DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
«Tu devi sapere, mio buon amico, che c'è una sola carica a cui io tengo». Nel corso dell'ultimo quarto di secolo, a tutti quelli che in privato si sono spinti fino a chiedergli quali fossero le sue reali ambizioni e quale il prossimo incarico da inseguire, Giuliano Amato ha rivolto una specie di indovinello privo di interrogativi; ma con dei puntini di sospensione, ingegnosamente incasellati nella frase per il mezzo di una specie di pausa teatrale, in modo che l'interlocutore di turno azzardasse la sua risposta. A coloro che dal mazzo delle possibilità hanno pescato la carta «presidente della Repubblica», il professore ha riservato quasi sempre la stessa risposta: «Presidente è giusto, della Repubblica sbagliato. La risposta corretta è presidente del Tennis Club di Orbetello».
Da anni, quella presidenza del Tennis Club di Orbetello, da «operativa» che era, si è fatta «onoraria». Anche se il legame tra Amato e la sua racchetta si è spinto sempre molto al di là dell'ambito in cui una pallina può finire un millimetro al di là della riga o danzare malignamente sul nastro. Com' era successo sette anni fa, quando Silvio Berlusconi - nel tentativo di contrastare la nomination di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica - aveva attivato un canale diplomatico con Massimo D'Alema per lanciare proprio la candidatura del Dottor Sottile.
Amato, allora, era rimasto fermo; non un passo in là, non uno in qua, non un sibilo né mezza parola, come appunto il palombaro che - se cammina - lo fa sempre sott' acqua. E quando Matteo Renzi l'aveva chiamato per rendergli conto del perché avrebbe proseguito sulla strada di Mattarella, Amato l'aveva fermato prima che potesse finire la frase: «Ma certo che capisco».
Negli ultimi tempi, giura chi lo conosce bene, uno dei pochi custodi delle sue letture politiche e dei suoi giudizi sulla nuova classe dirigente - da quando è approdato alla Corte costituzionale ha smesso di rilasciare interviste sull'attualità, che comunque erano molto rare anche prima - è stato il maestro Ciro Cirillo, anima del circolo del tennis del Foro Italico con cui si allenava almeno una volta a settimana, scomparso due mesi e mezzo fa.
E oggi che in tanti lo considerano ancora una volta uno dei veri papabili alla presidenza della Repubblica, il Dottor Sottile non deroga a quella strategia del mimetizzarsi con l'ambiente circostante fino a rendersi invisibile.
giorgio napolitano giuliano amato
Uno dei ministri del governo Draghi con cui ha contatti da sempre dice a microfoni spenti che «l'elezione di Amato al Colle è contemporaneamente la cosa più semplice e anche la più difficile. Se la Lega ne facesse il nome rompendo l'attuale impasse e sparigliando, un secondo dopo sia Pd che Cinque Stelle aprirebbero senza esitazioni e Amato verrebbe eletto».
I contatti sotterranei che gli vengono attribuiti - in qualche caso a ragione, in altri a torto - hanno comunque consentito all'ex presidente del Consiglio di conoscere e farsi conoscere di persona da tutti quelli che ancora non c'erano quando nel proscenio della politica nazionale c'era lui: da Giuseppe Conte a Matteo Salvini, passando per Luigi Di Maio. A cosa può portare tutto questo, però, nessuno può saperlo. La regola ferrea su cui Amato ha costruito una carriera accademica e politica lunga oltre mezzo secolo è che inseguire a tutti i costi una carica è il modo migliore per non ottenerla; mentre non essere candidati a nulla, in fondo, vuol dire essere eleggibili ovunque.
Se oggi il Dottor Sottile è considerato in cima alla lista ristretta delle «riserve della Repubblica», lo deve alla sua capacità di aver capito sempre un secondo prima quand'era l'ora di farsi da parte.
Accesissimo tifoso del Toro, visto per la prima volta in campo al Filadelfia contro il Modena grazie a un biglietto-premio per la licenza elementare appena ottenuta, era il 1947, in un aereo da Lisbona all'Italia - proprio sulla rotta ch' era stata fatale ai suoi idoli del Grande Torino - da presidente del Consiglio in carica prese la decisione di ritirarsi dalla competizione con Francesco Rutelli per la leadership del centrosinistra alle elezioni del 2001.
«Non avesse preso quella decisione», dice oggi un suo amico, «ventuno anni dopo non sarebbe qua a giocarsi l'ennesima partita per il Quirinale». Ad assistere al tremendo spettacolo della pallina che danzando sul nastro, al Colle come al Foro Italico, non sai mai dove può rimbalzare.
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