DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Riccardo Signori per “il Giornale”
Meglio dire arrossire? O più realistico vergognare? C'è poca differenza se è vero che esiste una varietà di usi e costumi per mettere nell'imbarazzo il Paese nostro. E i tifosi del pallone non si tirano mai indietro: regalano sempre prove d'autore. Ieri, stadio San Siro, pomeriggio del derby milanese, hanno infiocchettato la cartolina che potrebbe fare il giro del mondo alla faccia di chi ci racconta di virus e pandemia, morti e malati, lockdown e sacrifici. Non è moralismo, solo realismo. Il mondo dirà: i soliti italiani.
tifosi vicini al pullman del milan
Eccoli, eserciti vocianti, 10 mila, forse 12 mila, urlanti, inneggianti, perfino famigliole alla scampagnata da derby. Ciascuno nella zona di appartenenza: Inter sotto la curva nord, milanisti vicini al cancello 14 dello stadio. Accendono fumogeni, battono mani sul pullman degli amati divi, sono tempi nei quali non ci si bacia o abbraccia ma loro sono lì, ammassati.
Mascherina sì, mascherina no: poco importa. I bus del colore del cuore passano, strade separate, zone distinte dall'assetto militare di polizia e Forze dell'ordine, come fosse un derby del tutto va bene: con anteprima fuori dallo stadio.
No, non è proprio così. Il Meazza rimane vuoto o quasi, urla e grida sono voci nel silenzio: capita da quasi un anno. La domenica milanese rispetta i divieti, parla di colori cangianti come la vita di chi attende di sapere se dovrà chiudere o potrà continuare a lavorare. Tutto dimenticato. Tutti dimenticano.
Paolo Maldini che, nel prepartita, afferma sorridente: «Vedere i tifosi ci ha riempito il cuore». E fa male al cuore sentirglielo dire, senza un pensiero a divieti e distanziamento. E così Conte nel post partita: «Accoglienza da brividi, ci ha messo pressione». Peccato, poteva dire «ci ha fatto impressione» e sarebbe stata una bella figura. C'è modo e modo per ingraziarsi i tifosi.
No, il mondo del calcio vive sempre nel suo Far west. Siamo passati dal derby del testa contro testa fra Ibra e Lukaku, al derby del chissenefrega dei decreti governativi. Direte: e le Forze dell'ordine? Appunto. Perché mai si sono limitate a evitare incontri e scontri?
Non preoccupate da enormi assembramenti prima e dopo la partita, nemmeno da facce senza mascherine. Dove sono finiti i racconti sui contagi di massa, divieti, proibizioni? Andate a chiedere cosa ne pensano ristoratori e affini che si sono visti rifilare batoste monetarie per aver chiuso le serrande con 5 minuti di ritardo.
Con quale faccia verranno mandati i vigili a controllare bar, ristoranti, movida? Ai tifosi dell'Inter era stata vietata una manifestazione in piazza Castello, hanno rimediato dandosi appuntamento sotto la curva nord. «Saranno attivi gli stand del materiale per indossare qualcosa di nerazzurro e vivere una giornata di festa... Poi se comprate è meglio», scriveva il manifesto programmatico che prometteva anche un comico-cabarettista al seguito. Già, gli affari sono affari.
Nemmeno pensare che, per una volta, sarebbe stato più intelligente (suona male?) festeggiare senza adunate da Covid free. Pur vero che dove non c'è vergogna, non c'è virtù. Ma è proprio questa la faccia di noi italiani? Scriteriati ammorbatori di noi stessi, ammorbati dal pallone e incapaci di difendere il bene comune? Non abbiamo ancora imparato la lezione. Allora perché tenere gli stadi chiusi?
Tanto valeva infilare dentro San Siro quel branco. Scene simili si erano già viste di recente. Dice la ragion comune: non sarebbe logico riaprire gli stadi, a numero determinato, e vigilare meglio dentro e fuori? Non si può giocare un derby onorando Mauro Bellugi, morto per Covid, e invece disonorarlo con una adunata di massa. La vita è un sogno, ma talvolta serve un segno.
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