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    SITI PERICOLOSI - LANGONE: ''ROMANZO REPELLENTE'' - STARNONE: ''UNA STORIA FORTE COME UNA PARABOLA, NON C'È LIMITE AI TEMI CHE PUÒ TRATTARE UNO SCRITTORE'' - MA C'È UNA NUOVA MODA: RECENSIRE IL LIBRO DELLO SCANDALO SENZA AVERLO LETTO. I GIORNALI SI LAMENTANO DEI SOCIAL NETWORK MA SONO UGUALI: BASTA SCRIVERE PER ESSERE 'TRENDING', IL CONTENUTO NON IMPORTA


     
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    WALTER SITI BRUCIARE TUTTO WALTER SITI BRUCIARE TUTTO

    1.PREGHIERA

    Camillo Langone per ''Il Foglio''

     

    In attesa di risorgere, oggi Cristo è all' inferno, il posto dove vedrei bene Walter Siti.

    "Bruciare tutto" è un romanzo repellente (definisco repellente qualsiasi narrazione incentrata sulla pedofilia, anche se soltanto sognata, anche se, ma non è il caso di questo libro ambiguo, condannata). E' inoltre un romanzo ignorante, o che maliziosamente si finge tale, dunque capace di far credere al lettore non cattolico che i preti portano la tonaca e hanno la perpetua come negli anni Cinquanta, e che il cristianesimo è una forma di masochismo collettivo: "L' arte è un piacere a cui il cristiano non ha diritto".

     

     

    LANGONE LANGONE

    Perché questa frase sconsiderata acquisti un minimo di senso bisognerebbe bruciare milioni di fondi oro, icone, Madonne, Maddalene, Santi, Angeli, patriarchi, pastori, Magi, figlie di Lot, mogli di Putifarre, Tama re, Susanne e Betsabee, oltre a innumerevoli ritratti di Papi e cardinali, ed ettari di affreschi su su fino alla Cappella Sistina, e poi tutto Bach, Palestrina, Franck, Messiaen, Górecki, Part, gli organi, i cori, il gregoriano, la polifonia, e potrei proseguire fino a redigere un elenco lungo quanto il romanzo in oggetto e più avvincente. La preghiera è di non incontrare estimatori di Walter Siti almeno fino alla prossima quaresima.

     

     

    2.L' OPERA DI SITI È UN DIBATTITO SENZA FINE

    Raffaella De Santis per ''la Repubblica''

    walter siti walter siti

     

     

    Due giorni dopo la stroncatura firmata da Michela Marzano su Repubblica, Bruciare tutto di Walter Siti (Rizzoli) continua a dividere e infiamma la Rete. Contrappone su opposti fronti scrittori, lettori e critici letterari. Il romanzo racconta la storia di un prete pedofilo in continuo colloquio con la sua coscienza e con Dio. Il protagonista rifiuta le avance di un bambino che finisce poi per suicidarsi. Tante le immagini scioccanti, tra cui il corpo del piccolo Aylan che attrae i pedofili sul deep web. Ed è tutta da chiarire, poi, la dedica a don Lorenzo Milani che apre il romanzo.

     

    Marzano ha sottolineato le "premesse gratuitamente scandalistiche" del libro, inchiodandolo a due domande semplici: "Che scopo si prefigge Siti?". "È letteratura questa?".

     

    Si vuole capire insomma come la letteratura possa e debba rappresentare il male. Goffredo Fofi non è d' accordo: «Ancora discutiamo di questo, è una questione preistorica». Aldo Busi, che nei suoi libri ha violato ogni tabù, risponde via sms con caustico sarcasmo: «Da quel che ho letto sul romanzo, è impostato su un prete che si fa degli scrupoli Non leggo libri di fantascienza». Ma dopo la prima stroncatura, gli addetti ai lavori sembrano andare tutti verso una stessa direzione.

