DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Esclusivo: le prime immagini dell'operazione Tom Hagen. Arrestati Salvatore Casamonica e Lucia Gargano, avvocato di Diabolik. Inchiesta di @francescafagnan.
— Non è l'Arena (@nonelarena) February 15, 2020
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ROMANZO CRIMINALE CAPITALE: LA MAFIA È UN'IDRA A MOLTE TESTE
Francesca Fagnani per ''il Fatto Quotidiano''
Nella palude romana i clan sono come l' idra, il mostro acquatico a sette teste, che tagliate ricrescono sempre. "Er Più" a Roma non esiste, c' è spazio per tutti e i capi sono tanti. Le mafie tradizionali - camorra, cosa nostra, 'ndrangheta - continuano a fare affari e soprattutto a ripulire i loro capitali illeciti, immettendoli nei circuiti legali. Gli altri si spartiscono il controllo del territorio e dello spaccio: i Casamonica, gli Spada, il gruppo degli albanesi, i sopravvissuti della vecchia mala romana e poi lui, Fabrizio Piscitelli, Diabolik che sembra essere più interpretabile da morto che da vivo, nonostante ancora non si sappia (o non sia stato ancora reso pubblico) il nome del killer né quello dei mandanti del suo omicidio, avvenuto il 7 agosto scorso.
Quali sono i pesi criminali che controllano oggi la Capitale? Nella puntata di Non è l' Arena in onda questa sera su La7 si cercherà di dare una risposta a questo interrogativo, partendo proprio dall' omicidio di Diabolik, strategico per il riassetto di alcuni degli equilibri criminali della città.
"Piscitelli è morto prima di poterci spiegare tante cose - ci dice il maggiore Stilian Cortese, alla guida del gruppo operativo Antidroga della Guardia di Finanza - Con la sua morte ci saranno grandi cambiamenti negli equilibri criminali della città".
In questa chiave va letta l' operazione Tom Hang realizzata due giorni fa dal Gico, perché fotografa relazioni tra gruppi e interconnessioni tra zone distanti della città impensabili fino a poco tempo fa.
Come quella tra Salvatore Casamonica, boss in grado di trattare direttamente con i cartelli sudamericani l' ingresso a Roma di sette tonnellate di cocaina purissima e proprio lui, Fabrizio Piscitelli, personaggio scaltro ed eclettico, che da una parte godeva della popolarità derivante dal suo essere capo ultrà della Lazio e dall' altra del peso sempre maggiore che aveva acquisito nel mondo della distribuzione della droga a Roma.
Nell' altra recente operazione "Grande Raccordo Criminale", in cui sono finite in cella 50 persone, a capo della banda dedita al narcotraffico erano indicati proprio Diabolik e il suo vice Fabrizio Fabietti. Non entrava un grammo di droga a Roma senza che loro lo sapessero. Diablo si era allargato, tanto, forse troppo.
Da Ponte Milvio, dalla sua Roma Nord era arrivato fino al mare, fino ad Ostia, dove nel frattempo era scoppiata una vera e propria guerra di mafia tra il clan Spada, indebolito dagli arresti dei suoi capi e la batteria che ne voleva prendere il posto: il gruppo di Marco Esposito, alias Barboncino, cresciuto con il clan Triassi e diventato sempre più autonomo. Gli Spada, per anni al servizio del clan Fasciani - i "cani dei Fasciani" a detta di qualcuno - non potevano più contare nemmeno sui vecchi alleati, in carcere, anche loro per mafia.
ARRESTO DI SALVATORE CASAMONICA
Le faide di mafia però non fanno comodo a nessuno, rallentano gli affari e attirano l' attenzione delle forze dell' ordine.
Bisognava imporre la pace e a farlo doveva essere qualcuno che fosse rispettato e riconosciuto dai gruppi criminali in guerra, pur non facendone parte. Come per l' appunto Fabrizio Piscitelli e Salvatore Casamonica, garanti per la batteria di Barboncino il primo e per gli Spada il secondo.
Per questo Casamonica e Piscitelli si siedono attorno ad un tavolo in un ristorante di Grottaferrata: "Ti ripeto Fabri' sappi che io e te ci stiamo mettendo in mezzo per fare da garanti eh! - dice intercettato Casamonica - oh sui miei ti metto tutte e due le mani sul fuoco" risponde Diabolik. A quel pranzo però era presente anche "il francese", un agente infiltrato delle Fiamme Gialle che registrò tutto, compreso un arrivo inatteso, quello di Lucia Gargano, 35 anni, avvocato del foro romano, accusata oggi di concorso esterno in associazione mafiosa.
"Salvatore Casamonica e Fabrizio Piscitelli - spiega ancora il maggiore Cortese - potevano garantire la pace ma avevano bisogno che qualcuno si recasse in carcere da Ottavio Spada, detto Marco, a cui erano stati rivolti tutti gli attentati compiuti ad Ostia. Era necessario spiegare ad Ottavio che non si sarebbe dovuto vendicare, impegnandosi a mantenere la pace". A portare questo messaggio è proprio Lucia Gargano, che però non si ferma qui, ma compie secondo gli inquirenti tutta una serie di azioni illecite per agevolare il clan Spada e altri pregiudicati, come far evadere momentaneamente un suo assistito da una struttura per tossicodipendenti fornendogli denaro in contanti e telefoni con i quali tra l' altro è stato poi contattato Arben Zogu, un noto narcos albanese.
Sembra una fiction, invece è la realtà marcia di Roma, dove per decenni i Casamonica sono stati indagati sempre per gli stessi odiosi reati per finire poi assolti o prescritti. Erano gli anni della Banda della Magliana e nelle sentenze già compariva il nome dei Casamonica, utilizzati dalla Banda per il recupero credito e per spezzare le ossa a chi ritardava i pagamenti. Cosa è successo negli anni successivi? Nulla. Nel 2008 viene condannato Giuseppe Casamonica, uno dei capi del clan, ma nel 2014 la sua condanna viene estinta per prescrizione.
A pensar bene, volendo escludere la malafede o peggio, il fenomeno è stato a lungo sottovalutato tanto da potersi radicare nel territorio romano, crescere e moltiplicarsi.
Vale per i Casamonica, per gli Spada, per lo stesso Piscitelli, che è morto da uomo libero.
La giustizia di quello che un tempo era chiamato "il porto delle nebbie" oggi può dire di aver consegnato alle patrie galere, per mafia al 41bis, gran parte degli capi dei clan romani, grazie soprattutto all' azione tenace del procuratore reggente Michele Prestipino e della sua squadra, tra cui il pm Giuseppe Musarò, che sta portando avanti il maxi processo ai Casamonica, tra le urla e gli insulti dei parenti degli imputati, sempre presenti a tutte le udienze. Finché non si capirà che questa è mafia e non è folklore non andremo lontano, a differenza dei clan.
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