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Gabriele Rosana per "Il Messaggero"
Portobello Road, Portobello Road / Quante stupende ricchezze ci son. Troverai ricordi d'ogni generazion / Sulle bancarelle di Portobello Road. Altri tempi e un altro Regno Unito, quello cantato in uno dei brani di Pomi d'ottone e manici di scopa, il musical Disney del 1971 che tra realtà e fantasia racconta la resistenza britannica alle bombe tedesche della Seconda guerra mondiale, attorno all'aspirante strega miss Price, determinata a trovare un vecchio manuale di magia tra i banchi del mercato delle pulci di Portobello Road.
Oggi quelle stesse bancarelle potrebbero chiudere i battenti. A metterle in pericolo insieme ad altri iconici angoli di Londra, come Camden Town o Brick Lane, e del resto del Paese -, manco a dirlo, è la solita Brexit. Tra importatori e venditori di articoli d'antiquariato monta l'agitazione: troppa burocrazia da quando, il 1° gennaio, il Regno Unito ha lasciato il mercato unico Ue e ripristinato i controlli di frontiera; ormai fare affari e muoversi in Europa alla ricerca di pezzi pregiati e grandi occasioni da portare al di là della Manica non conviene più o, peggio, è un'impresa titanica.
Dagli specchi art déco ai tavoli in legno Luigi XIV, dalle spille militari agli abiti vintage, le nuove regole doganali non fanno esclusioni di sorta: chi vuole entrare nel Regno Unito dopo aver visitato una fiera d'antiquariato o aver racimolato articoli pregiati da qualche rigattiere di provincia deve tenere la ricevuta di acquisto di ogni oggetto non sempre disponibile, in un ambito dov'è forte l'uso del contante e fornire precise indicazioni su ciò che trasporta, così da determinare l'Iva e le eventuali tariffe di importazione da versare.
A complicare ulteriormente l'esercizio di classificazione e l'esatta etichettatura, i beni d'antiquariato ultracentenari prevedono un'Iva al 5% e nessun dazio, mentre per quelli al di sotto del secolo d'età si pagano il 20% di imposta e pure qualche tariffa.
Dopo la guerra del pesce e quella delle salsicce (rispettivamente per determinare le quote di pescato nelle acque condivise e gli standard fitosanitari di importazione della carne fresca), insomma, stavolta la Brexit del quotidiano fa tappa fra gli antiquari del Regno, disillusi e pronti a chiudere in garage, al termine di decenni di onorato servizio, i furgoncini con cui erano soliti attraversare il tunnel della Manica per andare soprattutto in Francia ad approvvigionarsi di nuovi esemplari.
«La Brexit mi ha dato il colpo di grazia, ho finito di fare questo lavoro», ha raccontato al Financial Times un'antiquaria che negli ultimi vent'anni ha importato e rivenduto ceramiche e acquasantiere francesi nel sud dell'Inghilterra. «È un campo minato»: sotto il peso di tutti i nuovi adempimenti al confine «per il mero fatto di riciclare oggetti che spesso si trovavano impolverati in una soffitta», i piccoli commercianti che prima erano abituati a traffici frequenti, intensi e senza spese nascoste - con andata e ritorno in meno di 24 ore - oggi non vedono un futuro, ricostruisce il Guardian.
Oltre il danno la beffa: il governo di Sua Maestà per ora non ha dato altro sostegno se non il consiglio di rivolgersi ad agenzie di trasporto specializzate, mentre qualcuno prova a fare di necessità virtù e a offrire un servizio completo in grado di far fronte a ogni imprevisto.
ALLARME TRA I GALLERISTI
Una preoccupazione condivisa, nel mondo dell'arte, anche dai galleristi. La situazione non migliora per chi lavora con l'export verso gli altri Paesi Ue, soprattutto Italia, Germania e Francia: la gran parte dei clienti si è dileguata per il timore di costi imprevisti e tasse aggiuntive sugli acquisti. E pure le principali fiere della Gran Bretagna che attraevano gli antiquari europei rischiano adesso di andare deserte.
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