Estratto dell'articolo di Bruna Magi per Libero Quotidiano
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La rivincita di una bionda diventa fenomeno mondiale: vedi gli incassi strepitosi ottenuti nel week end da Barbie”, prodotto da Mattel (la fabbrica di giocattoli che nel 1959 lanciò sul mercato la storica fashion doll) in società con Warner Bros.
Negli Stati Uniti, con 155 milioni di dollari ha battuto Oppenheimer (fermo a 80 milioni), nonostante il film di Nolan sia stato definito il capolavoro del secolo. E anche in Italia non ha scherzato, 7.7 milioni di euro, i nostri esercenti hanno avuto la vista lunga, rimandando al 23 agosto l’uscita del kolossal storico sulla bomba atomica.
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La sfida tra loro, battezzata Barbienheimer ha decretato così la vincitrice: è una bionda con strepitosi occhi azzurri, gambe da urlo e bocca da baciare. Un effetto a catena, al confronto il duello fra gli altri due giganti dell’estate, il quinto Indiana Jones di Harrison Ford e il settimo Mission impossible di Tom Cruise, è risultato “pallido”, il primo insidiato a distanza ravvicinata da un cartoon intelligente, Elemental, il secondo indebolito da se stesso, diciamocelo, il Tom Cruise vagamente rifatto, ma persistente nell’azione clamorosa, non va più al massimo.
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E così Barbie-Blonde stabilisce un record e una rivincita persino sul politicamente corretto, e sul razzismo a rovescio, sbaragliando l’illusoria utopia che, se le fai colorate, le eroine delle fiabe sono più giuste. Ricordate gli osanna a proposito della sirenetta nera interpretata da Halle Bailey e diretta da Rob Marshall?
Fu inutile ricordare che la sirenetta di Andersen si chiama Ariel ed è creatura squisitamente nordica, non c’entra con il razzismo. No, avevano inserito pure la mamma nera, con look sudamericano.
Le bionde? Pareva una “etnia” (vietato dire “ariane”) in estinzione. Ragione per cui la clamorosa entrata in scena di Barbie -Robbie rappresenta una vittoria non da poco, la rivincita di tutte le bionde che sgranano gli occhioni azzurri, la carnagione è di panna. E questo, paradossale, nonostante la regista Greta Gerwig, sacerdotessa di ogni rilettura storica letteraria (a breve arriverà anche il suo nuovo Biancaneve, dove il principe è messo all’angolo, e i sette nani sono di diverse etnie), abbia fatto di Barbie una paladina del femminismo più ottuso.
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La superbambola lascia Barbieland per andare a predicare fra le umane, e per prima cosa, decide di dotarsi di vagina in una clinica specializzata. Con Margot-Barbie torna alla memoria un esercito di icone bionde parcheggiate nel limbo. Quelle del mito e della storia, pare che Venere fosse bionda, e infatti così la dipinse Botticelli: ci fu il biondo angelicato, innocente, e quello perverso di Lucrezia Borgia. Ci fu Hollywood, con ogni possibile variante di biondo: le platinate alla Jean Harlow, il mito di Marilyn Monroe, fragile, disperata, bellissima vittima di un presidente dal cuore arido.
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