DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Antonio Barillà per la Stampa - Estratti
Allegri contro tutti.
Sintesi inflazionata dopo la polemica del tecnico bianconero in tv, specchio di un nervosismo e di un'insofferenza inusuali, lontanissimi dall'ironia graffiante da toscanaccio e dalla capacità riconosciuta nello spogliatoio di mantenere il controllo e trasmettere serenità nei momenti bui. Allegri contro l'opinionista di turno e, per estensione, contro certa stampa. Allegri assediato dalle critiche. Allegri più che mai divisivo. Allegri tacciato di non essersi evoluto.
Allegri assolto perché la Juventus è giovane e ha lacune. Allegri che compare addirittura a Times Square con le scritte in e out - ormai un destino - sul maxischermo. Allegri che fino a poche settimane fa sfidava l'Inter eppure pochissimi sembrano ricordarlo. Può darsi che tanta pressione abbia finito per schiacciarlo, ma non è comunque una giustificazione: la reazione è apparsa spropositata e le parole infelici, poco importa se a tutti può capitare, dopo silenzi difficili, di sbottare nel momento sbagliato.
Il nodo, in realtà, è ancora più intricato. E il punto delicatissimo. Perché non è escluso che il nervosismo affondi radici anche nella solitudine e nell'incertezza che si respirano alla Continassa: il contratto tra le parti scadrà nel giugno 2025, ma ad oggi, a parte pubbliche dichiarazioni che possono anche essere di facciata - non è sfiducia verso Giuntoli che s'è esposto, è la storia del calcio piena di depistaggi e di giravolte - ancora un confronto sul futuro non c'è stato. E poiché fonti fidate narrano di malcontento anche dentro la sede, addirittura di correnti pro e contro Max, solo la chiarezza può aiutare a invertire rotta.
Correttezza impone di riassumere la missione di Allegri, richiamato per contribuire a sanare un bilancio disastrato accettando tagli al monte ingaggi, rinunce a campioni, linea verde e mercato low cost lasciando però la Juve nell'Europa che conta: dopo tre anni, e nonostante una Champions perduta per fattori estranei al campo, i conti sono migliorati fortemente e il terzo posto, malgrado tutto, custodito. Se il tifoso può dimenticare, il club no, ma questo, sia chiaro, non vuol dire tenere Allegri: semplicemente essere chiari anche perché è nel pieno diritto del club decidere di cambiare e recidere l'ultimo filo con la gestione di Andrea Agnelli, il presidente che gli affidò la ricostruzione.
Arrivare a metà marzo senza sicurezze, mentre serpeggiano indiscrezioni su sondaggi per altri tecnici - da Thiago Motta a Raffaele Palladino - e spifferi articolati (e informati) su spaccature dirigenziali, non è strategico in generale, utile anche a banali fini di programmazione, ma diventa più che mai boomerang con la squadra in caduta libera: sapere, al di là del contratto, se Allegri siederà o no ancora in panchina - nelle stanze giuste, senza bisogno di proclami popolari - può essere input per assumersi nuove responsabilità e, soprattutto, primo passo di un progetto tecnico scelto e non ereditato, condiviso e non sopportato, voluto a prescindere dall'onda emotiva dei risultati che fino al 27 gennaio accendevano sogni e adesso gonfiano incubi.
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