    Walter Siti Walter Siti

    «L' unica cosa che conta per un critico è se Bruciare tutto è una porcheria o un capolavoro», ha scritto Marco Belpoliti su Repubblica.

     

    Emanuele Trevi, che ha risposto a Michela Marzano con una recensione sulle pagine del Corriere della sera, lo ha letto come romanzo della tentazione, più che della colpa: «Davvero magistrale è la mano di Siti nel dipingere questa condizione di mortificata ansietà, questa lussureggiante foresta di scrupoli e ossessioni, fino alle sue inevitabili conseguenze tragiche». E si schierano anche le case editrici: Paolo Repetti, direttore editoriale di Einaudi Stile libero twitta in maniera più problematica: «La grande letteratura guarda nell' abisso. La falsa letteratura lo corteggia».

     

    Ma la letteratura deve temere il male? No, sostengono in tanti, a patto però che sia letteratura. Vale semmai il contrario: «Se un libro riesce a consegnarci il male - dice il critico Massimo Onofri sempre sul Corriere della sera - questa può essere un' operazione moralmente molto più nobile, più della "condanna edificante" del male stesso». E qui abbondano i soliti esempi tirati in ballo, dai Demoni di Dostoevskij a Lolita di Nabokov. Sarà un caso, o un gioco studiato a tavolino, ma nelle prime pagine del romanzo di Siti, Leo, il prete protagonista, è coinvolto in un caso di cronaca: «Vedrai - dice - i giornali domani si scateneranno».

     

     

    3.DOMENICO STARNONE "UNA STORIA FORTE COME UNA PARABOLA"

    Raffaella De Santis per ''la Repubblica''

     

    DOMENICO STARNONE DOMENICO STARNONE

    Domenico Starnone non solo ha già letto il libro di Walter Siti, ma l' ha apprezzato come parabola del desiderio, storia di perdizione che lega il prete e il bambino in un abbraccio mortale: la dannazione di uno è la salvezza dell' altro. Tutto racchiuso nella frase terribile al capezzale del piccolo Andrea, che si è suicidato dopo essere stato respinto: «Perdonami, dovevo accettare di fare l' amore con te, qualunque prezzo mi fosse costato».

     

    Pensa che ci sia un limite a ciò che si può raccontare?

    «No. Uno scrittore ha l' obbligo sempre di spingersi oltre le sue stesse colonne d' Ercole. Se non lo fa, rischia di coltivare un suo orticello risaputo con fiorellini dati una volta per tutte. Siti è uno scrittore di gran livello e a ogni libro si spinge più avanti, a suo rischio e pericolo. Cosa che ai miei occhi è ammirevole».

     

    Qual è la sua lettura del romanzo?

    «A me è sembrata una riflessione estrema sul desiderio, una sorta di teologia angosciosissima della tentazione. Il personaggio del prete è robusto, vivo, con una densità culturale che permette di porre grandi questioni. La storia ha l' andamento della parabola sulla salvezza di uno che passa per la perdizione di un altro».

     

    Ma il problema è che l' oggetto del desiderio è un bambino.

    oscar wilde oscar wilde

    «Siti mette al centro il bisogno d' amore di un bambino e il sofferto sottrarsi di un prete. Se al posto del bambino ci fosse stata una donna o un uomo, nessuno naturalmente avrebbe battuto ciglio. Ma Siti non è scrittore da Uccelli di rovo, foss' anche omosessuale. A me pare invece che muova dai romanzi di Tony Duvert distruggendone la delicatezza e cavandone la sostanza più scandalosa e terribile: il tema del desiderio infantile e del consenso».

     

    È letteratura o voglia di creare scandalo?

    «Lo scandalo spesso si accompagna alle opere che si spingono in territori e dentro linguaggi che ci disturbano o ci fanno orrore. Ma in letteratura la rappresentazione della pedofilia vale quanto la rappresentazione della caccia alla balena. Disgustano entrambe e bisogna vedere a cosa sei capace di piegarle come scrittore. Moby Dick lo leggi, lo ami, e solo se hai la testa fuori sesto corri poi a cacciare balene».

