezzato dalla sua fronda “Annamobene”). Se non fosse che sono appunto sommarie, e che non sembrano sostenute da alcun progetto tecnico. Fino a poche settimane fa la Ferrari stava infatti cercando di inseguire un ingegnere di grido come Adrian Newey, il designer geniale della Red Bull, per sostituire i suoi cervelloni.
Si racconta persino di un viaggio epico in aereo privato di tale Gino Rosato - già addetto alla sicurezza e tuttofare di Jean Todt - in quel di Stratford-Upon-Avon, città natia di Shakespeare (e di Newey) per cercare di convincere “il genio” a trasferirsi a Maranello. Ma questi, non proprio convinto dalle modalità rustiche dell’approccio, avrebbe declinato. Lasciando la Ferrari al suo piano B. Che, se c’è, verrà annunciato nelle prossime ore. Tra un colpo alla pentolaccia e un altro.
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