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DAGOSPIA, 30 GIUGNO 2017: FINITA LA STORIA D'AMORE TRA MEDIASET E PICCININI
ANDREA SARONNI per Libero Quotidiano
Proprio lui, viene da dire per riflesso condizionato. Sandro Piccinini, "il" telecronista, il più grande narratore del pallone in attività, voce parole e tormentoni che sono entrati nell' immaginario degli italiani, vive una domenica speciale e racconta Francia-Croazia, finale dei Mondiali. C' è sempre - e finalmente, e giustamente - una prima volta.
Roba che fa battere il cuore.
«Eh sì, dopo 17 finali di Champions League ho potuto constatare che il Mondiale è davvero un' altra cosa. Le emozioni, l' ambiente, la pressione. C' è un' atmosfera differente e tutto questo si trasmette anche al telecronista. Figuriamoci cosa significa la finale».
La partita delle partite, che non si può sbagliare. Ma oltre alla doverosa preparazione tecnica, c' è quella fisica? Va in ritiro?
«Mi prendono in giro da anni, ma io mi preparo come un giocatore, perché servono energie, lucidità. Allora niente cena fuori, attenzione a cibi e bevande, riposino pomeridiano».
Ma questa si gioca alle 17, le 18 a Mosca. E il riposino?
«Anticipo tutto. Mi sveglierò intorno alle 5 di mattina, mi faccio la rassegna stampa e una bella colazione. Alle 11 mi riposo, verso le 13 mi muoverò verso lo stadio. Concentrato, pronto. Devo anch' io dare qualcosa alla partita».
Com' è stato il primo Mondiale raccontato?
«Non è stato di alto livello tecnico, ma è stato fortemente emotivo e il grande equilibrio l' ha reso appassionante. Senza l' Italia andavamo a caccia di emozioni e siamo stati accontentati. Tante sorprese, molti supplementari e calci di rigore, gol bellissimi, certe partite sono state da infarto».
C' è stato ovviamente anche il Mondiale dei telecronisti: detto che con lei e colleghi siamo messi benissimo, chi sono gli altri campioni del commento?
«Ehh, per me i campioni sono sempre gli inglesi, lo stile della Bbc che abbina professionalità a partecipazione lo sento molto mio. Non amo i sudamericani. Divertenti, coloriti finché volete, ma per me esagerano, urla, enfasi. Così come boccio i loro opposti, i colleghi del Nord Europa. I tedeschi sono lentissimi, fanno dormire».
Però anche a lei, in Uruguay-Francia, è scappata la frizione. Il primo gol di Cavani e quel «Matadorrrrr» con mille erre...
(ride) «Sì, 10 secondi da sudamericano sono scappati anche a me.
Ma è stato l' entusiasmo per un gol perfetto per me, effetto di una sciabolata classica e poi di una tesa».
A proposito dei suoi popolari tormentoni, tra un «mucchio» e una «rete incredibile», c' è qualcosa che è stato accantonato, o dimenticato?
«Guarda, io usavo tanto anche «Pericolo!» quando c' era qualche situazione calda in area. Poi ho smesso, perché commentando quell' azione qualcuno poteva avere la sensazione che stessi facendo il tifo per una squadra più che per l' altra».
Sempre a proposito di linguaggio e di pubblico: notiamo una tendenza crescente al protagonismo, alla "firma" tramite parole, urla, eccetera, sulla telecronaca.
È così?
«Il rischio della personalizzazione c' è ed è determinato dalla concorrenza. Perché quando ho cominciato, di telecronisti ce n' erano 5, e oggi sono 100. Quindi cerchi la formula per farti riconoscere dal pubblico, e se lo fai volutamente è un errore. A gioco lungo valgono la professionalità, lo stile, i fatti».
Ci fa un esempio virtuoso?
«Guardo a uno come Massimo Callegari, il suo modo generale mi piace molto, lo sento vicino al mio.
Poi, certo, conta chi sceglie, chi ti lancia, contano i direttori. Che però a volte sono portati a valutare tramite altri criteri, le urla, il personaggio.
Non tutti sono all' altezza».
valentino tocco sandro piccinini
Ore 20 di domenica, telecronaca finita, si spengono le luci sul Mondiale. Che fa Sandro Piccinini?
«Innanzitutto sarò felice, perché un Mondiale da telecronista è il massimo a cui si possa aspirare ed è fantastico chiudere così un ciclo di 30 anni con Mediaset. E giuro, non so davvero cosa succederà dopo, l' unica cosa certa è che vado a Londra, mia seconda casa, e "mi metto in pausa"».
Anno sabbatico in attesa di riprendere?
«È l' ipotesi più probabile, ma stiamo a vedere. Sono aperto a qualsiasi cosa che possa essere stimolante, divertente, la decisione dipenderà dal progetto, non sarà una questione economica».
In questo senso può esserci all' orizzonte anche il nuovo che avanza? Facebook, Amazon, le piattaforme stile Netflix?
«Sciabolata digitale, perché no (risata). Ripeto, dipenderà da che cosa ti propongono e da chi te lo propone. È un po' come con le donne, con l' età conta di più la situazione generale (risata)».
Ha qualche rimpianto, guardandosi indietro?
«A un certo punto della carriera mi sarebbe piaciuto dirigere una redazione giovane, creare un certo tipo di informazione sportiva. Ma non posso certo lamentarmi, ho avuto un cammino 'ccezzionale».
Buona finale, Piccinini.
«La Croazia è stanca e ha guai fisici, la Francia è lanciata e ha grandissima qualità davanti con Griezmann e Mbappé. Ma i croati hanno superato ostacoli incredibili, e occhio che in tutti i Mondiali la squadra che è andata vicina al baratro poi ha vinto...».
Ha già pronta la formula per annunciare i neo-campioni del mondo?
«Nemmeno per sogno, improvviserò. È un errore prepararsi le frasi fatte prima, possono essere superate dai fatti, soprattutto dalle immagini. In passato l' ho fatto, è sbagliato, bisogna dominare l' evento».
Certo che fare una finale mondiale senza l' Italia...
«Va beh, vediamo nel 2022, in Qatar. Ho detto che mi fermo, mica vado in pensione».
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