1. EMMA DANTE: "HO DETTO DI EVIRARE CHI STUPRA MA NON VOGLIO GUERRE DI SESSI"
Estratto dell'articolo di Adriana Marmiroli per “La Stampa”
emma dante
«A che vi serve quel coso moscio, quel pezzetto di carne che pesa meno di un etto, quella protuberanza fastidiosa, centro del maschio, centro del mondo, quel palloncino che si gonfia con la pompetta della libido e diventa arma tagliente, pugnale penetrante, esaltazione dell'io, pene immondo che insozza la poesia di corpi sublimi fatti di vallate e promontori?».
Ieri ha scritto queste parole su Facebook la regista Emma Dante e il web (maschile) è esploso.
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Più pesante proprio Emma Dante: «Perché non asportarlo subito quel pungiglione velenoso? Sarebbe un grande rimedio, finalmente, evirare il maschio portatore di fallo fallace a scopo sanitario e ascetico. Allora, questo genere di maschi, ripuliti da superflui pezzi di carne, canterebbero melodie soavi con le loro voci bianche...».
I fatti di Palermo l'hanno colpita e ferita, ci ha pensato per giorni. E ieri «è sbottata». «Quello stupro - dice a La Stampa - è come un omicidio. Che vita avrà mai più questa ragazza? Lei sarà come morta dentro, mentre i suoi carnefici riprenderanno presto la loro vita. Un reato come lo stupro va equiparato all'omicidio».
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stupro di gruppo a palermo
Si aspettava le reazioni? Molti uomini si sono offesi.
«Quando gli tocchi quel coso lì, che hanno tra le gambe, impazziscono, non capiscono più nulla. La mia era solo una provocazione, anche se con parole violente. Rivolta a un certo tipo di maschio e dall'utilizzo che fa del suo pene. Mi pareva chiarissimo. Poi ho visto e letto e ho messo un titolo, ho contestualizzato: "Agli stupratori". Be' non è cambiato nulla».
Insomma, nessun proclama o invito alla guerra dei sessi?
«Non potrei mai avvallare una cosa violenta come la castrazione. Né voglio la guerra dei sessi. Anche se le risposte che ho ricevuto mi dicono che forse, invece, è in corso».
Cosa l'ha più colpita?
matteo salvini diretta instagram
«Oltre alle immagini, la sorte di questa ragazza che penso morta dentro. Mentre i suoi violentatori già si stanno trincerando dietro agli avvocati e alle solite scuse. Li vedo: tra pochi anni in giro con il loro miccio teso. C'è una letteratura violenta e pericolosa che li protegge, figlia di una realtà distorta. È come se si fosse rimasti ancorati a quando lo stupro era offesa al pudore, alla famiglia, alla società. E infatti si poteva "riparare" con il matrimonio. Immagina la vita di una donna costretta a vivere con colui che l'ha violentata?»
Nessuna possibilità di invertire questa "cultura"?
«Quella della violenza maschile (ogni tipo di violenza) contro le donne è questione culturale. La famiglia e la scuola dovrebbero intervenire educando: da bambini ma ancora di più da adolescenti. Bisognerebbe istituire a scuola l'ora di educazione sessuale, in cui non si insegna la riproduzione ma gli svariati e illimitati piaceri che può regalare la sessualità consenziente in tutte le sue forme».
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VITA, MORTE E POCHI MIRACOLI DELLA REGISTA (DIVENTATA “SALVINIANA”) EMMA DANTE
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DAGOREPORT
Nel giugno scorso, alla Scala, per “Rusalka” la regista palermitana Emma Dante aveva creato una sirena tutta sua, non bella e senza coda, con al posto della coda una raggiera di tentacoli che si agitavano pericolosamente.
Chi seduce una sirena così? Nessuno. Infatti, la sirenetta diventata piovra si presenta in scena su una carrozzella. Sapete perché? “Rusalka si è fatta invalida, priva di quelle gambe necessarie a far parte del mondo degli uomini, quelle gambe che piacciono agli uomini”, spiega Emma Dante. Insomma, un Tafazzi al femminile pronta a menomarsi pur di non essere femmina.
