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1. LA COOP BATTE CASSA
Vittorio Malagutti per "l'Espresso"
Se non fosse che l'economia è ferma e gli affari girano in perdita, in casa coop ci sarebbe quasi da festeggiare. Dopo due anni di conti in profondo rosso, polemiche e tanti guai, lunedì 20 maggio l'Unipol torna a staccare il dividendo. La cedola destinata ai soci grandi e piccoli del gruppo assicurativo vale in totale 113 milioni. Questo fiume di denaro finirà per almeno un terzo nelle casse del sistema cooperativo.
Il digiuno è finito, quindi. Unipol paga. A ben guardare, però, Carlo Cimbri, l'ex braccio destro di Giovanni Consorte che dal 2005 guida il colosso bolognese delle polizze, non aveva grandi margini di manovra. Gli azionisti di riferimento di Unipol, cioè quelle che una volta venivano chiamate le coop rosse, non erano disposti ad aspettare ancora. La cedola è una sorta di primo, piccolo risarcimento per i tanti sacrifici del passato.
Nell'arco di tre anni, infatti, le coop (per non parlare dei piccoli azionisti) si sono letteralmente svenate per coprire le perdite di Unipol e poi per finanziare l'acquisto della disastrata Fonsai dei Ligresti. Quest'ultima operazione è stata varata nella primavera scorsa tra molti mugugni e perplessità . «Vale la pena imbarcarsi in un affare di tale portata e complessità mentre la recessione picchia duro sui bilanci?», era la domanda corrente giusto un anno fa nel variegato mondo cooperativo.
Alla fine è arrivato il via libera. Finsoe, la holding targata coop a cui fa capo il 50,7 per cento delle azioni ordinarie di Unipol, ha sottoscritto la sua quota di competenza dell'aumento di capitale per complessivi 1,1 miliardi varato nell'estate 2012 dalla compagnia per comprare Fonsai. L'obiettivo finale, che non verrà raggiunto prima della fine del 2013, è completare la fusione tra la compagnia bolognese e quella che fu dei Ligresti. Nascerà così UnipolSai, il secondo gruppo assicurativo nazionale dopo le Generali, il primo nel ramo danni.
Adesso però le coop battono cassa. Non si può dare l'impressione di aver fatto i salti mortali nel gran circo dell'alta finanza solo per venire incontro alle richieste di Mediobanca, grande sponsor del salvataggio Fonsai. E tutto questo mentre centinaia di migliaia di soci-cooperatori, dall'Emilia alla Toscana fino al Veneto e alla Lombardia, sono costretti a fare i conti con una recessione catastrofica. «Speriamo di poter avere nel 2013 un ritorno in dividendi», ha messo le mani avanti già tre mesi fa, a febbraio, Adriano Turrini, presidente della Coop Adriatica.
Soldi subito, quindi, questa la richiesta dei grandi azionisti di Unipol. Con in testa proprio la Coop Adriatica, che con una quota di oltre il 13 per cento del capitale ordinario (controllato in via diretta e indiretta) adesso è il primo azionista di Unipol, seguita a breve distanza da altri due giganti della grande distribuzione come Coop Estense e Coop Nordest.
Ecco i dividendi, allora. La holding Unipol gruppo finanziario è riuscita a chiudere il bilancio civilistico del 2012 con 195 milioni i profitti, contro i 358 milioni di perdite dell'esercizio precedente. Prudenza avrebbe forse consigliato di tenere in cassa i profitti in vista di un futuro quanto mai incerto, ma Cimbri doveva mantenere le promesse a suo tempo fatte alle coop azioniste.
E così circa 113 milioni, cioè quasi il 60 per cento degli utili dell'anno, sono stati distribuiti ai soci. Resta la sorpresa di molti analisti per la straordinaria rimonta di Unipol, che ha presentato un bilancio coi fiocchi dopo le forti perdite registrate nel 2011. In quell'anno avevano pesato soprattutto le difficoltà di Unipol banca, svalutata per quasi 240 milioni, oltre alle perdite su titoli.
