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“SONO VIVO PER MIRACOLO, MA DEL MESE IN TERAPIA INTENSIVA NON RICORDO NULLA” – ALBERTO ZACCHERONI RACCONTA LA CADUTA IN CASA (A CAUSA DELLA CAGNOLINA), L'OPERAZIONE, IL COMA E IL RISVEGLIO: “HO CHIESTO: MA CHE CI FACCIO QUI? DOVE SONO FINITI I MIEI MUSCOLI? HO RISCHIATO LA VITA. LA BOTTA È STATA TREMENDA, IL GRANDE SOLLIEVO È NON AVER RIPORTATO DANNI CEREBRALI. HO UN DEFICIT CON LA MEMORIA A BREVE, MA HO RICOMINCIATO A GUARDARE LE PARTITE IN TV…"

Estratto dell'articolo di Monica Colombo per il “Corriere della Sera”

 

«Mi ha trovato mia moglie Fulvia accasciato a terra, in fondo alle scale. Dice che ero in un lago di sangue, con la testa aperta e un occhio fuori dall’orbita. Sono vivo per miracolo, ma del mese in terapia intensiva non ricordo nulla».

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Alberto Zaccheroni, l’allenatore che ha guidato entrambe le squadre di Milano e Torino, prima di dirigere le nazionali del Giappone e degli Emirati Arabi, parla per la prima volta del trauma cranico riportato nell’incidente domestico del 10 febbraio scorso.

 

Cosa ricorda di quel venerdì pomeriggio?

«Nulla, so solo quello che mi ha raccontato mia moglie che era con me a casa a Cesenatico. Lei era al piano terra, io stavo verosimilmente scendendo le scale e sono scivolato. Sono ruzzolato per otto-dieci gradini. Lei è accorsa perché ha sentito le mie urla. Avevo battuto la testa, può immaginare il suo spavento».

 

È riuscito a ricostruire il motivo della caduta?

«Poiché c’era la cagnolina di Luca, mio figlio, si pensa che l’avessi in braccio e mi sia proteso in avanti per proteggerla dal tonfo».

 

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Quindi non riesce a rievocare nemmeno i momenti successivi?

«Ma no. Fulvia ha chiamato il 118, mi hanno portato di corsa all’ospedale Bufalini di Cesena dove sono stato ricoverato in terapia intensiva. Mi hanno sedato, non ero vigile».

 

L’indomani fu operato?

«Sì, l’intervento era necessario per ridurre l’emorragia. Ho una grossa cicatrice sulla testa a ricordarmelo. Mi avevano intubato, avevo il sondino».

 

Qual è la prima immagine di cui ha memoria quando la svegliano dal coma?

«Nella stanza c’era solo il personale medico, non era stato ammesso nessun familiare. Mi siedo e mi guardo le gambe: dopo un mese steso a letto, sembravano quelle di un anziano. “Dove sono finiti i miei muscoli?”, ho chiesto incredulo».

 

Si reputa fortunato per quello che le è capitato?

«Ho rischiato la vita, non giriamoci attorno. La botta è stata tremenda, il grande sollievo è non aver riportato danni cerebrali».

Dopo un mese di ricovero, il 10 marzo inizia a vedere la luce in fondo al tunnel.

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«Quel giorno sono stato trasferito per la riabilitazione all’ospedale Marconi di Cesenatico. Ho fatto fisioterapia, lavorato con logopediste. Devo ringraziare i medici e tutto il personale dei due istituti che mi hanno seguito. Sono stati straordinari. Noi spesso diamo per scontato il loro lavoro ma se cammino mentre parlo con lei, devo dar merito ai dottori».

 

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Come sta adesso?

«Ho perso due diottrie dall’occhio, il male minore considerando il danno iniziale. Sono senza patente perché prima di riottenerla dovrò sostenere dei test e ho qualche deficit di memoria a breve».

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Come sono le sue giornate?

«Voglio riprendere in mano la mia vita, devo riuscire a tornare in possesso della quotidianità. Se prima camminare era un hobby, adesso è una necessità. Ieri ho fatto 10 chilometri, mi sto impegnando a recuperare tono muscolare».

 

In questi giorni di devastazione in Romagna, Cesenatico ha avuto danni?

«Grossi no, anche se la mareggiata ha mangiato parte del litorale. Mio figlio ha uno stabilimento balneare e quindi il problema ci tocca da vicino».

 

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Il calcio le manca?

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«Ho ricominciato a guardare le partite in tv. Sarei dovuto andare in panchina per la prossima gara della Nazionale italiana No Profit di cui sono c.t. dallo scorso anno, ma ho preferito rinviare a quando mi sarò completamente ristabilito. Riprenderò anche gli incontri tecnici della Fifa».

Quante chances ha l’Inter di vincere la Champions?

 «Se parlassimo di un torneo nella sua interezza, il pronostico secco dice Manchester City. Ma in una gara unica l’Inter se la può giocare. Se la squadra di Inzaghi si mantiene tosta e compatta, con i giocatori di personalità che ha, può succedere di tutto».

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