Non darla mai vinta a quegli stronzi dei maschi, sino a tagliar loro il cazzo (partendo dagli stupratori, poi si vedrà: si aprano le cliniche), è il mantra di Emma Dante. Tanto i maschi non servono nemmeno per fare bambini. “Avrei potuto diventare madre per vie naturali, ma non ci sono riuscita... Volutamente non mi sono sottoposta a pratiche di fecondazione assistita, tanto meno alla maternità surrogata: il mondo è pieno di bambini che aspettano di avere genitori e ci sono tanti potenziali genitori che vogliono avere figli”: ha adottato un bambino russo. Lo ama.
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Ma le donne che uccidono i figli come Medea… beh, per quelle Emma cerca sempre una giustificazione (“Verso Medea”, luglio 2007, Palazzo Venezia a Roma): “Quante volte si legge, drammaticamente, nella cronaca nera di donne che uccidono i propri bambini. Cose terribili, che non sono spiegabili se non riflettendo sul fatto che queste madri non riescono evidentemente a integrarsi nel contesto in cui vivono, non accettano il loro habitat, se ne sentono estranee e ciò scatena una reazione insensata, che non è codificabile rispetto al comune alfabeto sociale e civile”: in questo caso la colpa è della società.
Le donne sono delle sante, sempre. Nei “Dialoghi delle Carmelitane” di Poulenc messo da lei in scena nel dicembre dell’anno scorso a Roma le sedici suore salgono sul patriarcale patibolo di Place de la Concorde e cadono sotto la ghigliottina del boia (maschio) con grande crudeltà. L’homo sapiens maschio uccide. E se le Carmelitane hanno rinunciato alla loro femminilità, e il loro letto è tomba e ghigliottina, in “Misericordia” (Piccolo Teatro, dicembre 2019) Arturo è figlio di una donna vittima di femminicidio: “La madre è stata ammazzata a calci, pugni, morsi... massacrata dal suo uomo a mani nude, come purtroppo accade spesso tra le mura domestiche.
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Molte vittime di violenze spesso non denunciano per paura. Alcune mogli, fidanzate, compagne arrivano a giustificare i loro aguzzini, pensano che la prepotenza dei loro mariti, fidanzati o compagni sia dettata dall’amore. Agghiacciante. Il femminicidio è una grave piaga sociale e non va mai accantonato, dimenticato, mai abbassare la guardia. Va sempre denunciato. Ecco perché affronto questo tema nel mio teatro”. E dopo la denuncia viene oggi la proposta di evirazione.
Emma è per la Cancel-culture, per riscrivere le fiabe a modo suo. Nel dicembre del 2018
propone un suo “Hans e Gret” alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino dove i due fanciulli sono vittime di una violenza domestica. Quando mette in scena “La scortecata” di Giambattista Basile, un’opera del Cinquecento (nel 2018 a Roma) una delle due sorelle chiederà a un barbiere di scorticarla “da capo a piedi” e quello farà “macello di quel torsolo, che piovigginava e piscettava tutta sangue e di tanto in tanto, salda come se la stesse radendo, diceva: Uh, chi bella vuol sembrare pena deve pagare”. Sangue, morte e uomini assassini: del resto anche in “Pupo di zucchero”, sempre da Basile, era tutto un accatastarsi di bare per colpa dei maschi.
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Del resto, nel 2015 Emma riscrive anche la “Cenerentola” di Rossini con cui debutta al Teatro dell’Opera. La sua è una Cenerentola malmenata, figlia del sopruso. “È una favola che ha elementi violenti – racconta - essendoci questo rapporto familiare difficile, complesso, conflittuale col patrigno e anche con le sorellastre, e lei che viene spogliata dei suoi averi da queste creature perfide. Si intravede una violenza domestica su di lei”.
Patriarcato, maschi che mette a nudo, cioè nudi sul palcoscenico del Piccolo, ma come “Bestie di scena” (2017): “Agli attori (maschi ndr) che lavorano con me chiedo di partire sempre dalla propria animalità fino ad arrivare alla perdita della vergogna. Ecco, i miei attori sono animali da palcoscenico, non nel senso di talentuosi mattatori come indicherebbe la lingua italiana, ma, come è in francese, bestie, nella loro totale nudità e sincerità”. L’uomo è una bestia, cioè il maschio è una bestia. Da evirare.
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