DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
1. GIUSEPPE CONTE "QUESTA MANOVRA È UN GRANDE IMBROGLIO E LE BANCHE FESTEGGIANO CON TAJANI"
Estratto dell’articolo di Niccolò Carratelli per “La Stampa”
GIORGIA MELONI GIUSEPPE CONTE - ATREJU
Per Giuseppe Conte il titolo di questa manovra è «il grande imbroglio». Il presidente del Movimento 5 stelle quasi non si capacita «di una premier che mistifica la realtà, diffonde dati falsi e mente spudoratamente ai cittadini. Mai vista una cosa del genere».
Secondo Conte, non è un episodio, ma una modalità di comunicazione ormai consolidata. «L'altro giorno è venuta in Parlamento a chiedere alle opposizioni di votare Fitto come commissario in Europa in nome dell'interesse nazionale – ricorda – sostenendo che lei e Fratelli d'Italia avevano appoggiato Gentiloni all'epoca del governo Conte 2. Un'altra menzogna».
Come quella di aver stabilito il record di investimenti nella sanità?
«I numeri, che le abbiamo riepilogato, mostrano che gli investimenti in rapporto al Pil non sono mai scesi così in basso dal 2007. Se consideriamo l'inflazione, i costi energetici e del personale, lo stanziamento previsto avrà l'effetto di ulteriori tagli su un sistema sanitario già a pezzi, da Nord a Sud».
Meloni ha insistito sbandierando anche sui social l'aumento in termini assoluti per il fondo sanitario…
«Oltre che un corso di economia, dovrebbe fare un corso di etica pubblica, per le menzogne che dice. Se approfitta del suo ruolo istituzionale per diffondere falsità, poi è chiaro che i cittadini non vanno più a votare. Come sugli extraprofitti delle banche: è il secondo anno che prende in giro gli italiani». […]
2. SOLDI ALLA SANITÀ: TU TTE LE BUGIE DI MELONI
Estratto dell’articolo di Marco Palombi per “il Fatto quotidiano”
Giorgia Meloni ha una tendenza, non nascosta, a reagire male alle critiche. Nel farlo, le capita spesso di buttarsi sulla propaganda più becera o, se preferite, di mentire spudoratamente.
giorgia meloni alla camera foto lapresse
Ieri è stata la volta della Sanità, buco nero della nostra storia recente e non per colpa (solo) di questo governo: “Sento molte falsità in queste ore su Sanità e legge di Bilancio – ha scritto sui social – E allora facciamo ancora più chiarezza: +6,4 miliardi per la Sanità in due anni (+2,37 miliardi nel 2025 e +4,12 miliardi nel 2026). Record della storia d’Italia per il fondo sanitario nazionale: 136,48 miliardi nel 2025 e 140,6 miliardi nel 2026”.
Sempre via social si è presa la rispostaccia di Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, che da molti anni s’impegna contro il disastro del Ssn: “Gentile Presidente Giorgia Meloni, il suo tentativo di fare più chiarezza confonde ulteriormente. Perché Lei somma le risorse assegnate alla Sanità in due leggi di Bilancio: 2024 e 2025. In attesa del testo della manovra, stando al Dpb i numeri sono: + 0,86 miliardi di euro nel 2025 ; + 3,1 miliardi nel 2026; + 0,17 miliardi nel 2027”.
Detta in breve, ha ragione Cartabellotta: il Documento programmatico di bilancio (Dpb) inviato a Bruxelles certifica che la manovra assegnerà all’ingrosso quei soldi “netti” alla Sanità. Per l’anno prossimo significa circa 880 milioni in più – invece dei 3 o 4 miliardi chiesti dal ministro della Salute Orazio Schillaci – portando il fondo per il Ssn a 136,5 miliardi di euro, il 6,2% del Pil, come quest’anno e come quello prima, il livello più basso dal 2007 che il governo promette di mantenere (non aumentare) nei prossimi anni.
Quella che aumenta invece è la spesa diretta delle famiglie in salute, quella cosiddetta out of pocket: 40,6 miliardi nel 2023 (Istat), una decina in più in un decennio. “Lasci stare i record”, ha maramaldeggiato Cartabellotta, “altrimenti citiamo come triste primato i 4,5 milioni di persone che non si curano più, di cui 2,5 milioni per ragioni economiche”.
Insomma, niente record, se non quello insensato del totale nominale di finanziamento del Ssn: una cifra “record” con cui si pagano meno medici e infermieri e si acquistano meno servizi sanitari che in passato...
Torniamo allora alla spesa in rapporto al Pil: nato nel 1978, il Servizio sanitario nazionale pesava per il 4,7% del Pil nel 1980, per poi salire fino al 2010 (in zona 7%), il momento in cui inizia il tracollo. Oggi e per diversi anni, come detto, saremo al 6,2%, un livello inferiore alla media Ocse (6,9%) e alla media Ue (6,8%), lontanissimo dai numeri di Germania (10,1%) o Francia (11,8%) e che ci colloca all’ultimo posto nel G7.
Per capirci, colmare quello 0,6% di differenza con la media europea significherebbe, ai prezzi attuali, spendere in salute oltre 12 miliardi l’anno in più.
[…] La fase di definanziamento del Ssn inizia nel 2010 con Berlusconi e subisce un’accelerazione inaudita con Monti. I governi successivi (Letta, Renzi, Gentiloni, Conte-1) si sono limitati a gestire il declino della sanità pubblica finanziando il sistema quasi sempre meno della crescita dei prezzi e del Pil: il risultato, in un quindicennio, è la perdita di posti letto, personale del Ssn, presidi territoriali, medici e pediatri di base con gli effetti che tutti vediamo su liste d’attesa, Pronto Soccorso, etc.
Col Covid ci dissero che sarebbe cambiato tutto, ma non è successo: il governo Meloni è quello del ritorno al business as usual, necessario anche per la stretta alla spesa pubblica contenuta nel nuovo Patto di Stabilità. […]
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