
DAGOREPORT – CHE È SUCCESSO A GIORGETTI? È PASSATO DALLA GRISAGLIA AI GILET DA PESCATORE IN STILE…
1. TELECOM, VADO DI SCORPORO? SÃ, NO, FORSE. A CHE GIOCO SPORCO GIOCANO CATRICALÃ E BASSANINI? PER CASO, VOGLIONO LA PELLE DI BERNABÃ?
Gli uscieri di Telecom si sono trasferiti all'alba dalla sede di corso Italia alla vicina via Isonzo dove al numero 9 si trova la sede dell'AgCom, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni dove oggi si decide il futuro dello scorporo della Rete, l'operazione alla quale è legato il destino di Franchino Bernabè.
Alla riunione nel palazzo di vetro e acciaio dove un tempo regnava l'ex-ministro dell'Innovazione Lucio Stanca, il dossier sarà esaminato dal presidente Marcello Cardani, un bocconiano milanese dai baffetti birichini, e dai membri della Commissione per le Infrastrutture e le Reti.
Tra questi, oltre all'esperto milanese Maurizio Decina ,che è stato anche presidente della Fondazione Bordoni, siede Antonio Preto, il 48enne avvocato di Valdagno che ha svolto gran parte della sua carriera come funzionario europeo.
à stato lui a mettere ieri nelle orecchie degli uscieri e di Bernabè la pulce del dubbio perché nel corso dell'ennesimo convegno sul futuro della Rete ha dichiarato che lo scorporo potrà avvenire solo a condizione che ci siano i prerequisiti di "affidabilità e serietà ".
Anche per gli uscieri di Telecom che conoscono la differenza tra la realtà e la fantasia le parole di Preto sono state interpretate come un campanello d'allarme. Allo stesso modo deve averle decifrate Franchino Bernabè che nello stesso convegno ha lanciato una sorta di appello al governo e all'AgCom sottolineando che lo scorporo non è un'idea balzana che si trascina da oltre 15 anni, ma "un grande intervento di modernizzazione del Paese, un'operazione di sistema che però non può gravare tutta sulle spalle di Telecom".
Queste parole erano chiaramente indirizzate al ruolo della Cassa Depositi e Prestiti che da tempo viene indicata come socio di minoranza nella nuova società per la Rete dentro la quale finirebbero 22mila dipendenti.
Il manager di Vipiteno non è assillato soltanto dai circa 40 miliardi di debito che l'azienda ha sulle spalle, ma ha capito che il Sistema-Italia deve fare un salto di qualità se vuole mettersi all'altezza degli altri Paesi. Proprio ieri è uscita un Report redatto dalla società Akamai Technologies che opera a Cambridge (Usa) in cui si legge - come ha riportato il sito "Linkiesta" - che l'Italia non figura tra i primi 20 Paesi per velocità media di internet a banda larga.
A queste ragioni di natura finanziaria e industriale Franchino aggiunge il bisogno disperato di dimostrare ai soci di Telco (la scatola che controlla Telecom) che lo scorporo della Rete è l'ancora di salvezza per uscire dalla voragine dei debiti e risollevare il titolo ormai sotto il limite storico.
Lo scorporo è diventato il focus della sua strategia e tutto il resto è semplicemente fuffa. Questo vale per i tentativi di vendere partecipazioni a Sawiris o di fondere Telecom con H3G, e questo vale anche per le chiacchiere che si stanno facendo sullo spezzatino sudamericano a proposito di un presunto interesse del corpulento miliardario Carlos Slim per le società di Telecom in Brasile e Argentina. Qualcuno ha messo in giro queste voci che hanno fatto lievitare il titolo e si è pagato una vacanza a Riccione oppure a Forte dei Marmi, ma per gli uscieri la strada maestra rimane lo scorporo.