     

    E la dedica a Don Milani?

    «Non so. Mi immagino che Siti abbia voluto suggerire quanto eros si esprima in ogni forma di seria e complessa pedagogia».

    Walter Siti Walter Siti

     

     

    4.NICOLA LAGIOIA "IL COMPIACIMENTO RIMANE L' UNICO RISCHIO"

    Raffaella De Santis per ''la Repubblica''

                       

    A Nicola Lagioia non sembra strano che uno scrittore tenti di spingersi oltre ogni limite. Lagioia, che il 21 maggio ospiterà Walter Siti al Salone del libro di Torino, di cui è direttore, ha appena iniziato a leggere Bruciare tutto. Non è ancora arrivato al passo incriminato, quello in cui don Leo arriva a maledire la sua rinuncia ad accettare la tentazione del bambino che poi si suicida. Ma dice subito: «La letteratura deve saper esplorare quel pozzo senza fondo e di mediocrità che è l' uomo. Oscar Wilde diceva che non esistono libri morali o immorali, ma solo libri belli o brutti».

     

    Wilde era un dandy dissacrante

    «Ma è così, la letteratura è una sorta di istruttoria non finalizzata a gradi di giudizio. Se va alla ricerca della verità non deve porsi limiti. L' unico confine è dato dal compiacimento: non mi piacciono i romanzi in cui vince la volontà compiaciuta di scandalizzare».

     

    Non è troppo facile prendere un personaggio dannato e farne un eroe (o antieroe)?

    «Voglio fare due esempi. Il primo è Raskolnikov, il protagonista di Delitto e castigo di Dostoevskij. L' altro è il Mersault dello Straniero di Camus. Sono due assassini, eppure proviamo verso di loro empatia».

     

    Perché?

    nicola lagioia nicola lagioia

    «Per il fatto che scorgiamo in loro una parte di noi. È questo il mistero del male, che da sempre la letteratura indaga. Siti ci pone di fronte a un paradosso etico classico: quale azione compiere se entrambe ci dannano? ».

     

    E rispetto alle critiche che il romanzo sta suscitando, non crede siano lecite?

    «A patto che non si confonda mai narratore e autore. Ricordo i fraintendimenti intorno ad American Psycho di Bret Easton Ellis. Eppure nessuno come lui ha saputo descrivere tanto bene la New York degli anni Ottanta, una città disumanizzante in grado di trasformare una persona in uno stupratore seriale».

     

    È chiaro che non è il tema trattato a rendere un libro morale o immorale...

    «No, l' importante è che lo scrittore restituisca in modo autentico la propria esperienza del mondo».

     

    Come spiega la dedica a don Lorenzo Milani?

    «Bisogna chiedere a Siti, è il solo che può spiegarcela».

     

     

    5.NUOVA MODA: RECENSIRE SITI SENZA LEGGERLO

    Adriano Scianca per ''La Verità''

     

    DON MILANI DON MILANI

     

    «Un' operazione editoriale il cui cinismo appare così evidente», una storia che parte da «premesse così gratuitamente scandalistiche», un libro che contiene immagini dense di vero e proprio «orrore»: le parole con cui Michela Marzano si è scagliata su Repubblica contro il nuovo romanzo di Walter Siti, Bruciare tutto (Rizzoli), hanno scatenato un acceso dibattito. Ieri, sulla Verità, Francesco Borgonovo ha mostrato limiti e contraddizioni del ragionamento della Marzano. Ma un merito, alla filosofa e parlamentare, va se non altro riconosciuto: prima di parlare del libro di Siti, almeno se lo è letto.

