Federico Ercole per Dagospia
nintendo labo
Tra gli innumerevoli significati del sostantivo latino della terza declinazione “labor” ci sono sia la fatica che le gesta, l’opera o l’impresa. Si tratta di accezioni che si applicano con naturalezza al videogioco, che tutte le contempla, a meno che non lo si intenda come un mero passatempo senza alcuna difficoltà, uno scacciapensieri privo di ogni sfida.
Non è solo per l’evidente assonanza con il “labor” latino che Labo, l’ultima invenzione di Nintendo, include i concetti citati, declinandoli tuttavia in una maniera nuova ed esclusiva, extra-videoludica, antica e nel contempo nuova.
Lanciato la primavera scorsa, Nintendo Labo si è ora espanso con un nuovo kit dedicato ai veicoli, ma prima di trattare di quest’ultimo sarà meglio spiegare a chi non lo conosce che cos’è questa straordinaria chimera ludica, una quasi poetica fusione tra origami, meccano e videogioco. Perché purtroppo la risonanza mediatica dell’idea di Nintendo, malgrado iniziali segni di interesse, non è stata trionfale come quella di altre opere elettroniche non certo meno meritevoli, ma non così geniali e nuove.
Labo ha comunque venduto in maniera incoraggiante e si è radicato in molte case di tutto il mondo “videogiocante”, ma l’utenza più hardcore dei videogame, quella che interviene sui social e sui forum dei siti specializzati, sembra trascurare le sue grandi potenzialità. Labo è amato soprattutto da un pubblico silenzioso, che gioca senza necessariamente avere a che fare con l’internet del commento.
MONTA, GIOCA E SCOPRI
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Dentro le scatole di Labo si trovano innumerevoli pezzi di cartone riciclato con la sagoma di un rettangolo la cui superficie è circa il doppio di quella di un foglio A4. L’obiettivo del giocatore, guidato da un tutorial disponibile sul software per la console Switch inserito nel kit, è quello di ritagliare le sagome di carta secondo le istruzioni, piegarle e assemblarle in forme complesse funzionanti, come quella di una canna da pesca, un pianoforte o una casetta.
L’oggetto costruito interagisce poi con i controller (detti “Joycon”)della console di Nintendo e con il suo schermo, animando così i giocattoli cartacei e permettendoci di interagirvi in videogiochi minimali ma spassosi. Con la canna da pesca si immerge la lenza di nylon nel mare numerico per pescare pesci digitali di varie specie, oppure si usa la superficie touch-screen della console integrata nel pianoforte per suonare davvero. Il processo di costruzione può richiedere anche tre o quattro ore, se non si è esperti della manifattura cartacea, tuttavia è un momento di gioco straordinario e ancestrale, soprattutto se lo si condivide con dei bambini.
Per i più piccoli Labo è uno strumento ludico notevole per apprendere le dinamiche della tecnologia, per migliorare la manualità e infine per giocare un videogame elementare ma non sciocco come quelli che spesso si trovano ad esperire negli smart-phone o nei tablet di genitori annoiati e privi di cultura “videogiocosa”. Inoltre le costruzioni, che possono essere colorate a piacere, stimolano l’ideazione di invenzioni fuori della regole del gioco e alla trasgressione del manuale per personalizzare l’esperienza con nuove, personali creazioni.
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Insomma Labo è qualcosa di strepitoso, forse fin troppo per diventare un fenomeno di massa come anni addietro lo furono i videogiochi sportivi per Wii, ma altrettanto rivoluzionario, vettore di un vero multiplayer con le persone che costruiscono assieme a noi, a contatto, non disperse nell’oceano della rete nell’illusione di un’amicizia che è solo virtuale. E’ innegabile che le costruzioni di Labo risultino più divertenti se assemblate e condivise con qualcuno.
COSTRUIRE PER VIAGGIARE
Il nuovo scatolone di Labo è dedicato a tre veicoli: un aereo, un sommergibile e un’automobile del tipo 4x4. Non si costruiscono tuttavia questi mezzi di trasporto ma la cloche per l’aeroplano, il volante per la jeep e un sofisticato timone per il sottomarino. Questi tre mezzi di controllo -la cloche è il più relativamente semplice da assemblare- sono ancora più efficaci per l’apprendimento di concetti di meccanica e dimostrano come la direzione intrapresa da Labo sia quella di offrire strutture cartacee sempre più complesse e appaganti.
Se nel primo kit, quello del pianoforte e della canna da pesca, risultava più indicato utilizzare la console Switch nella sua forma portatile (ricordiamo che si tratta di una console ibrida), qui, per la natura più complessa ed elaborata dei videogiochi seguenti alla costruzione, conviene invece connetterla alla televisione. Nella controparte virtuale del Kit Veicoli troveremo un ampio respiro avventuroso dovuto all’importanza dell’esplorazione, della scoperta e del viaggio. Si tratta sempre di videogame poco più che minimali, ma questa volta videogiocare dopo avere assemblato il volante della 4x4 restituisce l’idea di una spericolata perlustrazione di luoghi anche estremi, mentre pilotare il sottomarino e l’aereo ci riporta alle origini arcade del videogame, salvo che qui l’esperienza risulta ancora più “vera” e travolgente.
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GIOCHI SENZA TEMPO
Non sottovalute la potenza ludica di Labo, anche se preferite smarrirvi negli incubi dark-fantasy di Hidetaka Miyazaki, sopravvivere agli zombie di Resident Evil o interpretare il ruolo di un sopravvissuto alla guerra nucleare nelle vastità contaminate. Labo aggiunge varietà al panorama del gioco elettronico e mai come oggi questa è necessaria, se vogliamo che i videogame non sprofondino nelle sabbie mobili dell’identico, perdendo l’originalità che li ha caratterizzati fin dalle loro ormai remote origini per cavalcare l’onda di immediati e milionari guadagni. Labo risulta un divertimento eccezionale se condiviso con dei bambini, tuttavia anche da soli e da adulti, con il cuore elettronico indurito da decine di sparatorie, apocalissi e sfide all’ultimo sangue numerico, potreste trovare in esso una nuova ragione di passione, la scoperta di un modo di giocare che non ricordavate più, il vostro animo di fanciulli, il vostro spirito di Peter Pan.