vanity fair francesco vezzoli
Dopo la copertina dedicata a Milano (gratis in tutta la Lombardia) e quella in omaggio ai lavoratori che nell’emergenza Covid hanno messo mani e coraggio per affrontare l’inferno (introiti devoluti interamente all’Ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo) Vanity Fair completa la sua trilogia e mette in cover un’opera regalata da Francesco Vezzoli che verrà battuta all’asta e il cui ricavato andrà a un fondo per le imprese in difficoltà. Intanto l’edicola premia (+63%) e l’Ad di Condé Nast, Fedele Usai, decide di integrare al 100% lo stipendio degli impiegati in cassa integrazione.
1. L'ITALIA SIAMO NOI, IL NUOVO NUMERO DI VANITY FAIR A SOSTEGNO DELLE IMPRESE ITALIANE
In edicola da domani, 8 aprile, il terzo atto nella trilogia di Vanity Fair dedicata all’emergenza Covid-19: nel primo un messaggio da Milano all’Italia e al mondo; nel secondo una celebrazione degli “eroi” impegnati in prima linea in questa lotta globale; in quest’ultimo un manifesto a sostegno delle imprese italiane, con le visioni su cosa servirebbe per superare la crisi causata dal virus e gli interrogativi sui mercati di domani.
La copertina è un’opera creata in esclusiva per Vanity Fair dall’artista Francesco Vezzoli, in omaggio a Lucio Fontana: ritrae una tela tricolore con un taglio che rappresenta una ferita ma anche uno spiraglio.
giampaolo grandi emanuele farneti fedele usai
L’opera verrà messa all’asta e il ricavato sarà devoluto in beneficenza a sostegno delle imprese.
Il titolo scelto è #L’Italiasiamonoi, hashtag che vuole celebrare quell’unità e quella creatività italiane che hanno da sempre permesso a questo paese di trarre il meglio dalle peggiori situazioni che ha storicamente dovuto affrontare.
All’interno del numero, invece, Vanity Fair ha chiamato all’appello la voce autorevole di Premi Nobel, filosofi, amministratori delegati, presidenti delle filiere italiane più importanti insieme a poeti, artisti e designer per interrogarsi sul mondo che ci aspetta dopo il virus e su come affrontare l’emergenza economica che segue quella sanitaria.
MARIA GRAZIA CHIURI E PIER PAOLO PICCIOLI FOTOGRAFATI DA PETER LINDBERGH
Tra i tanti i personaggi: il Premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz che descrive la sua nuova visione dello stato nel mercato globale post virus; l’economista ed ex ministro Enrico Giovannini che analizza la situazione economica italiana; il filosofo Silvano Petrosino che parla del nuovo senso del tempo; i designer Mariagrazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli che scrivono due lettere di riflessione sullo stato e sul futuro della moda; l’esperta Li Edelkoort che descrive le tendenze a venire nella creazione e produzione di beni; il Presidente del Salone del Mobile, Claudio Luti, che parla direttamente al Governo; il regista Luca Guadagnino che analizza il mondo del cinema e il futuro dell’intrattenimento; il cantautore Tommaso Paradiso che scrive dell’importanza di conoscere il passato per comprendere il domani.
francesco vezzoli e dago foto di bacco
Nel numero speciale, ci sono anche interviste a personaggi chiave nel mondo dell’automobilismo, dell’hotellerie, del food, del beauty e delle tecnologie per capire come gli investimenti nel digitale potranno essere, tra gli altri fattori, la chiave per il futuro.
2. COSA FARE DELLA MODA AI TEMPI DEL LOCKDOWN? - “LA MODA NON È AVULSA DALLA REALTÀ. LA MODA È CIÒ CHE ACCADE”. CHIACCHIERATA CON FEDELE USAI, AD DI CONDÉ NAST
Fabiana Giacomotti per ''Il Foglio''
“Quando la gente mi chiede della guerra, di quanto sia difficile realizzare e pubblicare un magazine come Vogue in questo momento, rispondo sempre: che razza di rivista credete che sia? Le mode non sarebbero tali se non rappresentassero lo spirito, le necessità e le restrizioni del loro tempo”. Era il 1941 quando Edna Woolman Chase, per trentotto anni alla guida del mensile americano, record tuttora imbattuto, rispondeva piccata alle osservazioni del Fashion Group di New York in uno speech che è passato alla storia.