     

    Sembra il minimo sindacale, ma così non è. E forse, come ha scritto ieri Paolo Di Paolo, sempre su Repubblica, se la stroncatura della Marzano ha fatto tanto rumore è proprio perché non siamo più abituati alla critica letteraria autentica, ormai divenuta genere incestuoso e autocelebrazione degli amici degli amici. Il fatto è che per stroncare un libro devi averlo letto, per dire che è il nuovo Ulisse di Joyce no, quello lo si può fare a scatola chiusa. Tanto non è vero: di nuovi Joyce in circolazione non ce ne sono. E allora, mentire per mentire, tanto vale non leggerli per niente, i libri, così si guadagna anche tempo per nuove marchette.

    michela marzano michela marzano

     

    Peccato che, accanto all' articolo di Di Paolo, Marco Belpoliti abbia sentito il bisogno di intervenire con un pezzo di spalla il cui titolo recitava: «Orrore o capolavoro? È questo solo che conta». Giusto. Ma quindi quello di Siti è un orrore o un capolavoro?

    Belpoliti non lo sa perché, confessa candidamente, «non ho letto il libro». E, quasi a giustificarsi, aggiunge: «Non era in libreria nei giorni scorsi e probabilmente è arrivato oggi. Lo leggerò». Mirabile proponimento. Quel che non si capisce è perché parlarne, allora. «La valutazione di uno scrittore si fa sulle sue pagine», dice Belpoliti, poco prima di ammettere che lui, quelle pagine, non le ha aperte. Si citano Nabokov, Pasolini...

    Ma quindi Siti è il nuovo Nabokov, il nuovo Pasolini?

     

    Marco Belpoliti Marco Belpoliti

    Non si sa, perché dei libri si parla ormai a scatola chiusa, per il rumore che fanno, per il chiacchiericcio che generano. Sul Corriere della Sera, quattro critici vengono interpellati a proposito della controversa questione del rapporto tra la letteratura e il male. Si tratta di Franco Cordelli, Giulio Ferroni, Lidia Ravera e Massimo Onofri. Anche lì ricorre il paragone con Nabokov, ma anche con Bret Easton Ellis, Louis-Ferdinand Céline e Jonathan Littell.

     

     

    Nessuno che si avventuri nel dettaglio del libro che ha aperto il dibattito. Ma il tema del rapporto tra letteratura e male, posto in astratto, è vaniloquio. Perché, alla fine, quello che ci deve venire detto, e di cui invece non c' è traccia nei numerosi articoli usciti, è se Walter Siti sia il nuovo Nabokov, il nuovo Céline, oppure no. Farlo richiede una presa di posizione, ma prima ancora richiede che sia stato letto ciò che Siti ha scritto. Entrambe le cose rischiano oggi di passare per superflue.

     

    lidia ravera lidia ravera

    Fra gli intellettuali va molto di moda criticare (talora non a torto) l' influenza dei social network sul linguaggio: questo parlare senza sapere bene di cosa si sta parlando, questo inseguimento verbale delle tendenze, delle mode, questo esternare per esternare semplicemente perché, su un certo argomento, tutti stanno esternando. Conta solo essere dentro, nel trend, per dire cosa non è importante. Se questa è la comunicazione ai tempi di Twitter, così come è denunciata dai soloni della cultura, l' impressione è che sulle terze pagine dei giornaloni non accada qualcosa di poi così diverso.

     

    Bruciare tutto, attualmente, è il pettegolezzo che anima il villaggio della cultura. È un libro ridotto ad hashtag: #WalterSiti #BruciareTutto #librimaledetti #ealloranabokov. Si segue il trend e si commenta. Quindi il libro di Walter Siti è il libro che giustifica i preti pedofili così come Sottomissione di Michel Houellebecq è il libro sull' islam cattivo che ci conquista. Non è così, in entrambi i casi, se non per coloro che assumono la cultura nelle dimensioni liofilizzate dei tweet che piacciono alla gente che piace. Chissà cosa ne avrebbe pensato Vladimir Nabokov.

     

     

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