DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
1. TREGUA O GUERRA DI TRINCEA
Francesco Spini per la Stampa
PIERSILVIO BERLUSCONI BOLLORE'
Chiamatela, se volete, la tregua di Natale. I cannoni francesi in Borsa hanno smesso di rombare. Il titolo Mediaset dopo la pazza corsa dei primi tre giorni della settimana ha chiuso per la prima volta in calo, dell' 1,55%. Vincent Bolloré, giunto con la sua Vivendi al 20% del Biscione, resta convinto - dopo il comprensibile choc iniziale - di aver comunque destato l' attenzione di Silvio Berlusconi con cui, genio della tv e attento al futuro della sua creatura, ritiene di poter raggiungere ancora un accordo. Un nuovo patto sotto il segno di quella stessa visione strategica che già in aprile li aveva accomunati salvo poi finire a carte quarantotto sui conti, contestati, di Premium, la pay tv diventata col tempo la zavorra di Cologno Monzese.
Per favorire un riavvicinamento, Bolloré ieri ha cominciato col mandare segnali distensivi. Parola d' ordine: abbassare i toni. «Certamente non è stato sollecitato, ma non è un atto ostile», ha dichiarato così all' Ansa una forte interna di Vivendi. «Vogliamo estendere e rafforzare la nostra posizione in Europa del Sud che per noi è strategica», hanno proseguito da Parigi. Nel quartier generale di Mediaset quanto in quello della holding hanno subodorato qualcosa di più, al punto che si aspettano - forse già oggi o nei prossimi giorni - una specie di invito ufficiale a sedersi attorno a un tavolo.
Bolloré cerca la pace, ora che con la sua quota - presa in modo brutale, certo, ma spendendo 700 milioni - ha allineato i propri interessi con quelli dei Berlusconi. Ma, pur con tutta la buona volontà, non attenderà in eterno. La tregua durerà fino a Natale. Passate le Feste, se i segnali saranno ancora tutti e solo ostili (e ieri i manager di Fininvest hanno esaminato a lungo con i legali le richieste da inoltrare alla Procura di Milano e alla Consob, tra cui il congelamento delle azioni rastrellate da Vivendi), riprenderà a fare la guerra. L' Opa non sembra un' opzione: il gruppo potrebbe arrivare al 29,9%.
piersilvio e silvio berlusconi
Quella a cui Parigi si prepara è una guerra di logoramento: battagliare in ogni assemblea, presentare a tutti gli azionisti (fondi inclusi) il proprio piano alternativo, chiedere - anche prima del 2018 - di poter avere rappresentanti in cda. Vivendi poi controlla Telecom, grande cliente pubblicitaria di Mediaset, e che finora, tra Premium e Sky, ha favorito la prima. Sarebbe ancora così?
Neppure Mediaset e Fininvest resterebbero a guardare. La holding dei Berlusconi non potrà più comprare azioni (se non un 1,27% a partire da aprile) per un anno. Qualcuno scommette che voglia restituire il dispetto a Vivendi, comprando quote della sua Telecom. La cosa non trova riscontri, ma il titolo (nonostante il presidente Giuseppe Recchi giuri che il gruppo sia «totalmente estraneo alla vicenda») ha guadagnato il 3,66%. Al loro fianco, poi, hanno i colossi Unicredit e Intesa Sanpaolo. E Carlo Messina, ad di quest' ultima, appare determinato nel supportare Mediaset in nome dell' italianità da preservare. Non una guerra, sarebbe uno scontro tra titani.
