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R. E. per "La Stampa"
Scontro in famiglia per Esselunga. Il fondatore Bernardo Caprotti con i blitz si intesta le azioni che 15 anni fa aveva assegnato ai tre figli e due di loro, Giuseppe e Violetta, reagiscono ricorrendo a un arbitrato. Dalla fine degli anni Novanta, prima della rottura col primogenito Giuseppe, allontanato dall'azienda all'inizio del 2005 dopo due anni da amministratore delegato, il patron di Esselunga, oggi 86enne, aveva tenuto per sè solo una quota poco superiore all'8% di Supermarkets Italiani, la holding che controlla il 100% di Esselunga Spa.
Il restante 92% circa era stato assegnato, attraverso la fiduciaria Unione Fiduciaria (gruppo Bipiemme), in tre parti uguali ai figli di primo letto Giuseppe e Violetta e a Marina, avuta dalla seconda moglie, con l'usufrutto del padre su circa un terzo delle quote. A febbraio 2011 si scopre che il patron di Esselunga, senza darne comunicazione e senza versare alcun corrispettivo, ha intestato a sè le azioni dei figli.
Giuseppe e Violetta reagiscono e ricorrono a un arbitrato, secondo quanto peraltro previsto dagli accordi siglati a suo tempo col padre, per ripristinare le condizioni precedenti. Al di là degli interesse personali in gioco, l'idea che circola negli ambienti finanziari è che la mossa di Bernardo Caprotti possa presagire a una vendita del gruppo, il primo in Italia (6,3 miliardi il fatturato 2010) se si esclude l'universo delle Coop.
E in campo ci sarebbero nomi già circolati negli anni passati: l'americana Walmart e la spagnola Mercadona. Uno scenario che sarebbe supportato da altre mosse del fondatore di Esselunga: la scissione del patrimonio immobiliare del gruppo (ossia degli edifici che ospitano i supermercati) da Supermarkets Italiani nella holding La Villata Partecipazioni e il recente passaggio del testimone al vertice di Esselunga a un presidente di garanzia, Vincenzo Mariconda. Lo scontro coi figli, che all'ipotesi di vendita dell'impero di famiglia sarebbero contrari, non sarà un passeggiata.
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