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Ugo Bertone per “Libero Quotidiano”
Gli affari migliori in questi giorni di turbolenza post referendum? Li ha fatti chi ha puntato sui titoli a tassi negativo, dalla Svizzera al Giappone, senza badare al rendimento.
Contrariamente a tutti i consigli dei soloni della finanza. Meglio, insomma, finanziare il Tesoro di Tokyo o gli gnomi di Berna piuttosto che approfittare dei dividendi, all' apparenza così allettanti, di Piazza Affari: le buone cedole, attorno al 4-5%, sono state annientate dai ribassi di Borsa, specie sui titoli bancari.
Meglio un bene reale, cioè un titolo azionario, che un pezzo di carta che rappresenta un interesse minimo, è quanto hanno sostenuto esperti, operatori finanziari da almeno un anno.
Ma hanno avuto torto: Piazza Affari perde il 30% da gennaio, Wall Street è poco sopra la parità. È andata meglio a chi si è rifugiato nei «porti sicuri», come il Bund tedesco, scivolato ad un rendimento negativo dello 0,2%. Come è possibile guadagnare con un rendimento negativo? Si può, purché si venda al momento giusto.
Mettiamo, per esempio, che io abbia sottoscritto un anno fa un Btp a 3 anni e lo abbia pagato alla pari (100) e mi spetti una cedola negativa a -1%. Se nel corso dei prossimi anni i tassi dovessero calare ancora, potrei rivendere il mio titolo a 102 (nel caso di un rendimento negativo del 3%) con una plusvalenza di 2 euro. Il mio rendimento in questo caso sarebbe del 2% meno la cedola negativa dell' 1%. Poco, ma meglio di niente in un mondo che avanza al passo del gambero.
Ancora una volta, però, la realtà supera la fantasia: dal giorno della Brexit il rendimento dei Bund è sceso di 30 punti base, facendo di riflesso salire i prezzi. Non è un caso isolato. Anzi. Nel corso dell' ultima settimana il club delle emissioni a tassi negativo ha raggiunto l' astronomica cifra di 7.500 miliardi di dollari, ovvero circa un terzo del totale. Guida la classifica la Svizzera: da lunedì tutti i titoli emessi dalla Confederazione Elvetica trattano un terreno negativo, comprese le emissioni a 50 anni.
Ovvero, chi acquista un titolo di Berna scadenza 2066 paga il privilegio di parcheggiare i propri soldi nel «porto sicuro» a -0,019%. Ma, a giudicare dall' esperienza dell' ultimo anno, potrebbe essere un buon affare. E lo stesso vale per chi punta sui Jgb, i Bot di Tokyo: nonostante il debito pubblico giapponese superi il 250% del pil, gli operatori fanno a gara per comprare la carta in yen con lo sconto al punto che da ieri anche i titoli giapponesi a 20 anni trattano sotto zero. Segue nella classifica Berlino: il 72% delle emissioni tedesche è sotto la parità.
Ma forse fa più impressione scoprire che anche un quinto delle nuove emissioni italiane è ormai nella stessa situazione. E la lista, già lunga, promette di crescere ancora, grazie al paracadute delle banche centrali. I governatori, di fonte al rischio della recessione, non hanno infatti alternative alla politica dell' abbondante liquidità.
Finora, insomma, non è stato poi così sbagliato puntare sui bond dei Paesi più solidi. Al contrario, le case di investimento che hanno scommesso a gennaio sul rialzo dei tassi americani (all' epoca dato per scontato da tutti gli osservatori e dalle principali case di investimento), hanno dovuto registrare pesanti perdite prima di cambiare rotta.
E ancora. Molti gestori hanno arricciato il naso di fronte ai consigli di George Soros che da mesi suggerisce di rifugiarsi nell' oro. Ebbene, il metallo giallo è di gran lunga il vincitore nella gara dei rendimenti a meta anno: 1367 dollari l' oncia, con un rialzo superiore al 30%, insidiato solo dall' argento.
Non sempre, però, ha premiato la scelta dell' investimento sicuro. Basti pensare al caso dei fondi di investimento immobiliari promossi dai Big della finanza della City: Aviva, Standard Life ed altri colossi hanno congelato i riscatti di sei fondi (in tutto 17 miliardi di sterline) di fronte alla pioggia di richieste. Eppure, sembrava un investimento più che sicuro.
Rassegnatevi, insomma: di questi tempi il mondo della finanza va alla rovescia. E colpisce senza pietà chi non sa camminare con la testa in giù scegliendo titoli che non rendono interessi, anzi ne esigono. O che premia le nazioni punite dalle agenzie di rating (14 retrocessioni nel 2016). È un momento eccezionale, in cui i consigli degli esperti vanno presi con molta cautela.
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