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— Ryder Cup Europe (@RyderCupEurope) October 1, 2023
Mattia Chiusano per “la Repubblica” - Estratti
L’Europa è stata una squadra, per questo ha vinto la Ryder Cup di golf a Roma. Ha studiato ogni ciuffo d’erba del campo del Marco Simone, mentre i giocatori americani erano in vacanza.
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Molto prima che arrivasse il punto decisivo dell’inglese Tommy Fleetwood, dell’invasione a fine gara di un pubblico colorato pronto a ritrarsi per la premiazione, una vigilia turbolenta ha preceduto l’ultima giornata della Ryder Cup. «Gli Usa ci hanno fatto un regalo con quella buffonata sabato alla buca 18, hanno motivato tutti noi» spiega il vice capitano europeo Edoardo Molinari.
La prima Ryder Cup italiana, un successo di pubblico che ha radunato 50 mila persona al giorno nella zona est di Roma, passerà alla storia come l’edizione del “cappellino”. Tutto nasce dalle voci di una forma di protesta contro la mancanza di premi – una tradizione nella Ryder Cup – che l’americano Patrick Cantlay, avrebbe inscenato non indossando il copricapo ufficiale: un gesto che gli costa la contestazione dei tifosi europei per tutta la giornata, e scatena la reazione del compagno Justin Thomas quando vince la sua partita.
In quel momento tutto il team Usa sventola il berretto verso il pubblico ostile, e il portabastoni di Cantlay, Joe LaCava, ripete lo stesso gesto disturbando il campione nordirlandese Rory McIlroy che sta per eseguire il suo colpo. E se la lega al dito: poco più tardi attaccherà un altro componente del Team Usa, il caddie di Justin Thomas Jim “Bones” Mackay, nel parcheggio della clubhouse.
Rissa sfiorata, tensione che si trasforma in rabbia agonistica quando il team europeo si ritrova la sera in hotel. «Hanno fatto gli ultrà» attacca Edoardo Molinari, «quando siamo tornati nello spogliatoio tutti ci siamo detti: meglio perdere quel punto ed essere incattiviti domenica. Così è stato».
Grottesco anche il retroscena del giorno dopo: LaCava, il caddie-ultrà, assicura che tutto è stato risolto, ma McIlroy nega deciso. «Gli Stati Uniti non capiscono quanto sia importante fare squadra» è tagliente Viktor Hovland, il norvegese superstar del golf. Da aggiungere al quadro la scena di un americano, Justin Thomas, che simula il gesto di togliersi un cappellino, si porta la mano all’orecchio, sbatte il suo bastone per terra e inveisce contro la folla che gli fa “buuu”.
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Anche McIlroy, a modo suo, dice molto: «Ci prendiamo per il culo a vicenda e abbiamo il senso dell’umorismo ». Ed è curioso sentire un nordirlandese come lui, che ha rifiutato la Brexit, alle Olimpiadi ha rappresentato l’Irlanda ma non rifiuta Belfast, parlare di cosa accomuna i dodici vincitori di fronte alla bandiera dell’Unione Europea: «Dopo le leggende che ci hanno preceduto come Severiano Ballesteros, ora siamo noi i custodi della maglia europea». Ogni due anni, è bello sentirlo dire .
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