2. COMUNQUE VINCENT HA GIA’ GUADAGNATO 250 MILIONI
di Maddalena Camera per Il Giornale
C'è già un ritorno economico per Vincent Bolloré patron di Vivendi, nella scalata a Mediaset. Se il finanziere francese decidesse domattina di ritirarsi, si porterebbe a casa un guadagno di 250 milioni in soli tre giorni. A tanto corrisponde l'utile di un'operazione di acquisto di circa 240 milioni di azioni intorno ai 2,5 euro, che oggi valgono oltre 3,5. Una remunerazione da raider del mercato, anche se indubbiamente la quota in Mediaset è stata acquisita con ben altre prospettive. Che fanno riferimento all'ormai inevitabile intreccio tra telecomunicazioni (tlc) e contenuti.
cyrill vincent e yannick bollore
Un'intersezione resa necessaria dai trend di mercato innanzitutto. Basta pensare che in una indagine Tv & Media condotta da Ericsson, rappresentativa di una proiezione di 680 milioni di consumatori, si evince un incremento del 71% nelle visualizzazioni di video sugli smartphone dal 2012 e che circa due terzi del tempo che i teenager trascorrono guardando Tv e video avviene su un dispositivo mobile.
Smartphone e tablet stanno dunque sostituendo il televisore di casa che a sua volta si è evoluto. Gli smart tv di ultima generazione sono già predisposti per il wi-fi e la connessione in rete con tanto di app, che nel caso delle tv si chiamano widget. Insomma l'attenzione per i contenuti per le tlc è diventata assoluta.
berlusconi confalonieri mediaset
Tanto che ieri è arrivato l'annuncio di Vodafone che in Italia ha siglato un accordo con Sky per integrare l'offerta di Now TV, la Internet TV di Sky, all'interno della Vodafone TV in vista del suo lancio imminente. Così i clienti Vodafone potranno vedere programmi come X Factor, MasterChef, Fox Life, con le sue serie più amate, a partire dalla nuova stagione di Grey's Anatomy. Vodafone dunque scende in campo contro Tim anche sul fronte dei contenuti.
L'ex monopolista ha potenziato l'offerta di Tim Vision anche grazie alle serie prodotte appositamente per smartphone e tablet proprio dalla Canal Plus di Vivendi che già le vende in Brasile, anche se non tramite Tim Brasil ma con il competitor Vivo, di Telefonica. Da notare che le società di tlc immaginano di essere le vere trionfatrici di questo mercato disponendo della connessione alla rete sia fissa che mobile.
Per le telco (le società di telecomunicazioni) i contenuti sono un modo di fidelizzare il cliente e ridurre, o magari annullare, il cosiddetto churn rate, ossia il numero di clienti che disdicono l'abbonamento per cambiare operatore. Sono dunque pronte a dare contenuti a costo zero in cambio di utenti fedeli disposti a pagare un po' di più, ma poco, per il collegamento in rete a banda ultralarga fisso e mobile. A questo punto la guerra per accaparrarsi contenuti di «peso» si farà sentire.
GIUSEPPE RECCHI FLAVIO CATTANEO
Tim ad esempio si è buttata nella musica ed è lo sponsor unico del festival di Sanremo, un evento tv con ascolti record che l'operatore tlc pensa di utilizzare su più piattaforme compresa Tim Music.Tim e Vodafone, che qualcuno vede già come prossima «acquirente» della pay tv Sky che in Europa ha 21 milioni di clienti, sono comunque in buona compagnia. Negli Usa At&t ha acquisito Time Warner, in Spagna Telefonica ha rilevato la totalità della pay tv spagnola Digital+ e ha anche una quota dell'11% di Mediaset Premium, mentre in Gran Bretagna l'ex-monopolista British Telecom ha messo sul tavolo miliardi di sterline per assicurarsi i diritti di eventi sportivi, dalla Champions (1,2 miliardi di euro fino al 2018) alla Premier League.
In tutto questo però i grandi protagonisti della partita della web tv, ossia i cosiddetti over the top, società come Netflix, Amazon, che ha lanciato questa settimana il servizio Prime tv anche in Italia, e Apple con la sua Apple tv non staranno certamente a guardare. E Netflix è in netto vantaggio sui concorrenti con i suoi 75 milioni di utenti nel mondo. Insomma il panorama è più che affollato e un manager finanziere raider come Vincent Bolloré lo sa bene. Il problema è che vuole imporre con la forza le sue strategie.
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