
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
Fabrizio Assandri per La Stampa
«Per noi l’esperienza in Eataly è stata illuminante e arricchente». Ernesto Dalle Rive, presidente di Novacoop, parla dopo il divorzio consensuale ricordando i tempi belli del matrimonio. «Con Eataly abbiamo capito cosa significa essere dinamici e innovativi e avere un rapporto stretto con il territorio e le eccellenze. A volte, però, anche le storie più belle finiscono».
Come mai?
«La nostra filosofia coincide su molti punti, ma siamo giunti alla conclusione che o eravamo in grado di dare a Eataly un contributo maggiore, o tanto valeva procedere in autonomia. Quando abbiamo aperto Fiorfood, il negozio in Galleria San Federico che abbina vendita, somministrazione e libri, vedevamo una contraddizione a restare in Eataly, che per prima aveva sperimentato questo modello. Anche se il grande successo, va detto, l’ha portata a valorizzare i prodotti dell’industria».
Sta dicendo che Eataly ha subito una mutazione genetica?
«Eataly è votata alle eccellenze, al territorio e alla cultura alimentare, ma abbiamo notato che con il passare degli anni è andata incontro alle esigenze di un consumo sempre più di massa e legato anche ai prodotti della grande industria. C’è stata un’evoluzione dell’offerta, che incrociandosi con una nostra politica di ricerca dell’eccellenza, ha portato a una sovrapposizione».
Ve lo aspettavate questo cambiamento?
«Per competere e riuscire a rispondere alle esigenze dei consumatori è evidente che l’ampiezza dell’offerta diventa decisiva».
Ma è un tradimento?
«Non direi. Ce ne andiamo, consapevoli che Eataly ha gambe più che solide. Abbiamo preso coscienza che il nostro sostegno concreto a suo tempo determinante, proprio per conoscere la grande distribuzione, oggi non lo è più, perché Eataly può muoversi in autonomia».
È stato davvero un addio senza amarezze?
ristorante dentro eataly a roma
«Abbiamo evidenziato la nostra determinazione, Eataly l’ha accolta. Capivano che la nostra presenza o si legava a un protagonismo maggiore nelle politiche della società, ma ci sarebbe stata una certa sovrapposizione, o niente. Delle tre Coop, che detenevano il 40% delle quote, solo Coopalleanza 3.0 mi pare mantenga una presenza, legata ad alcuni progetti comuni. Noi di Novacoop dall’alienazione delle quote abbiamo realizzato una plusvalenza superiore a 10 milioni di euro».
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