Questa volta invece il conto economico ha preso il volo grazie agli ottimi risultati di Unipol assicurazioni, che è il principale asset del gruppo. L'anno scorso questa società ha realizzato addirittura 600 milioni di utili. Nel 2011, invece, Unipol assicurazioni aveva chiuso i conti in perdita per 340 milioni circa. Come si spiega il repentino cambio di marcia?
Buona parte dei profitti arriva dalla gestione finanziaria, con il calo marcato degli spread che ha innescato la ripresa delle quotazioni dei titoli obbligazionari. Ma un aiutino, e magari qualcosa in più, è arrivato anche da manovre contabili come la liberazione di riserve per oltre 140 milioni e l'iscrizione a conto economico di oltre 340 milioni alla voce "plusvalenze non realizzate".
Sulle ali di questi proventi Unipol assicurazioni è riuscita a moltiplicare i profitti quanto basta per garantire ricchi dividendi a Unipol Gruppo Finanziario. E quest'ultima, con il bilancio rimesso a nuovo, ha girato buona parte degli utili alle coop azioniste affamate di dividendi dopo anni di digiuno.
Fin qui per il passato, ma quello che preoccupa, adesso, è il futuro prossimo. Il primo trimestre del 2013 è partito alla grande:135 milioni di utile consolidato. Ma quest'anno, per dire, ci sono da spesare i costi per l'aggregazione con Fonsai, circa 200 milioni. Non per niente Cimbri si dichiara prudente:
«Per avere un'idea del risultato dell'anno non basta moltiplicare il primo trimestre per quattro», ha detto l'amministratore delegato presentando i conti di fine marzo agli analisti. Anche se poi si è affrettato a promettere per l'esercizio in corso un «dividendo pari o superiore a quello del 2012». Come dire: le coop possono stare tranquille. La cedola è garantita. Salvo sorprese.
2. IL SENSO DI CIMBRI PER IL CORRIERE
Da "l'Espresso"
Chissà come l'ha presa Mario Greco, amministratore delegato delle Generali. A fine aprile il gran capo di Unipol-Fonsai, Carlo Cimbri, ha spiegato la decisione di sottoscrivere il prossimo aumento del gruppo editoriale Rcs come una scelta di «razionalità » economica. «Si prospetta un'operazione particolarmente diluitiva - ha detto il manager - e in questi casi non sottoscrivere significa statuire una perdita con certezza».
Quindi il gruppo bolognese, che ha ereditato dalla Fonsai di Ligresti una quota del 5,4 per cento in Rcs, parteciperà all'aumento di capitale della società che pubblica il "Corriere delle Sera". Le Generali hanno invece deciso di chiamarsi fuori per concentrare le risorse sul business assicurativo. Secondo Cimbri, quindi, il suo concorrente Greco in questo caso avrebbe fatto una scelta non troppo razionale.
Questione di punti di vista. Diffcile non notare, però, che il numero uno di Generali ha dato un taglio con il passato, quando il gruppo di Trieste si allineava sempre agli orientamenti di Mediobanca, il suo azionista più importante. Cimbri invece questa volta si è di fatto accodato a un'operazione sponsorizzata dall'istituto che fu di Enrico Cuccia. Sorpresa?
Mica tanto, perché Mediobanca conta eccome in casa Unipol. I banchieri guidati da Alberto Nagel hanno traghettato Fonsai tra le braccia della compagnia bolognese, salvando gli ingenti crediti vantati verso entrambi i gruppi convolati a nozze. Per Cimbri l'influenza di Mediobanca non c'entra niente.
Tutta questione di «razionalità economica» se ha scelto di investire nel "Corriere della Sera". Le cose cambiano quando si parla di Alitalia. Unipol ha ereditato da Fonsai pure una quota del 4,5 per cento nella compagnia aerea in crisi. Anche lì, come per Rcs, servono soldi per evitare il crac. Cimbri però ha già messo bene in chiaro il suo pensiero: «Non ci sono le condizioni per investire in Alitalia», ha scandito il manager.
Eppure anche lì senza nuovi investimenti si finirà «per statuire con certezza una perdita». E la razionalità invocata nel caso Rcs? Niente. Sparita. Va a finire che qualche malizioso potrebbe notare che la Mediobanca creditrice di Unipol non è coinvolta nella vicenda Alitalia.
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