fedele usai
Alle conclusioni sul ruolo sociale e storico dell’editoria di moda pare fosse arrivata dietro suggerimento della sua omologa inglese, la formidabile Audrey Withers che pochi mesi dopo avrebbe inviato sul fronte francese come fotoreporter Lee Miller, ex modella di Vogue e musa di Man Ray che sì, fu fra le prime a entrare nel campo di concentramento di Dachau e sì, ne pubblicò le immagini su Vogue. Di quegli ipotetici retroscena rimase però il risultato di un boom editoriale che le edizioni del mensile non avevano mai sperimentato prima di allora e che l’attuale ceo di Condé Nast Italia, Fedele Usai, intende emulare: “La moda non è avulsa dalla realtà. La moda è ciò che accade”.
Modus. I modi, la percezione di quello che la gente vuole sentire e capire oltre, ma anche dentro ai vestiti. La linea editoriale di allora è quella di oggi: “Rispondere alle aspettative” del lettore “sviluppando il senso di comunità” senza mai perdere di vista la propria missione. Nelle ultime tre settimane, grazie anche a una serie di iniziative promozionali free e alle iniziative di engagement costante delle redazioni, le edizioni online delle riviste del gruppo si sono avvicinate ai 26 milioni di utenti singoli, un risultato eclatante rispetto ai 22 milioni pre-pandemia, benché Usai aspetti la fine dell’emergenza per tirare le somme: per parafrasare uno slogan ormai entrato nel lessico comune, vincere adesso, con milioni di persone agli arresti domiciliari che aspettano solo di essere informate e intrattenute, è fin troppo facile.
Vezzoli
Però, è adesso che si creano i legami, i “bond” che nel settore editoriale sono moneta corrente. La fedeltà al brand, il senso di adesione e di appartenenza. E dunque, ecco l’ultimo numero di Vanity Fair dedicato agli operatori sanitari, ai farmacisti, agli impiegati e ai volontari impegnati nella lotta contro la pandemia, in edicola per due settimane, ricavato interamente devoluto (ma, si intuisce, in buona parte anticipato) all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo; ecco il numero di Vogue di aprile che non è ancora arrivato nelle edicole perché il direttore Emanuele Farneti ha voluto rifarlo integralmente, con lo sforzo reso necessario dallo smartworking che la casa editrice ha adottato fin dal 25 febbraio: parlare al mondo come tre settimane fa non sarebbe stato accettabile.
Soprattutto, non sarebbe stato etico, un aggettivo che ricorre molto spesso nelle osservazioni di Usai, pur conosciuto per la rapidità spiazzante e la determinazione delle proprie decisioni. Etica nei rapporti con i dipendenti (“ci stiamo preparando al rientro, che dovrà essere graduale e flessibile per chi arriva da lontano o chi ha figli.
Ormai non sarà più possibile parlare al solo dipendente, bisognerà tenere conto dei nuclei famigliari”), etica nelle relazioni interpersonali (“è incredibile come questa modalità di lavoro ci abbia avvicinati”), etica nei progetti e nei programmi di sostenibilità (“credo che la moda abbia risposto fra le prime alle sollecitazioni”), etica nell’inevitabile “pulizia” e “razionalizzazione” che si verificherà in molti comparti e molte professioni ridondanti e inutili del settore della moda, si capisce, ma anche della comunicazione e dell’editoria: “Credo che un certo approccio fai da te sia finito, torneranno le competenze”.
francesca airoldi malcom pagani fedele usai simone marchetti
E se adesso, con aziende e distribuzione fermi per tutti i settori non primari, risulta difficile fare previsioni in merito all’andamento pubblicitario (in moltissimi casi, le aziende hanno congelato i budget: solo i più lungimiranti e i più liquidi continuano a investire, perlopiù nella cosiddetta “reputation” di cui scrivevamo qualche giorno fa e che si accompagna alle tante iniziative no profit a favore dell’emergenza) non di meno Usai si ritiene piuttosto ottimista “per un rimbalzo anche minimo nell’ultimo quarter dell’anno (solitamente il più ricco) se avverrà una progressiva riapertura delle attività da maggio in poi”.
Queste settimane di alfabetizzazione digitale urbi et orbi potrebbero addirittura aver rafforzato un mercato ancora limitato sul territorio italiano come l’e-commerce.