Da qui l'interesse quasi morboso per le decisioni dell'AgCom che a questo punto diventano inevitabilmente decisioni di grande valore politico. Per andare in porto l'operazione deve pero' far crollare il muro di diffidenza che ancora circonda Bernabè per colpa di quei due "muratori" che si chiamano Tonino Catricalà e Franco Bassanini. Ieri al convegno sulla Rete, CatricaLetta ha usato toni enfatici spingendosi con uno slancio retorico a dire che lo scorporo "è un atto di civiltà ", ma poi ha aggiunto che servono certezze normative e tariffarie per cui l'operazione non è scontata.
Un buffetto e una martellata, una carota e un bastone nascosto dietro la schiena. Sembra questa la filosofia che galleggia nel governicchio di Enrico Letta nonostante quest'ultimo a maggio abbia assicurato Franchino che l'operazione deve andare avanti.
Sulla falsariga di Catricalà sembra muoversi anche Franco Bassanini, il marito di Linda Belinda Lanzillotta, che siede sulla montagna di soldi della Cassa Depositi e Prestiti.
Nel suo caso le riserve a proposito dello scorporo sono ancora più manifeste perché l'ex-politico milanese non si limita a generiche dichiarazioni ma pone condizioni precise: che l'operazione non sia un sussidio per sanare i debiti di Telecom o coprire perdite ma serva ad accelerare gli investimenti, e aggiunge che la redditività sia garantita anche se non c'è nessun pezzo di carta che possa dimostrarla. Infine, questa è la terza condizione, l'iracondo Bassanini chiede che venga difesa l'equità nell'accesso alla Rete per non alterare la concorrenza.
Oggi i membri dell'AgCom e il presidente Cardani dai baffetti birichini dovranno tener conto di questi paletti che a prima vista sembrano ragionevoli, ma sono così robusti da compromettere il progetto-sistema di Bernabè.
Per rendere ancora più forte le sue condizioni Bassanini la settimana scorsa ha dichiarato a margine di un incontro del G20 di Mosca che la Cassa Depositi e Prestiti deve essere rafforzata per far fronte agli impegni che vengono richiesti. Sembra paradossale ma il linguaggio dei due protagonisti, Bernabè e Bassanini, è più o meno lo stesso: Franchino chiede aiuto perché lo scorporo non può gravare per intero sulle spalle di Telecom; Bassanini chiede aiuto per rafforzare la vacca grassa della sua Cassa ben nutrita dal risparmio postale.
Per gli uscieri di Telecom allo scorporo manca la luce e ben che vada anche la riunione di oggi dell'AgCom sarà un passetto interlocutorio con una benedizione formale che non ucciderà le speranze di Bernabè. I commissari di via Isonzo daranno il via all'istruttoria e l'esame del dossier durerà almeno fino alla fine dell'anno.
Un tempo che sembra breve, ma forse non basta a salvare la pelle del capo di Telecom.
2- NTV, LA SOCIETÃ DEL TRENO "ITALO", Ã UN BAGNO DI SANGUE
Lo scarparo marchigiano Dieguito Della Valle e il suo compagno di merenda Luca Cordero di Montezemolo non sono personaggi abituati a battersi il petto.
Se avessero un briciolo di umiltà dovrebbero farlo come usano i credenti delle processioni spagnole e ammettere che l'avventura di Ntv, la società del treno "Italo", è un bagno di sangue. La stessa riflessione dolorosa dovrebbero farla anche i francesi di Sncf, che detengono il 20% di Ntv, e soprattutto IntesaSanPaolo che per colpa di Corradino Passera ha messo in piedi nel 2006 la cordata dei nobili ferrovieri.
Sembra infatti che il bilancio 2012 si sia chiuso con numeri spaventosi: i debiti finanziari sono balzati a 754 milioni rispetto ai 196 dell'anno precedente, gran parte dei quali è legata ai finanziamenti di IntesaSanPaolo (551 milioni) che ha prestato i soldi per acquistare 25 treni veloci dai francesi di Alstom.
Il rosso profondo è sulle perdite che dai 107 milioni del 2011 sono passate a 184. Questi dati li ha tirati fuori il giornalista del "Fatto" Giorgio Meletti, uno dei pochi che va a spulciare i bilanci. Se non ci fosse stata la vendita per 135 milioni ai francesi di Alstom dell'officina di riparazione di Nola (costruita dal socio Gianni Punzo), le perdite sarebbero state addirittura tali da abbattere il patrimonio a una cinquantina di milioni.
