DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Federico Ercole per Dagospia
La Fin Absolue du Monde, è il titolo del lungometraggio maledetto che John Carpenter inventa per quell’opera d’arte sul cinema e di cinema che è Cigarette Burns, ed è inoltre anche il titolo di uno dei capitoli di "Keiichiro, la vera storia del team di reietti che ha inventato Silent Hill", scritto da Fabio Di Felice e pubblicato da Ledizioni.
keiichiro, la storia del team di reietti che ha inventato silent hill
Una titolazione efficace non solo per le corrispondenze allucinatorie e dannate tra l’immagine del film di Carpenter, che conosce assai bene i videogame, e quella del videogioco horror di Konami per la prima Playstation, ma per raccontare l’ossessione per l’apocalisse che maturò in Giappone durante gli anni ’70 a causa della pubblicazione di una serie di libri dal successo fenomenale che consistevano in interpretazioni e totali invenzioni attorno alle profezie di Nostradamus.
Si tratta di uno dei tappeti culturali che Fabio Di Felice (grazie al confronto con Keiichiro Toyama oltre che alle sue speculazioni) ritiene fondamentali per formare, influenzare e ispirare quelle menti che andarono poi ad edificare quell’indimenticabile viaggio nel nebbioso disagio di Silent Hill. O ancora, racconta l’autore, la mania degli UFO che si diffuse per il Giappone dopo il presunto incontro ravvicinato del terzo tipo di due ragazzini. Chiunque abbia giocato Silent Hill si ricorderà di quel finale opzionale, quello in cui il protagonista Harry Mason viene rapito dagli omini grigi e portato via dai loro dischi volanti. Non solo tuttavia profezie, alieni, mostri e la mai dimenticata bomba atomica, ma uno stratificato e profondo universo culturale.
Keiichiro, che appare solo travestito da saggio ma con il rigore di questi, ha invece un andamento narrativo che è quasi romanzesco proprio per la ricchezza dei suoi racconti mai solo aneddotici, costruendo una narrazione epica sul trionfo e l’eroismo della sconfitta come scelta. Un libro necessario perché si parla troppo poco di Keiichiro Toyama, uno dei maestri del videogioco inteso anche come esperimento che poi inventò per Sony il micidiale Forbidden Siren, un trattato teorico sulla visione e sul Game Over che ci lasciava fissare persino la “nostra” morte come personaggi in straordinarie soggettive dei carnefici che ci massacravano.
Si parla troppo poco di Keiichiro Toyama per quella sua attitudine alla migrazione volontaria o imposta da uno studio all’altro, per il suo spettrale fluttuare che lo ha reso una stella solo intravista, mai troppo immobile per essere ammirata e celebrata. Tuttavia il libro di Di Felice lo fa nel migliore dei modi, diventando una lettura imprescindibile, nel mare magnum crescente e non sempre degno di nota della saggistica accademica e non dedicata al videogioco, non solo per chi trascorse a Silent Hill ore di delizia e sofferenza cenobitiche.
UN GIOCO COME RESIDENT EVIL...
“Tokyo 1996. Entrando nell’ufficio dopo avere ricevuto la notizia più eccitante e spaventosa della sua vita, Keiichiro Toyama si rende conto di una cosa molto importante: che lui non ama affatto i videogiochi horror. Anzi a dirla tutta non ama gli horror in generale. Lo hanno sempre spaventato...”
Comincia così, con una prosa che ha un andamento kinghiano se non alla Matheson dei racconti, oppure quello di un incipit dei Twilight Zone di Rod Sterling, il saggio/racconto di Di Felice. Si narra -prima di un vertiginoso flashback corale, sociologico e lirico- di come la Konami chiese al giovane Toyama di realizzare un videogame sulla scia del successo clamoroso di Resident Evil di Capcom. Ecco dunque che la suggestiva narrazione di Di Felice funziona per raccontare il motivo per cui Silent Hill risultò infine cosi diverso dal videogame di Capcom, così unico da diventare subito un cult dell’horror interattivo e non solo, tra derive e digressioni memorabili come quella delle pagine intitolate “se fosse un film”.
Qui Di Felice fa corrispondere Masahiro Ito, geniale inventore di forme mostruose uniche che contribuì al disegnò delle creature di Silent Hill, a Jacob’s Ladder di Adrian Lyne, film straordinario quanto sottovalutato e quasi dimenticato, senza dubbio l’opera migliore del regista di 9 settimane e mezzo e Attrazione Fatale. In Italia fu intitolato “Allucinazione Perversa”, forse per stuzzicare il pubblico con un allusione alle “perversioni” erotiche del film con Mickey Rourke e Kim Basinger.
Risulta davvero affascinante anche il racconto di come Toyama pensò la cittadina di Silent Hill perennemente avvolta dalla nebbia, nella volontà sempre crescente di emanciparsi ancora dall’orrore più vivido, sanguigno e policromatico di Resident Evil. La lettura di The Myst di Stephen King e dei romanzi di autori amati ma non troppo dal grande pubblico come Dean Koontz con Phantoms e Robert McCammon con L’Invasione. La storia di Di Felice su Silent Hill è una storia di corrispondenze, affinità, colti opportunismi citazionistici, passioni.
Non solo Keiichiro Toyama dunque tra terrorizzanti vecchie contadine con la falce, letture proibite, leggende metropolitane... Si tratta appunto di un team di reietti, non solo di lui. Quindi il musicista Akira Yamaoka, gli artisti Naoko Sato, Isao Takahashi e il già citato Masahiro Ito. Qualcuno di loro seguirà Keiichiro Toyama nella sua vita nomade quasi da Ronin, continuando a collaborare per i suoi sogni neri.
Fabio Di Felice ha composto un trattato (o una cronaca romanzesca senza “romanzare” la realtà) che risulta esemplare per raccontare quello che c’è dietro, davanti, oltre il videogame. Una storia di persone, di libri, cinema, musica e (ovviamente) di giochi in un mirabile equilibrio tra divulgazione, racconto e persino rigore scientifico.
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