BANCHE A PEZZI – IL NUMERO UNO DELLE BCE DRAGHI INSISTE AFFINCHE’ IL FONDO EUROPEO SALVA-BANCHE PREVEDA UN PARACADUTE PUBBLICO (“NON SAREBBERO COINVOLTI I CONTRIBUENTI”)

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Marco Zatterin per ‘La Stampa'

Un paracadute pubblico per blindare il fondo destinato a gestire le crisi sul pianeta Credito. Mario Draghi lo chiede perché il meccanismo unico di risoluzione (Srm) - ovvero l'insieme di procedure e istituzioni destinate a governare le situazioni di bancarotta eventuali di casa Europa -, gli pare destinato ad «avere certamente un impatto positivo», anche se «alcuni elementi possono essere migliorati».

Il capo della Bce, ora titolare della supervisione del sistema bancario europeo, vede nel progetto alcune incertezze, soprattutto sulla copertura degli interventi anti-crac. Ha diverse idee, ma una su tutte: studiare un «backstop» comune garantito dai governi e coperto con un prelievo aggiuntivo sugli istituti.

L'Unione bancaria è il passo più importante che i Ventotto hanno compiuto cercando di imparare la lezione dopo la tempesta finanziaria esplosa nel 2008. Hanno deciso di coordinare la vigilanza creditizia e darne titolarità all'Eutotower, che l'assumerà appieno entro fine anno, dopo aver compiuto un check up completo sui primari istituti continentali. Il secondo stadio riguarda la risoluzione delle crisi, su cui si è avuto un accordo all'Ecofin a Natale.

Un'intesa, questa, che l'Europarlamento giudica «troppo intergovernativa» e osteggia al punto da lanciare una sfida al Consiglio, aperta e comprensibile, ma potenzialmente foriera di ritardi pericolosi.

I ministri economici Ue si vedono lunedì a Bruxelles per provare a ricomporre il conflitto istituzionale. Nell'attesa, si muove Draghi, che parla nella solenne cornice delle celebrazioni per il ventennale dell'Ime, l'istituto monetario europeo che nel gennaio 1994 cominciò a concretizzare l'Unione monetaria che sarebbe partita in due tappe, fra il 1999 e il 2002. È l'occasione per guardare indietro, raccontarsi come è andata. Sinché arriva l'uomo di Francoforte e la prospettiva cambia radicalmente.

L'ex governatore di Bankitalia ha indicato nella frammentazione finanziaria una delle leve principali delle perturbazioni che abbiamo attraversato, e sottolineato che la cura parte col completamento dell'integrazione, sempre finanziaria, a livello europeo. A questo, ha spiegato, si arriva attraverso l'Unione bancaria, dunque un rafforzamento della supervisione e approfondendo i legami fra i diversi sistemi. In altre parole, garantendo minore opacità al contesto e ponendo i presupposti per un più efficace e meno oneroso contatto fra mercati e operatori.

Il problema della misura della condivisione dei rischi viene subito dopo, certamente una buona soluzione è motore di fiducia. «Possono esserci choc non circoscrivibili al settore privato», rileva Draghi. Pensa alla banche grandi, quelli che possono far davvero male, e così ragiona sul come consolidare la credibilità dell'intervento pensato dall'Ecofin.
In quella sede è stato disegnato un fondo destinato ad entrare in funzione in 10 anni, come volevano i tedeschi.

L'uomo della Bce sostiene che sarebbe meglio renderlo «vero» già in 5 anni, la metà di un tempo «inutilmente lungo» per la mutualizzazione dei compartimenti nazionali. Qui propone il paracadute pubblico, il «backstop» in grado di accedere temporaneamente ai mercati poggiando su una garanzia data dagli stati partecipanti e potenzialmente dal fondo salvastati Esm. «Non sarebbero coinvolti i contribuenti - assicura Draghi -. Come negli Usa, sarebbe finanziato con un prelievo aggiuntivo e futuro sulle banche». Potrebbe esser il compromesso atteso. A patto che Berlino rinunci alla maschera di terrore che calza ogni volta si parla di soldi da mettere in una cassa comune.

 

 

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