Estratto dell'articolo di Luigi Bolognini per www.repubblica.it
maurizio vandelli
Uno che come primo suono significativo della vita ascolta, a un anno, le campane a festa per il 25 Aprile è un predestinato: una vita di musica e una vita libera. Maurizio Vandelli l'ha vissuta così la vita, nei suoi primi 79 anni, seguendo la sua passione, vendendo milioni di dischi con l'Equipe 84 e da solista, conoscendo i giganti del pop, non solo Lucio Battisti, ma anche Lennon e McCartney. Per tutti ha un aneddoto, una storia, un ricordo, un commento schietto. L'ospite ideale per il Memoria Festival, dove sarà domani alle 19 a Mirandola, in Emilia, a parlare di radio e vinili.
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E nel 1964 ecco l'Equipe 84. Chiariamo il nome: è la somma delle età?
"No, la somma era 85. Volevamo un nome straniero e nacque l'Equipe, e 84 subito dopo suonava bene. Qualcuno, dicendola come battuta, sperava sotto sotto che ci facesse fare uno spot la Stock di Trieste, che produce il brandy Stock 84".
Forse avevate già abbastanza da fare con la musica, visto che il successo fu immediato.
maurizio vandelli lucio battisti
"La prima canzone in assoluto fu Vola canarino, inno del Modena calcio, l'anno dopo finimmo a Sanremo con Notte senza fine e uscì Sei già di un altro. Vendevamo, come tutti, ma il nostro discografico ci diceva che al massimo erano 1000-1500 copie. Insomma, ci fregava alla grande, come le etichette allora facevano. Riuscimmo a rompere e andare alla Ricordi, ma in cambio ci toccò andare a Sanremo. Per vendicarsi il discografico ci fece soggiornare in un hotel che noi chiamammo La Piattola perché le stanze erano piene di insetti. E i lettini così stretti che sembravano bare. Però alla Ricordi esplodemmo".
Quel successo vi travolse?
"Artisticamente no, eravamo affiancati da un ottimo staff e pensavamo solo a crearci più repertorio possibile. Umanamente diciamo che potrei farle un elenco di 2-3 giorni delle follie che facemmo. Ma non glielo farò".
maurizio vandelli lucio battisti 43
Grazie a questo successo lei riuscì a conoscere un'altra band che all'epoca non andava malissimo, i Beatles.
"Non facendoci grandi figure però. Un giorno ero a casa di due amici comuni, c'era anche Lennon. In una nuvola di fumo che preferisco non definire partì una jam session con tanti strumenti etnici, si crea un'atmosfera fantastica, rovinata a un certo punto da una piccoletta dai tratti orientali che stonava e faceva chiasso.
Chiesi a Lennon chi è quella "p. che fa casino?", e lui "Temo sia mia moglie". Avevo appena incontrato Yoko Ono. Quanto a Paul, ci trovammo nello stesso ristorante. Gli fui presentato come "il leader del più grande gruppo beat italiano". Sul volto gli si dipinse una smorfia di disgusto, pensando a chi erano i Beatles, e a fine cena neppure mi salutò".
Più piacevole il rapporto con Lucio Battisti.
maurizio vandelli equipe 84
"Decisamente. Un genio. Lo portai io in Ricordi, ma lo dico senza assumermi meriti, solo un dato di fatto: gli presentai Mariano Rapetti, padre di Giulio-Mogol e direttore dell'etichetta. E gli suggerii che le sue canzoni doveva cantarle lui".
Era così spigoloso come si dice?
"Macché, un gran battutaro. E noi ricambiavamo. Un giorno lo aggredii perché aveva appena cantato una canzone porno. Lui allibì. E io "certo, Balla Linda vuol dire testicolo pulito". Poi Lucio era un po' fatto a modo suo. Ha presente i foulard che metteva spesso? Erano miei, me li aveva presi a casa mia aprendomi gli armadi, e mai ridati".
Avaro come si dice?
"Di più. La famosa leggenda che fosse fascista e finanziasse gruppi neofascisti era una palla anzitutto perché figuriamoci se lui poteva finanziare qualcuno. E se andava al bar con gli amici, prendeva il caffè e usciva dicendo "auguri a tutti"".
Però le regalò "29 settembre".
"E che regalo fu! Me la fece ascoltare con la chitarra, l'inizio non mi convinceva. Finché non partì la strofa "Poi d'improvviso lei sorrise", e fu una folgorazione, un'apertura di mondo".
A proposito di capolavori regalati, è vero che fu lei a far dare "Senza luce" ai Dik Dik?
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"Le cose andarono così. A Londra ascoltai un concerto dei Procol Harum in cui spiccava questa A whiter shade of pale. Nei camerini il cantante Gary Brooker mi regalò la lacca originale, è dispersa in casa mia. Quando provammo a suonarla mi resi conto che non avere un organo in formazione era un ostacolo insormontabile. Così dissi a Lucio di darla ai Dik Dik, che invece lo avevano".
Mentre "Io vagabondo" la fecero i Nomadi invece che voi. Rimpianti?
"Per nulla. Capolavoro, intendiamoci, ma quando la sentii, percepii netta la voce di Augusto Daolio come quella ideale. Andai a Novellara a portargliela"
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Sciolta l'Equipe 84 lei si mise a fare il pubblicitario. Stanco della musica?
"Abbastanza, sì. Non che il mondo dei pubblicitari fosse tanto meglio: lavoravo a Londra, presto scoprii che erano i capi delle aziende committenti a ideare gli spot, noi facevamo solo da prestanome. Tornato in Italia feci tanti spot musicali, ricordo il primo disco di Fiorello, Veramente falso".
Poi beccò l'onda del revival. Con "29 settembre" a fine anni Ottanta la trasmissione "Una rotonda sul mare". Circola voce che sia stato anche per il fatto che il padrone di Canale 5 sia nato proprio quel giorno.
"L'ho sentita anch'io. Spesso la gente parla solo per parlare, quella è un capolavoro e io non mi ritengo una cima ma sono bravino. E fu l'ultima volta che sentii Battisti: mi fece una telefonata di10 secondi per complimentarsi per arrangiamento ed esecuzione".
yoko ono john lennon
Ma non le dà fastidio questo revival? È una condanna a fare sempre le stesse cose.
"No, suvvia, io sono un musicista, amo fare la musica sulla base delle emozioni che mi dà. E a me la musica piace tutta, anche quella di oggi, eliminerei solo la trap che inneggia a droga e omicidi. Poi amo sempre fare i concerti: adesso uso dei maxischermi con cui duetto con amici come Shel Shapiro, ovviamente registrati, in tante canzoni. Un modo per averli sempre con me"
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