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AHI AI: LA BOLLA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE STA PER SCOPPIARE? – IERI LA SOCIETÀ PALANTIR DI PETER THIEL HA PERSO IL 10% IN BORSA, TRASCINANDO CON SÉ I TITOLI DI NVIDIA, MICROSOFT E GOOGLE – A PESARE È STATA LA NUOVA “SCOMMESSA” DI MICHAEL BURRY, GENIO CHE HA ISPIRATO IL FILM “THE BIG SHORT” E CHE NEL 2005 FU L’UNICO A PREVEDERE, SPECULANDO, CHE SAREBBE ESPLOSA LA BOLLA DEI MUTUI SUBPRIME – LA CAPITALIZZAZIONE DI PALANTIR È CRESCIUTA DEL 400% IN UN ANNO, MA ANCHE I DATI REALI INIZIANO A TRABALLARE (I RICAVI E LE VENDITE SCENDONO, SEPPUR DI POCO)
Estratto dell’articolo di Sara Tirrito per "La Stampa"
Se sia lo spillo che fa scoppiare la (presunta) bolla dell'Ai, è ancora presto per dirlo.
Ma ieri Wall Street ha scricchiolato vedendo crollare il titolo di Palantir Technologies.
Il colosso statunitense che produce software per le agenzie governative e militari (tra cui la Cia) ha perso fino al 10% in Borsa per poi fermarsi intorno al -7%.
Niente di grave per una capitalizzazione cresciuta del 400% in un anno, ma abbastanza per trascinare con sé il Nasdaq (-1,50%) e alcuni dei titoli più importanti del tech: Nvidia (-3%), Alphabet (-2%), Microsoft (circa -1%).
Più che l'allarme bolla è scattato l'effetto "Grande scommessa", di Michael Burry, a capo dell'hedge fund Scion Asset Management. L'investitore, reso celebre dal libro e dal film "The Big short" – ispirato alla sua storia – ha assunto posizioni corte per 912 milioni di dollari sull'azienda fondata da Peter Thiel e ha scommesso a ribasso anche sul titolo di Nvidia, per 187 milioni di dollari.
Burry è preso in considerazione da molti investitori perché tra le voci più autorevoli ad aver previsto che la bolla dei mutui subprime sarebbe esplosa. […] Nel 2005, quando il mercato immobiliare americano sembrava inarrestabile e i prezzi delle case crescevano senza sosta, Burry analizzò quei prestiti ad alto rischio concessi a debitori con scarsa affidabilità.
Esaminando migliaia di titoli garantiti da ipoteche, scoprì che questi strumenti finanziari contenevano mutui destinati inevitabilmente al default. La maggior parte degli operatori di mercato li considerava asset sicuri, con rating elevati assegnati dalle agenzie di valutazione, ma Burry identificò la fragilità del sistema: i tassi di interesse variabili erano insostenibili, la documentazione per i prestiti era inadeguata e c'era una sopravvalutazione generalizzata degli immobili.
La sua intuizione lo portò a scommettere contro il mercato immobiliare attraverso credit default swaps, strumenti assicurativi che avrebbero generato profitti nel momento in cui i titoli ipotecari fossero crollati. Questa posizione fu considerata "folle" da molti.
Per oltre due anni Burry subì perdite enormi mentre il mercato continuava a salire.
alex karp di palantir con volodymyr zelensky a kiev
Nel 2007, quando la crisi esplose, la sua scommessa si rivelò vincente, generando un ritorno superiore al 489% per i suoi investitori e consacrandolo come uno dei pochi ad aver previsto la catastrofe finanziaria.
Ieri, interpellato sull'ultima scommessa di Scion, in un'intervista alla Cnbc, il ceo di Palantir Alex Karp si è detto «pronto a reagire» a Burry.
«L'idea che chip e ontologie (i livelli della piattaforma con cui opera Palantir, ndr), siano strumenti da vendere allo scoperto è folle – ha detto –. Sta mettendo in discussione l'Ai».
La mossa di Burry è tra le ragioni principali del calo vissuto Palantir ieri. A fare scivolare il titolo però sono stati anche i conti diffusi lunedì. Il colosso dell'Ai per la Difesa ha previsto una leggera flessione nei ricavi, al 61% rispetto al 63% del terzo trimestre e vendite tra l'1,327 e 1,331 miliardi di dollari per il quarto trimestre contro una media degli analisti che si fermava a 1,19 miliardi.
Secondo Bloomberg, a stupire sono state anche le previsioni sul fatturato 2025, fissato a 4,4 miliardi contro il 4,17 calcolato da Wall Street e a fronte dei 4,15 miliardi di agosto. Valutazioni che per Deutsche Bank sono ancora «difficili da comprendere».
Lo stesso scetticismo aleggia sull'intero settore. «L'Ai è certamente in una bolla finanziaria – sostiene Gary Marcus (New York University) –. Sebbene i modelli siano destinati a durare, i risultati economici non tornano». Ma non tutti sono così netti. «Il paragone con la bolla delle dot-com è una semplificazione eccessiva – ha detto Byron Deeter (Bessemer Venture Partners) – . A differenza di quell'epoca, molte aziende di Ai oggi stanno già generando ricavi ricorrenti». […]
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