Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
speranza draghi
«Avete visto il Financial Times?». Quando ieri il premier ha posto l' interrogativo, i suoi interlocutori hanno capito che non era una domanda ma un messaggio politico.
Con i media nazionali concentrati sull'attacco di Salvini al governo per l'orario del coprifuoco, c'è un motivo se il presidente del Consiglio ha indicato il quotidiano della City, che ha dedicato il titolo principale della prima pagina al piano da 221 miliardi di cui Draghi si servirà «per ricostruire l'economia italiana devastata dalla recessione». È stato un modo per ribadire quali sono le sue priorità.
prima pagina del financial times del 22 aprile 2021 sul recovery plan di draghi
Cosa che peraltro era parsa già chiara la sera prima in Consiglio dei ministri. Quando Giorgetti aveva annunciato che la Lega non avrebbe votato il decreto sulle riaperture - «e non lo sto a spiegare perché tanto li leggete i giornali» - il premier si era limitato a un laconico «bene» prima di dare la parola a un altro ministro per andare avanti con l'ordine dei lavori. E il dibattito sarebbe proseguito come nulla fosse, se il titolare della Cultura non avesse chiesto d'intervenire per sottolineare quanto fosse «grave» la decisione del Carroccio.
GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI
A quel punto, siccome non poteva più esimersi dal farlo, Draghi si era espresso brevemente sul tema. E dopo aver citato per tre volte lo stesso aggettivo di Franceschini, aveva chiuso l'argomento. Senza caricare di enfasi lo strappo di Salvini, senza concedere spazio alla retorica dell' indignazione.
Sapendo di avere già in tasca il compromesso, e cioè la modifica del decreto a metà maggio se i dati sulla pandemia miglioreranno. E se il premier non ha concesso altro al capo della Lega, è perché - racconta un autorevole ministro - «dopo aver messo all'angolo Speranza sulle riaperture e aver detto che la Sanità è tutta da rifare, non aveva intenzione di assecondare richieste fuori sacco e alimentare polemiche». Il caso per Draghi è chiuso.
ROBERTO SPERANZA MARIO DRAGHI
Così riesce a tenere separati due mondi: da una parte la politique d'abord, con le tattiche dei partiti e le diatribe quotidiane; dall'altra l'azione del governo e la strategia d'intervento su quelle che considera le uniche priorità. È sul piano vaccinale e sul Pnrr che il premier concentra le energie, conscio dei molti rischi e del poco tempo a disposizione. Infatti, quando gli propongono scenari troppo proiettati sul futuro, interrompe la discussione e dice sorridendo: «Di questo parleremo un' altra volta. Anche perché non si sa mai, non vorrei che tra qualche giorno mi ritrovassi immerso nel pantano».
GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI
Per evitarlo deve trasformare il Recovery plan da pensieri in opere senza omissioni. Ieri si è compiaciuto per la bozza «complessa e fatta molto bene», che si regge su due pilastri: la digitalizzazione e la transizione ecologica. «È importante - ha commentato al termine del vertice - che emerga il disegno di ripartenza e crescita del Paese».
Se oggi il Consiglio dei ministri discuterà il progetto senza votarlo, non è solo perché il premier attende di verificare eventuali richieste di implementazione da parte dei rappresentanti di governo. È anche per una forma di attenzione e di rispetto verso il Parlamento, che la prossima settimana esaminerà il Pnrr nelle Aule di Camera e Senato.
Sull'altro fronte, il piano vaccinale, Draghi continua a essere rassicurato sulla piena riuscita dell'operazione che sta completamente nelle mani del generale Figliuolo.
Giorgetti Salvini
Su questo punto con le Regioni c'è stato ormai un definitivo chiarimento, se è vero che la struttura commissariale ha inviato la direttiva sulle vaccinazioni accompagnandola con la sentenza della Consulta dello scorso febbraio, lì dove viene spiegato che «spetta allo Stato determinare le misure necessarie al contrasto della pandemia» provocata dal virus cinese.
Piuttosto è sul rifornimento delle dosi che prosegue una battaglia quotidiana. Si attende ormai con impazienza che AstraZeneca proceda alla consegna già pattuita di due milioni e mezzo di dosi. Fonti qualificate spiegano che la multinazionale biofarmaceutica continui a tardare opponendo motivazioni che paiono «inaccettabili».
FRANCESCO PAOLO FIGLIUOLO
Per esempio, se la società anglo-svedese ha sette stabilimenti in Europa, non si capisce perché attribuisca il ritardo a problemi avuti in un suo stabilimento in India. E cosa c' entri l'attesa di un'autorizzazione dell' Ema per una fabbrica in Cina, dove la struttura commissariale ha scoperto che l'azienda non produce fiale ma solo la materia prima del vaccino. La minaccia di una pesante azione risarcitoria è un modo per accelerare la consegna delle dosi e assicurare la riuscita del piano vaccinale. Ecco cosa interessa davvero a Draghi per evitare «il pantano».