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    TRUMP UNLIMITED - ''OBAMA E CLINTON SONO I FONDATORI DELL'ISIS'': DOPO LA LETTERA DEI 50 ESPERTI DI POLITICA ESTERA REPUBBLICANI CONTRO DI LUI, DONALD LA SPARA ANCORA PIÙ GROSSA -E OGGI ARRIVA UN'ALTRA LETTERA DI REPUBBLICANI: ''TAGLIATEGLI I FONDI!''. MA PIÙ LO EMARGINANO I CACICCHI DEL PARTITO, PIÙ PIACE ALLA GENTE COMUNE


     
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    TRUMP TRUMP

    1. USA: LETTERA 70 REPUBBLICANI, TAGLIARE FONDI A TRUMP

     (ANSA) - Circa 70 repubblicani, tra cui ex membri del Congresso, hanno inviato una lettera al capo del Comitato Nazionale del partito chiedendo di tagliare i fondi alla campagna di Trump. Lo riporta la Bbc. Nella missiva si sottolinea che le risorse dovrebbero essere destinate al sostegno dei candidati al Congresso, visto che che "le probabilità di vittoria di Trump stanno evaporando di giorno in giorno". "L'incompetenza, l'incoscienza e il suo essere divisivo rischiano di provocare una vittoria a valanga dei democratici".

     

     

    2. L' ULTIMA DI TRUMP: "OBAMA È DELL' IS" MA ORA L' AZZARDO SPAVENTA LA DESTRA

    Arturo Zampaglione per “la Repubblica

     

    trump e melania trump e melania

    Incurante dei sondaggi che lo mostrano ormai a dieci punti dalla rivale, indifferente alle crescenti defezioni tra i repubblicani e ai consigli degli esperti, Donald Trump si lancia in una nuova provocazione. «Barack Obama e Hillary Clinton sono i co-fondatori dello Stato Islamico», tuona (a tre riprese) il candidato repubblicano. E non la intende come una accusa generica, ma alla lettera.

     

    All' intervistatore Hugh Hewitt, infatti, che gli suggerisce che forse Obama ha solo «creato quel vuoto» che ha permesso poi all' Is di svilupparsi, Trump risponde secco: «No, lui è il vero fondatore dell' Is. È il giocatore di maggior valore della formazione islamica: per questo meriterebbe un premio, così come Hillary ».

     

    «È una accusa del tutto falsa», replica la Clinton, ricordando che, grazie anche ai raid ordinati dalla Casa Bianca in Libia, l' Is sta perdendo la sua roccaforte di Sirte. Ma i fatti e i ragionamenti non sembrano attecchire nell' universo politico di Trump, creando così una dialettica zoppa tra i due schieramenti e una distorsione nella campagna elettorale che, secondo alcuni politologi, rischia di indebolire le basi stessa della democrazia americana.

    trump 8 trump 8

     

    Quel che da sempre caratterizza il tycoon newyorkese è il tentativo di far notizia, attirare i media e distruggere gli avversari, dicendo qualsiasi cosa, anche la più oltraggiosa, in nome dell' anti-politically correct. Una strategia, questa, che ha funzionato bene durante le primarie, quando Trump poteva giocare sulle divisioni tra i sedici, deboli rivali, e al tempo stesso far leva sul suo zoccolo duro di uomini bianchi marginalizzati dalla globalizzazione, di amanti delle armi o addirittura di suprematisti bianchi. Ma adesso, per vincere tra 90 giorni nelle presidenziali, dovrebbe allargare il consenso e costruire alleanze. E invece continua con la vecchia solfa.

     

    Nell' ultima settimana le sue provocazioni sono state a raffica. Prima Trump ha attaccato i genitori di un soldato musulmano morto in Iraq, sollevando le proteste di ex-combattenti e di repubblicani vicino al Pentagono.

    obama hillary e bill clinton obama hillary e bill clinton

     

    Poi ha rifiutato l' endorsement a due tra i leader di primo piano della destra, Paul Ryan e John McCain (salvo poi concederlo in extremis). Poi ancora ha ipotizzato che il «popolo del secondo emendamento» (cioè quelli che difendono il diritto alle armi a go-go, come gli iscritti alla Nra, la lobby delle pistole), potesse bloccare con la violenza la Clinton.

     

    «Tutto questo non è più uno scherzo», ha scritto il Daily News in prima pagina: «Trump deve ritirarsi. E, se non lo fa i repubblicani devono abbandonarlo». Del resto sembra un processo già in atto. A destra continuano le defezioni: l' ultima è la senatrice del Maine, Susan Collins, che non voterò per il candidato del partito. Stessa scelta per 50 esponenti governativi di spicco dell' intelligence e della difesa negli anni di George Bush, da John Negroponte a Michael Hayden, da Tom Ridge a Robert Zoellick: «Trump - hanno scritto in una lettera aperta - è un rischio per la sicurezza nazionale».

     

    ROBERT ZOELLICK ROBERT ZOELLICK

    Tutto questo si riflette nei sondaggi. L' ultimo della Nbc mostra che il divario tra i due candidati è salito da 8 a dieci punti, e Trump è in vantaggio solo in qualche stato conservatore del midwest, mentre non sfonda nei «swing state», cioè negli stati come la Florida o l' Ohio, dove di solito l' elettorato è diviso e che quindi sono i più importanti nel determinare la vittoria. Il tycoon non riesce a far breccia né tra le donne, né tra i giovani, né le fasce più istruire degli elettori, né tantomeno tra le minoranze.

     

    A preoccuparsi è soprattutto l' establishment repubblicano che ormai teme di perdere, l' 8 novembre, non solo la Casa Bianca ma anche la maggioranza al Congresso. Se così fosse, Hillary Clinton potrebbe imporre il suo programma politico, il suo candidato alla Corte suprema e le sue misure economiche: che proprio ieri ha illustrato in un discorso nel Michigan, criticando anche i tagli alle tasse a favore dei più ricchi proposte da Trump.

     

    negroponte negroponte

    Di fronte a questo pericolo, il presidente del partito repubblicano, Reince Priebus, ha chiesto nuovamente a Trump di evitare polemiche inutili o faziose, concentrandosi invece sull' obiettivo di sconfiggere la Clinton. Ma sono tentativi, questi, che appaiono sempre più vani. Il miliardario newyorkese ripete di non avere alcuna intenzione di «cambiare stile». E se dovesse, proprio per questo, perdere le elezioni a novembre? «Mi concederò una lunghissima e bellissima vacanza - ha sorriso in una intervista alla Cnbc - e tornerò alla bella vita che facevo prima».

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