Lorenzo Lamperti per "La Stampa"
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Piccole e medie imprese orientate all'innovazione. È a questa categoria di realtà economiche cinesi che è dedicata la nuova borsa di Pechino, che ha aperto ieri le contrattazioni.
Sono i cosiddetti "piccoli giganti", non abbastanza grandi per essere quotati altrove. La Cina ora si propone di offrire un porto sicuro alle pmi innovative, puntando a sua volta su un mercato dei capitali più stabile e sostenibile che possa dare uno slancio endogeno alla crescita.
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I requisiti per la quotazione a Pechino sono più accessibili rispetto a quelli previsti per Shanghai e Shenzhen. Tra le 81 aziende quotate ce ne sono dieci al debutto. Al termine della seduta di ieri, secondo il portale China Securities Net, i dieci nuovi titoli sono aumentati in media del 199,8% rispetto al prezzo di emissione nella prima giornata di quotazioni. Più ondivago l'avvio delle 71 realtà affluite dal National Equities Exchange and Quotations.
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L'87% delle aziende quotate nella capitale provengono dai settori della produzione avanzata, dei servizi high-tech e delle industrie strategiche emergenti. Non è un caso che la mossa del governo arrivi al culmine di una stretta regolatoria sui big del mercato digitale, colpiti da una serie di nuove leggi e misure antitrust.
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Le restrizioni dello scorso luglio introducono un severo sistema di screening che di fatto ostacola o impedisce la loro quotazione a Wall Street. Seguendo la retorica sulla redistribuzione della ricchezza di Xi Jinping, Pechino sta cercando di predisporre un modello di crescita che possa garantire più spazio e fondi alle pmi, che rappresentano il 95% delle aziende e i principali datori di lavoro del paese ma che hanno spesso sofferto per i finanziamenti insufficienti.