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ZDENEK ZEMAN NON FUMA PIU’ - PARLA IL FIGLIO KAREL: “L’ICTUS E LE DUE ISCHEMIE LO HANNO MOLTO DEBILITATO, MA È IN PROGRESSIVO MIGLIORAMENTO. HA SMESSO CON LE SIGARETTE DOPO IL RICOVERO AL GEMELLI. QUANDO GLI HO DETTO CHE VOLEVO FARE L’ALLENATORE, LUI MI HA RISPOSTO: “NOO, SO COSA C’È NEL CALCIO. TE LO SCONSIGLIO” – MOGGI? MI È CAPITATO DI AVERE A CHE FARE CON LUI AL LAVELLO, IN BASILICATA. IO ALLENAVO E LUI ERA CONSULENTE: NON LO VEDO COME IL NEMICO. CON ME SI È COMPORTATO MOLTO BENE, MI HA ANCHE CHIESTO DI PAPÀ” – E POI RIVELA: "MORATTI VOLEVA MIO PADRE ALL’INTER…
Alessandro Fulloni per corriere.it - Estratti
Karel Zeman, suo papà Zdenek come sta?
«L’ictus e le due ischemie lo hanno molto debilitato, ma è in progressivo miglioramento grazie a tanta fisioterapia. Di certo dovrà continuare a farla per molto tempo...».
Fuma ancora?
«No, no... ha smesso dopo il ricovero al Policlinico Gemelli, nel febbraio 2025».
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La chiama qualcuno per avere notizie di suo padre?
«Tanti suoi ex giocatori. Tra le ultime telefonate, quelle di Eusebio Di Francesco e Giovanni Stroppa. Beppe Signori è in contatto con mia mamma Chiara».
Si può dire che Karel Zeman, 48 anni, sposato con Laura, e un fratello, Andrea, 42, funzionario alla Farnesina, sia un figlio d’arte. Suo papà Zdenek — per gli appassionati di calcio «il Boemo», essendo nato a Praga, o «Sdengo» l’appellativo dato dall’allora presidente del Foggia Pasquale Casillo — forse non è tra i «mister» italiani più vincenti. Ma di sicuro è tra i più celebri grazie al carisma evidente, a quel suo essere controcorrente — con le denunce sul marcio nel calcio — e soprattutto al gioco delle sue squadre, sempre all’attacco, lontane anni luce dal «primo non prenderle». Pure suo figlio è un «mister», da 15 anni allena su e giù per l’Italia, tra Serie D e Serie C. Dopo l’ultima esperienza lo scorso anno al Nola, è in attesa di una telefonata che lo richiami in panchina.
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Bellissima, la foto che, qualche giorno fa, vi ritrae assieme in acqua, a Mazara...
«Lo mostra fragile. Nell’invecchiamento di solito si diventa o duri o sensibili. Lui ora è persino ipersensibile».
Le ha mai detto «bravo?»
«La prima volta fu il giorno in cui mi laureai in Lingue con 110 e lode. Poi, sì, qualche altra volta, più spesso. So che ad altre persone ha anche ripetuto: “Karel in panchina? È più bravo di me”».
L’argomento della tesi?
«Odio e amore per il football nella letteratura di lingua spagnola. Soriano, Galeano, Valdano: ha presente?...».
Ma quando gli ha detto «papà voglio fare l’allenatore?» lui che ha risposto?
«Testuale: “ Nooo . Concorderei su qualunque tua altra scelta, ma io ho lavoro nel calcio e so cosa c’è nel calcio. Te lo sconsiglio”...».
Lei però ha insistito...
«Avevo già deciso, avevo riflettuto. Ero agli inizi, lo invitai per una settimana a vedere come allenavo le giovanili del Boiano e lui, dopo averlo fatto, mi disse: “Va bene, lo puoi fare”. Oggi? Certo, mi ispiro a lui. Di me, sono orgoglioso di una cosa: in classifica, lascio le squadre un po’ meglio di quando me le affidano».
Con un cognome come il suo è più facile o difficile lavorare nel calcio?
«Sarebbe stato più semplice se avessimo pensato ad un altro tipo di discorso. Faccio l’esempio di Carlo Ancelotti che ha portato con sé in panchina il figlio già in giovane età. Ovviamente dopo essere stati dieci anni insieme, adesso Davide trova qualsiasi squadra al mondo. Io invece mi son dovuto fare da solo. E mio padre, pur riconoscendo in me un aiuto più che valido, non mi voleva come secondo: per lui la strada dovevo trovarmela io, dovevo cavarmela per fatti miei».
È vero che Massimo Moratti avrebbe voluto Zdenek all’Inter?
«Sì, si erano anche incontrati, ne avevano parlato. Però come spesso accadde con altri presidenti tipo Zamparini, poi nel richiamarlo gli fu spiegato che “per altri motivi” non era possibile».
Sintetizzi Calciopoli...
«Io credo che in tutti gli ambiti non ci sia una pulizia assoluta, sarebbe ipocrita dire il contrario: ma quello che succede nel calcio, nel bene e nel male succede dappertutto. Talvolta si fa passare tutto in cavalleria e talvolta invece ci si rende conto che la situazione magari sta degenerando e c’è bisogno di un freno. Ribadisco: succede nel calcio, succede dappertutto».
Ma di Luciano Moggi, che con suo padre ebbe infinite e ruvide polemiche, che pensa?
«Mi è capitato di avere a che fare con lui al Lavello, in Basilicata. Io allenavo e lui era consulente: non lo vedo sicuramente come il nemico. Ci siamo confrontati come due persone di calcio normalmente fanno. Rispetto alla conoscenza che ne ho avuto è una persona che con me si è comportata molto bene, mi ha anche chiesto di papà».
La frase che Zdenek le dice in questi giorni?
«M’incoraggia: “Adesso che io sono fermo, dimostra che sei tu il vero Zeman”».
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