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    ZITTO ZITTO, IL DOLLARO STA CROLLANDO – IL BIGLIETTO VERDE HA SUBITO UN DEPREZZAMENTO DEL 5% DA FINE GIUGNO. E LA SUA DEBOLEZZA RISCHIA DI TURBARE IL MERCATO VALUTARIO – A VENDERE LA VALUTA AMERICANA SONO SOPRATTUTTO HEDGE FUND E SOCIETÀ – OCCHIO SUI BANCHIERI CENTRALI RIUNITI A JACKSON HOLE: IL PRESIDENTE DELLA FED, JEROME POWELL, POTREBBE DARE INDICAZIONI SULL’ALLENTAMENTO DEI TASSI…


     
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    Estratto dell’articolo di Maximilian Cellino per “Il Sole 24 Ore”

     

    DOLLARO DOLLARO

    Non sarà forse uno degli argomenti al centro del dibattito durante l’annuale simposio di Jackson Hole che entra nel vivo proprio oggi, ma quello del dollaro minaccia di diventare un caso. Nel silenzio quasi assoluto, il biglietto verde ha infatti subito su scala globale un deprezzamento di quasi il 5% da fine giugno e la sua debolezza rischia di turbare il quieto vivere di un mercato, quello valutario, che tranne qualche eccezione (lo yen, per esempio) non ha offerto spunti eclatanti in tempi recenti.

     

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    JEROME POWELL - FED JEROME POWELL - FED

    Il dollaro viene da anni in cui era stato capace di dare prova di forza, grazie al sostegno delle mosse restrittive sui tassi della Federal Reserve e anche per l’abituale ruolo di «bene rifugio» che è capace di interpretare a 360 gradi nelle fasi di tensione. Proprio per questo motivo la fase di debolezza (il dollar index è sceso ai minimi dell’anno e viaggia a un livello inferiore di circa il 10% rispetto ai picchi raggiunti nell’autunno 2022) è tale da sollevare interrogativi, così come il ritorno di fiamma di valute quali l’euro, balzato a sfiorare quota 1,12 per la prima volta da oltre un anno.

     

    euro dollaro euro dollaro

    A vendere dollari, secondo quanto sostiene BofA Securities basandosi sull’analisi di indici proprietari, sarebbero state le società e soprattutto gli hedge fund. Questi ultimi mantengono tuttavia ancora posizioni «lunghe», cioè rialziste, sulla valuta Usa che sarebbero «vulnerabili» e quindi potrebbero portare, nel caso dovessero essere chiuse, verso un’ulteriore fase di debolezza.

     

    Al di là degli aspetti puramente tecnici, gli analisti non sembrerebbero tuttavia del parere che l’attuale movimento ribassista del dollaro sia destinato a perdurare e a divenire strutturale.

     

    JEROME POWELL FED JEROME POWELL FED

    Un’eventualità simile «richiederebbe probabilmente risultati economici statunitensi più deboli, coerenti con un allentamento dei tassi della Federal Reserve, ma non abbastanza allarmanti da innescare a loro volta uno spostamento verso il dollaro in caso di forte avversione al rischio sui mercati», sostengono Vassili Serebriakov e Yvan Berthoux, strategist sul valutario di Ubs.

     

    L’idea dei due esperti (e non soltanto loro, per la verità) è che nell’intervento in programma oggi il presidente Fed, Jerome Powell, dovrebbe sì «rafforzare il segnale di un taglio a settembre», ma potrebbe anche «lasciare delusi coloro che cercano indicazioni politiche concrete».

     

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    Le previsioni di Ubs restano quindi per una sforbiciata di 25 punti base sui tassi Usa nel prossimo meeting del 18 settembre, anziché una mossa più aggressiva da 50 punti […]  

     

     

    L’analisi di Ubs coinvolge anche la stessa Eurozona e la sua valuta, arrivando a conclusioni parallele. Il livello fino al quale si è spinto l’euro appare infatti sopravvalutato rispetto ai fondamentali secondo Serebriakov e Berthoux, che indicherebbero un valore «equo» per il cambio con il dollaro a non più di 1,095. Un superamento di questa quota che sia anche sostenibile nel tempo richiederebbe secondo i due esperti «una capacità della crescita dell’Eurozona di sorprendere al rialzo»: eventualità non certo impossibile in sé, ma forse anche poco probabile. […]

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