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Da “la Repubblica”
I vertici della Formula Uno, almeno quelli che sovrintendono la sicurezza, si chiudono a riccio. Non una parola da parte del responsabile, Charlie Whiting,su quanto è accaduto in pista, non un chiarimento, solo la spiegazione dei fatti e della dinamica dell’incidente affidata ad un comunicato ufficiale, redatto tre ore dopo il momento drammatico e la conseguente sospensione della corsa con sette giri d’anticipo.
Si racconta di come si è intervenuti, prima le doppie bandiere gialle per via dell’entrata in pista della gru, chiamata a soccorrere Sutil e a rimuovere il più in fretta possibile la sua Sauber, poi la safety car, dopo il botto effettuato da Bianchi e resisi conto della gravità dell’incidente, e infine la bandiera rossa, stop immediato alla corsa, necessario perché ormai nel traffico sul tracciato c’era anche un’ambulanza.
Il resoconto e non le spiegazioni, cosa che non basta a placare le polemiche che infuriano nel paddock e che immediatamente si sono abbattute sulla Formula Uno. Il primo a sparare a zero è stato Massa, che nel 2009 a Budapest si prese una molla in testa, rischiò la vita, ed è molto sensibile all’incolumità dei piloti.
«Quanto è accaduto è assurdo, scandaloso. Non si vedeva nulla, pioggia, oscurità, da cinque giri invocavo alla radio la sospensione, chiedevo alla mia squadra di muoversi, di parlare ai commissari di gara. Dovevamo fermarci e invece è avvenuto l’incidente di Bianchi. Questa gara è iniziata troppo presto, quando la visibilità era pessima, ed è finita troppo tardi, quando di nuovo le condizioni della pista erano critiche».
Un atto d’accusa durissimo. Che trova consensi in molti altri box. Soprattutto non si capisce perché Whiting non abbia subito pensato alla safety car, che avrebbe costretto i piloti a rallentare sensibilmente, con un richiamo sonoro e senza il rischio di non vedere le due bandiere gialle, cosa che pare sia capitata proprio a Bianchi.
Alonso lascia aperto l’interrogativo: «Sono stato talmente poco in pista, che non posso pronunciarmi con certezza sulle condizioni di sicurezza. Ho qualche dubbio, ma davvero non so se la gara andava sospesa prima».
Resta il fatto che la Formula Uno, pur prodigandosi in materia di sicurezza (l’ultima tragedia a livello piloti è datata vent’anni, la morte di Senna nel 1994 ad Imola), non riesce ad affrancarsi del tutto dai pericoli.
A livello di gru in pista viene in mente la buona sorte di Schumacher, che sotto la pioggia in Brasile, alla Curva del Sole (quando il destino vuole divertirsi), ci finì ad un pelo o quando Brundle ne sfondò una senza conseguenze, ma se invece si pensa alle tragedie, bisogna ricordare il commissario di pista Beveridge, morto in Australia colpito dai detriti della macchina di Jacques Villeneuve, o il volontario italiano Gislimberti a Monza, caduto per colpa di una ruota di Frentzen, o ancora l’addetto alla pista che ha pagato con la propria vita il suo lavoro un anno fa in Canada, schiacciato anche lui da una gru.
Sono pagine nere che dimostrano come il pericolo sia sempre in agguato e quanto letali possano essere certi corpi estranei, quando si materializzano nel raggio del circuito.
Ne sa qualcosa la Marussia, che prega per Bianchi e già ha dovuto piangere la scomparsa di Maria De Vilota, la spagnola che durante un test nel 2012 andò a sbattere lungo la corsia dei box contro un camion, riportando gravi ferite e perdendo un occhio. Per le conseguenze di quell’incidente morì un anno dopo, nel luglio 2013.
Il presidente Fia, Jean Todt, da sempre è un paladino della guida sicura (anche su strada) certamente rifletterà sull’accaduto che porta polemiche, ma potrebbe aprire anche nuovi scenari (da tempo si parla della rimozione di Whiting). Non va dimenticato tuttavia che questo è un mondo che ama dividersi.
Lauda per esempio difende l’operato dei commissari. «Si è trattato solo di fatalità, una terribile sfortuna che rischia di avere esiti gravissimi. La safety car sarebbe dovuta entrare prima? Sono scelte difficili: quando Whiting si è reso conto di come la situazione stesse precipitando, è subito intervenuto. La pioggia non era così intensa, è stato giusto correre».
Al contrario di un altro Giappone, datato 1976, Fuji e non Suzuka, il gran rifiuto dell’austriaco per il tempo troppo inclemente, il titolo mondiale lasciato ad Hunt. Oppure, storia recente, luglio scorso, Silverstone, quando Lauda accusa Whiting per aver impiegato troppo a ricostruire le barriere. Risposta di allora: «Niki non capisce niente di sicurezza. Se non sono perfette, un altro pilota può rischiare tantissimo». Come finire contro una gru.
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