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Dal "Corriere della Sera"
C'è l'industria, ci sono i fondi e ci sono anche le banche: nel mondo anglosassone del dollaro e della sterlina continua a crescere la sfiducia verso l'euro. E l'Italia.
Prendiamo l'esempio di una delle più grandi banche americane, la JpMorgan. Nel secondo trimestre dell'anno, l'istituto a stelle e strisce ha aumentato la propria copertura assicurativa sul debito pubblico italiano: la percentuale di Bot, Btp e Cct associata alle polizze dei «credit default swap» è salita dal 52 al 61%.
Certo, la banca può sbagliare nelle sue valutazioni, visto che nello stesso trimestre JpMorgan ha perso 4,4 miliardi di dollari sulle attività di trading, per scommesse sbagliate sui derivati. Ma non è, comunque, un buon segno per l'Italia.
Insieme a JpMorgan, ma questa volta in Europa, hanno alzato l'asticella della propria copertura assicurativa anche Credit Suisse e Ubs. Come riportato dal quotidiano tedesco «Handelsblatt», la prima ha incrementato la percentuale di titoli di Stato italiani accompagnati da «cds» dal 69 al 90 per cento.
E la seconda dal 60 al 62 per cento. E c'è di più. Secondo il quotidiano londinese «Financial Times», il mondo delle banche americane - in generale - non si è limitato semplicemente a ridurre la propria esposizione, con i «cds», verso gli Stati europei in crisi. Gli istituti finanziari statunitensi starebbero infatti lavorando perché la riscossione del credito resti in euro. Il timore, altrimenti, è che - nell'ipotesi che Atene torni alla dracma o Madrid alla peseta - gli incassi possano avvenire nelle nuove (e svalutate) monete nazionali.
Forse è anche per questo che, negli ultimi mesi, tra le banche americane che hanno ridotto la propria esposizione verso Grecia, Spagna, Irlanda, Italia e Portogallo non c'è solo JpMorgan ma anche Citigroup, Bank of America e Goldman Sachs.
Sempre sul «Financial Times», ad accendere una «spia rossa» sul nostro Paese è nientemeno che Bill Gross, fondatore e co-direttore degli investimenti di Pimco, società che gestisce il più grande fondo obbligazionario del mondo.
Secondo Gross, anche un tasso del 4% sui Btp decennali (ora siamo al 6%) non sarebbe poi una notizia tanto bella: «Tassi d'interesse al di sopra della crescita del Prodotto interno lordo - ha fatto notare - inevitabilmente aumentano il debito in percentuale del Pil, anche se il bilancio è in pareggio primario». Quindi si può «"annegare" anche al 4% sui titoli decennali, finché la crescita del Pil è quasi piatta». Inoltre, adesso siamo pure in recessione, anche se con un avanzo primario di bilancio.
Gross, in passato, non sempre ha «visto giusto». E' successo - e lo ha ammesso lui stesso - quando l'anno scorso decise di vendere i titoli del Tesoro americano a 10 anni nel portafoglio del Total Return Fund, scommettendo su un aumento dei rendimenti dei T-bond quando invece si verificò il contrario, con un conseguente aumento dei prezzi. Bisognerà ora vedere se questa volta - con il suo invito a «stare all'asciutto», cioè lontano da una parte del debito pubblico europeo - Gross ha ragione.
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