Estratto dell'articolo di Luigi Mascheroni per “il Giornale”
andrea agnelli con john elkann
A parte essere unAgnelli, che è già tantissimo, Andrea è tre cose: imprenditore, dirigente sportivo (ex...) e antipatico. Un giornalista che lo tiene in grande stima ha detto di lui: «Non è antipatico per caso, è antipatico per scelta». E forse fa bene. Perché, come si dice nel mondo dello sport, «se sei simpatico significa che stai perdendo».
Perdente da un punto di vista economico-finanziario (debiti, bond, mega-stipendi, spese pazze), vincente da quello calcistico (nove scudetti di fila, l’apertura dello stadio di proprietà, persino il calcio femminile)- nessuno ha mai messo in dubbio l’amore per la Juventus, un po’ invece le sue capacità manageriali –, Andrea Agnelli di tutti gli Agnelli è il meno Agnelli. Non ha lo stile dell’Avvocato. Non ha l’arguzia dialettica di Umberto, il padre. Non ha il fascino da Principe arabo che aveva Giovanni Alberto, il fratellastro.
ANDREA AGNELLI MEME BY GNENTOLOGO
Non ha l’inconsistenza di Lapo, il procugino minore. E neppure la cattiveria di John, il procugino maggiore. È educato, gentile, riservato, falsamente sorridente (è piemontese...).
andrea agnelli deniz akalin
Ha savoir-faire, ma tutti lo avremmo con un capitale sopra gli svariati milioni di euro; ha ambizione, come non puoi non averne se porti quel cognome; ha dedizione al lavoro, tipicamente sabauda. Ma non basta.
Infatti è anche permaloso (se gli pesti un piede sul pullman se lo ricorda a dieci campionati di distanza). Insicuro (non ti guarda mai negli occhi). Infantile (da cui l’impietoso giudizio di Gigi Riva: «Andrea Agnelli è il bambino che porta il pallone e che pretende non solo di giocare sempre, ma anche di scegliere le squadre»). Cinico (tanto da esaltare il detto di Boniperti «Vincere è l’unica cosa che conta»).
luciano moggi andrea agnelli
Cocciuto (da cui lo slogan-tormentone «Fino alla fine»: «Siamo gente della Juventus, fino alla fine», «Ti amo fino alla fine, «La Juve prima di tutto, fino alla fine», «Lottare sempre, fino alla fine»).
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Padre di troppi, padrone di nulla, monociglio e poliglotta (parla con l’immancabile erre arrotata l’italiano dei piemontesi, il francese degli italiani, l’inglese dei manager e il dialett turines, neeeeeeh), Andrea Agnelli soffre due cose. Il modulo a zona. E il fatto che l’Avvocato avesse indicato i suoi nipoti e non lui come successore dell’Impero, rimanendo una minoranza fra i non Agnelli, schiacciato dall’erede designato del patrimonio, il lupo John Elkann. E ora che Andrea per l’inchiesta sulle plusvalenze fittizie e il falso in bilancio si è dimesso da tutte le società del gruppo – come precipitare da diciannove tituli a nessuna carica - per lui è una doppia sconfitta.
ANDREA AGNELLI E JOHN ELKANN
Poi, sulle vittorie non si discute. Del resto in Italia il calcio è uno sport dove si gioca in undici e alla fine vincono gli Agnelli.
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