A questo punto diventa indispensabile fare ciò che Dagospia nella sua infinita miseria ha sempre ipotizzato: un robusto aumento di capitale che serva a dare un po' di ossigeno alla società alla quale spettava il compito di stracciare Mauro Moretti. Purtroppo vengono al pettine i limiti di un business che ha puntato tutto sul marketing e sui servizi pensando di coprire l'intera rete in una competizione globale su tutte le tratte.
Questo era esattamente ciò che volevano le Ferrovie dello Stato e la trappola per incapacità del management di Ntv è scattata con effetti disastrosi. Oggi la società è considerata dagli addetti ai lavori la "low cost" dell'Alta Velocità anche se è nata con modalità e struttura non low cost. A Luchino, Dieguito, Gianni Punzo, Sciarrone e ai geniali banchieri di Intesa non resta che battersi il petto e non perdersi di coraggio.
In fondo anche Proust trovava poetica la lettura degli orari ferroviari.
3. LA CURA DIMAGRANTE DI SQUINZI PER LA STRUTTURA COSTOSA E DISPERSIVA DI CONFINDUSTRIA
Dopo aver goduto come un pazzo per la vittoria della squadra di calcio Sassuolo nel trofeo Tim, Giorgio Squinzi presenta oggi in Confindustria la riforma che dovrà ritagliare un abito nuovo sulla struttura costosa e dispersiva di Confindustria.
Lo farà presentando alla Giunta le linee della riforma affidata a Carlo Pesenti nella quale si prevede una drastica riduzione dei costi e una semplificazione della struttura. Chi ha letto in anteprima il documento (come è accaduto al quotidiano "Il Messaggero") anticipa che a partire dal 2015 la Giunta e il Consiglio direttivo confluiranno nel Consiglio generale composto da 150-160 imprenditori.
La svolta è salutare se si pensa che oggi sul territorio operano 98 associazioni territoriali e sono addirittura 24 le federazioni di settore che rappresentano le aziende in base alla loro attività . Ben venga quindi la cura dimagrante di Squinzi se questa potrà evitare il pasticcio e le duplicazioni inutili.
Un caso clamoroso è quello che si riscontra nel settore nevralgico delle telecomunicazioni dove si muovono in ordine sparso e confuso l'Asstel di Stefano Parisi (per le aziende di telecomunicazioni), l'Assinform per le società di informatica, e Confindustria Servizi Innovativi che non si sa bene quale compito abbia.
Poltrone, poltroncine, strapuntini fanno comodo a molti imprenditori per portare avanti i loro business. E ieri l'Assinform degli informatici ha ricostituito il proprio consiglio direttivo composto da 30 big di aziende italiane e straniere. A gonfiare questo organismo sono arrivati anche i top manager di aziende straniere che avevano preso il largo esprimendo riserve feroci sulla conduzione del presidente Paolo Angelucci.
Quest'ultimo lascerà presto il suo incarico che con tutta probabilità passerà la mano a Elio Catania, il 67enne ex-presidente di IBM e Ferrovie che ha almeno il pregio di saper difendere la causa di un settore profondamente in crisi.
4. AIUTO! FERIE IN UFFICIO PER IL NEO PRESIDENTE DI FINMECCANICA GIANNI DE GENNARO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che il nuovo presidente di Finmeccanica Gianni De Gennaro trascorrerà gran parte delle ferie nel suo ufficio di piazza Monte Grappa.
Gli uscieri hanno piazzato sulla sua scrivania i modellini di alcuni velivoli prodotti dal Gruppo, ma l'ex-superpoliziotto con garbo li ha regalati al mite Marco Forlani. E con lo stesso garbo ha evitato di portarsi due segretarie di fiducia affidandosi a personale dell'azienda. Per adesso l'unica new entry al fianco di De Gennaro è - come aveva anticipato Dagospia - Tommaso Profeta che avrà il compito di coordinare la sua segreteria e di assisterlo durante la calura estiva".
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