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COME È TRISTE VENEZIA - LA CITTA’ E’ IN ZONA GIALLA MA E’ DESERTA: TURISTI ASSENTI, RISTORANTI CHIUSI - NEL LIMBO ANCHE BAR, NEGOZI DI SOUVENIR E BOTTEGHE STORICHE: DUE ATTIVITÀ SU CINQUE RISCHIANO DI NON RIAPRIRE - A PIAZZA SAN MARCO IL COSTO DEGLI AFFITTI E' INSOSTENIBILE: HA UNA MEDIA DI 10 MILA EURO AD ARCO…
Laura Berlinghieri per “la Stampa”
È il Carnevale in bianco e nero di Venezia: non ci sono danze nei palazzi, né dame che percorrono le calli. Nell' anno del suo 1600° compleanno, la città che scoppiava di turismo si ritrova nuda, accogliendo in silenzio il ritorno in zona gialla. I musei inizieranno a riaprire mercoledì, ma da tempo sulla città è calato un velo. Il ponte di Rialto è l' inseguirsi di saracinesche abbassate: hanno chiuso i negozi di souvenir, le botteghe di artigianato, e il futuro è un' incognita che fa paura.
Anche piazza San Marco ha spento le sue luci e due negozi su cinque non riapriranno. L' ultimo è la storica vetreria di Murano Ars Cenedese, che resisteva in piazza dagli anni' 60. «Il 90% dei clienti è americano e mantenere il locale era antieconomico» spiegano dall' azienda. A San Marco il costo degli affitti ha una media di 10 mila euro ad arco. E la città che ha fatto del turismo la sua principale fonte di sostentamento (e arricchimento) ora è costretta rimandare la ripartenza.
Oggi, nonostante il ritorno in zona gialla, sei ristoranti su dieci continueranno a rimanere chiusi. Non riaprirà il caffè Florian, nel salotto buono di Venezia dal 1720. «Tenere aperto comporta una spesa giornaliera di 10 mila euro e, con i soli clienti veneziani, in un giorno non riusciremmo a guadagnare più di 500-600 euro» spiega Marco Paolini, amministratore delegato di Sacra, la società che gestisce il locale.
«Abbiamo già perso 6,5 milioni e ricevuto 140 mila euro di ristori. Ma ci sono 75 stipendi da pagare e 900 mila euro annui di affitto al demanio». Non cambia la musica nel vicino Grancaffè Quadri, che rimarrà chiuso. «Nel 2020 la perdita del fatturato è stata del 70%. Non sappiamo quando riapriremo» spiega il titolare Raffaele Alajmo.
«Nei miei locali sono impiegate cento persone. Quindici le ho trasferite in Hostaria a Cortina; altre 6-7 inizieranno a lavorare domani (oggi, ndr) con la riapertura di Amo, al Fondaco dei Tedeschi (centro commerciale di lusso, ndr)». A scommettere sulla riapertura è invece l' Harry's Bar di Arrigo Cipriani. Mentre il resto d' Italia parla timidamente di ripartenza, Venezia resta a guardare, consapevole che non sarà la sua colorazione a deciderne il futuro.
«Il Covid è stato la mazzata finale dopo l'acqua alta. A San Marco il calo del fatturato per i negozi è dell' 80-90%, perché i clienti abituali sono arabi, russi, statunitensi e cinesi» spiega Claudio Vernier, presidente dell' associazione piazza San Marco. Anche per questo un mese fa il sindaco Luigi Brugnaro aveva annunciato che i Musei Civici - come Palazzo Ducale, museo Correr, Ca' Rezzonico e Ca' Pesaro - avrebbero riaperto solo dal primo aprile. Ora c'è un parziale dietrofront, con un tentativo di ripartenza per Ducale e Correr dall' 11, giovedì grasso. Ad anticipare i Civici saranno la Ca' d'Oro mercoledì e le Gallerie dell' Accademia l' 8 febbraio. Molti esercenti e ristoratori rimarranno alla finestra, a osservare.
Venezia è una delicatissima maglia: basta un filo tirato per distruggere tutto. «Dovremmo riaprire il 19, ma non abbiamo certezze. Senza il Carnevale, è dura» spiega Alberto Barbierato, titolare dell' osteria Ponte del diavolo, a Torcello. Nell' isola vivono 11 persone: ecco un altro piccolo elemento che rende splendida questa fragile città.
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