Estratto dell’articolo di Davide Perego per “la Verità”
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Un tratto comune degli ultimi tre pontificati è la messa in guardia da un rischio di perdita d’identità dell’Europa. Oggi il Vecchio continente può definirsi ancora cristiano? Quali sono le preoccupazioni della Chiesa in questa parte di mondo? Può essere ancora salvata dall’avanzata del transumanesimo e quali sono i rischi principali?
«La Chiesa guarda all’Europa con stima, sapendo che essa è nata nell’alveo del Vangelo. Basta leggere la storia. L’identità non è, come si pensa, esclusione, nazionalismo o populismo, ma è casa, storia, ideali e valori, amore e sacrificio. È condizione per dialogare con tutti, donando il meglio senza dissolversi. Senza, l’uomo non sa chi è e dove va: è apolide. Si possono avere molte dimore, ma senza una “casa” non si può essere “cittadini del mondo”, come si dice con enfasi. Si è solo dei vagabondi, degli sbandati.
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L’Europa, come scriveva Novalis nel Settecento, se si allontanasse da Cristo non sarebbe più se stessa. Non è una affermazione confessionale, ma logica: grazie al Vangelo, il continente ha raggiunto la visione più alta della dignità umana. E questo è un dono da offrire al mondo intero. Ma deve essere conservato e fondato sulle sue radici storiche, religiose e culturali. Per capire meglio l’Europa, bisogna leggerla a due livelli. Quello della cultura che rumoreggia, segnata da un secolarismo che non ha niente a che fare con la giusta laicità. E quello del popolo o, meglio, dei popoli che riconoscono al fondo della propria identità la matrice cristiana. […]
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Il Vangelo ha ispirato l’umanesimo, non l’umanitarismo. Questo porta al “trans umanesimo”, cioè al controllo universale con passi progressivi e, quindi, alla manipolazione giuliva e criminale dell’umano».
L’Italia, e quasi tutto il continente europeo, sta attraversando un inverno demografico più volte denunciato. Eppure l’emergenza sembra quella dell’aborto, inteso come «diritto» negato. A suo modo di vedere, in questo deserto di famiglie, dominano motivazioni socio-economiche o, per così dire, culturali?
«L’inverno demografico è sotto gli occhi di tutti, tranne di chi predica che siamo troppi e che la Terra si sta tragicamente esaurendo. Non credo a questa narrazione. Penso che siano in atto interessi giganteschi a favore di élite sempre più ristrette: interessi di profitto e di potere. Perché, ad esempio, non si fertilizzano i deserti? Perché non si semplifica la desalinizzazione del mare? Gli esperti dicono che è possibile.
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Per quanto riguarda la diminuzione demografia, si invocano da decenni politiche familiari vere e incisive, che non diano da una parte e tolgano dall’altra. Ma ciò non basta: in certe parti del mondo, dove il livello di vita si è elevato, sono diminuiti i figli. Qui entrano motivazioni spirituali e culturali: i figli sono un bene, una grazia per tutti anche se necessariamente pongono dei limiti, ma sono limiti d’amore. Ogni volta che, per i vicoli di Genova, vedo genitori con i loro bambini, sorrido, saluto e prego per loro». […]